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Il nuovo disco di Old Fashioned Lover Boy: “Le cose semplici mi rendono felice”

Esce l’11 novembre “Our Life Will Be Made Of Simple Things”, il secondo disco di “Old Fashioned Lover Boy” aka Alessandro Panzeri. Lo abbiamo intervistato per fare il punto su un lavoro concettuale e autobiografico che segna una linea di confine con i lavori precedenti e che, soprattutto, riporta fedelmente una situazione di grande equilibrio interiore: “Ho una vita semplice, per questo sono felice”.
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Esce l'11 novembre "Our Life Will Be Made Of Simple Things" (Ghost Records/Sangue Disken/Self Distribuzione S.p.A./Believe Digital) , secondo disco di Old Fashioned Lover Boy a.k.a. Alessandro Panzeri che ritorna a due anni di distanza da "The Iceberg Theory". "No claims, just folk" recita da sempre la sua pagina Facebook ma, se è vero che un certo minimalismo alberga nel primo lavoro, le sonorità e il gusto di questo nuovo prodotto toccano nuove corde e strizzano l'occhio così l'occhio all'elettronica e all'r'n'b, tra Sigur Ros e Frank Ocean. In occasione delle prossime date, l'11 novembre al 33 giri (Caserta) e il 12 novembre all'MMB (Napoli), abbiamo avuto l'opportunità di parlare del disco e dello scenario musicale in cui si presenta proprio con il suo autore.

"Our Life Will Be Made Of Simple Things". Il titolo del disco, partiamo da qui: perché ‘la nostra vita sarà fatta di cose semplici'?

‘La nostra vita sarà fatta di cose semplici' perché volevo fare un vero e proprio concept album, un disco con una sua tematica e con tutte le canzoni che ne fanno parte che andassero ad approfondire questa tematica con più aspetti differenti. È un disco autobiografico, nei miei pezzi ho sempre parlato di storie inventate, della mia vita e della mia situazione attuale. È un disco che parla di come è cambiata la mia vita, del fatto che da giovani si ragiona con ambizioni e obiettivi diversi rispetto alle prospettive che la maturità ti presenta. Cominci a pensare davvero che la vita è fatta di cose semplici. Quindi è un disco che parla della mia situazione di attuale equilibrio che ho ottenuto grazie alla semplicità della mia vita. Ne ho una che mi soddisfa, con una persona accanto di cui sono innamorato, degli amici che voglio bene, la mia musica e le mie piccole cose.

Sei sempre stato un ‘artist-in-chief', uno che si mette in gioco sia sul palco che dietro (Alessandro è a capo della BulbArt, una label no-profit che ha organizzato più di 500 concerti e prodotto 9 dischi in quasi 10 anni di attività, ndr). Hai lavorato in entrambi i ruoli sia al sud che al nord, da Napoli a Milano, città dove attualmente risiedi. Ci sono ancora differenze di approccio tra le due città? 

Da quando sono a Milano mi sono concentrato su BulbArt in quanto etichetta. Qui c'è molta settorialità, hai diverse professionalità disposte a seguirti e la sostanziale differenza è che a Milano la musica, intesa come media e mezzo di comunicazione, è visto come un vero e proprio contenuto con cui poter fare un lavoro, un progetto. Al sud questa concezione è ancora meno sviluppata. Anche qui a Milano ci sono tantissime difficoltà, però.

E come vedi la scena musicale napoletana. 

La scena napoletana sta bene, da un punto di vista oggettivo. Si stanno creando finalmente strutture e stanno iniziando a professionalizzarsi nel campo della promozione oltre che nella produzione, anche se in questo campo siamo sempre stati ad alti livelli. Più da artista che da addetto ai lavori, non mi riconosco in quella scena che ha puntato molto sul dialetto napoletano e su un certo tipo di contenuti che hanno forte risonanza a livello locale. In generale, sono dispiaciuto del fatto che tutta una scena indie che prima aveva un certo seguito, anche se a livello locale, c'era più varietà.

Quanto Abulico c'è in Old Fashioned Lover Boy?

Nel primo album di Old Fashioned Lover Boy, che mi ha dato l'occasione di suonare in Giappone, di fare più di 100 date, di aprire concerti che non mi sarei mai aspettato, ci sono cose che avevo scritto influenzato da quel periodo quando sicuramente non c'era ancora in programma di fare un solo. Scrivevo dei pezzi molto scarni da portare in sala per essere arrangiati insieme alla band. Questo secondo disco si differenzia completamente per il modo di intendere suoni e sonorità. Gli Abulico erano invece una band molto democratica, dove contava la parola di tutto e quindi veniva fuori un modo di suonare influenzato da tutti i componenti.

"Oh my love", in questo senso, sembra fare un po' da spartiacque.

È stato il primo pezzo che ha dato il via alla nascita di questo nuovo disco insieme a Marco Giudici (che cura la produzione artistica, ndr). Per me è il pezzo che sancisce il distacco con il primo disco e mi ha portato fortuna perché è stato inserito da Spotify USA in una playlist, "Fresh Finds", che pubblica i 30 pezzi che secondo loro saranno future hit. È arrivato a 150mila ascolti e continuano ad aumentare. Questo mi ha permesso di affiancarmi a Ghost Records che ha prodotto artisti come Dente e M+A.

Come sarà strutturato il live di questo secondo disco?

Sarà un live elettrico con quattro elementi. Una formazione classica ma con un sacco di sample, cori, tastiere, pianoforte. Resta un concerto folk-rock ma con tantissime commistioni, sarà divertente e pieno di tanti suoni. Ci saranno tante cose diverse rispetto a quello che facevo prima. Non vedo l'ora, dopo 100 date in solo.

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