Il mercato discografico italiano torna a sorridere: +2% dopo 11 anni di calo
Nel mercato musicale italiano quest'anno si brinda. I dati di mercato del 2013 raccolti dalla società Deloitte per FIMI (Federazione industria musicale italiana) e usciti ieri dimostrano come l'industria discografica italiana sia tornata a crescere dopo ben 12 anni di segno negativo. L'incremento è minimo, si parla del 2%, ma è un fattore incoraggiante, dopo anni di calo e ricerca di una formula magica che sopperisse al declino delle vendite. L'ultimo anno in cui crebbero le crescite fu il lontano 2002, che costituisce anche l'ultimo album di crescita del cd fisico.
Da quel momento la crisi del supporto fisico non è stata supportata da una crescita del digitale in grado di coprirne le perdite e la "crisi della discografia" è stato il leit motiv di questi anni. Parte della colpa fu data alla pirateria, anche se quest'argomento è sempre stato combattuto (non ultimo da uno studio della London School Of Economy pochi mesi fa), ma il problema era quello di dover affrontare il sempre crescente predominio del digitale e la diminuzione dei ricavi (maggiori) del supporto fisico. Poi, con molto ritardo, hanno cominciato ad approdare i primi servizi di streaming che hanno ridato respiro al mercato e hanno tirato la volata per questo risultato. I ricavati sono stati, nel 2013, di 117,7 milioni di euro al sell-in contro i 115,9 del 2012, con la musica digitale che ha segnato un 18% di crescita del quale +182 % nei servizi in abbonamento streaming, che oggi rappresenta il 32 % del mercato.
Il download, dice il comunicato della FIMI, "rappresenta il 62 % del digitale" raggiungendo un +6% tra singoli e album con un calo, però, da parte dei ricavi dal video streaming. Ma, come dicevamo, e come si sa da tempo a fare il boom sono stati i servizi di streaming come Spotify, Cubomusica e Deezer che fatturano un totale di 7 milioni di euro aggiungendone 5 ai 2,5 del 2012 arrivando a rappresentare il 18% del segmento digitale rispetto all’8 % del 2012.
Contento, ovviamente, il presidente della FIMI Enzo Mazza che spiega come questi numeri mostrano il consolidamento del mercato digitale italiano, senza tener conto delle enormi potenzialità che ancora ha: "Siamo in una fase ancora molto fragile dell’economia musicale, che ha visto un calo del 70 % negli ultimi dieci anni. Se guardiamo al risvolto positivo, l’offerta diversificata con molte piattaforme attive nei vari segmenti, sta incontrando sempre di più l’interesse dei consumatori, anche grazie alle caratteristiche social di molti servizi che coinvolgono i fan degli artisti offrendo cataloghi di fatto illimitati”.
Come abbiamo già visto in occasione dell'uscita delle classifiche di vendita degli album del 2013 la classifica è dominata da artisti italiani con Ligabue in testa seguito da Modà e Jovanotti con i One Direction a piazzarsi nella top ten e con 16 artisti nostrani nei primi 20, con la musica classica cresciuta dell'86% (sic) arrivando a coprire l'11% delle vendite musicali in Italia.
Continua anche la crescita del vinile, seguendo quella che è la tendenza mondiale, con lo LP che è il supporto fisico che cresce di più, benché, come sottolineato più volte, quest'aumento è comunque marginale rispetto ai numeri generali del mercato discografico. Ma dà un'idea di come in un mondo sempre più digitalizzato c'è sempre più gente che cerca il contatto con un oggetto bellissimo e non più demodé. E spesso fa numeri che aiutano i negozi fisici, come successo in Inghilterra lo scorso anno.
Se oltre al sell-in del mercato fisico e digitale si considerano "anche i diritti connessi (licenze per utilizzazioni su radio, TV e pubblici esercizi) e le sincronizzazioni che nel 2013 secondo Deloitte, hanno generato rispettivamente 23,6 milioni di euro e 4,0 milioni, la crescita del mercato complessivo è del 4%".