Il flop alle elezioni di Righi dei Righeira (che non voleva essere eletto): quanti voti ha preso
L'avventura elettorale dei cantanti impegnati nelle elezioni comunali non è stata entusiasmante (per usare un eufemismo): la delusione regna sovrana soprattutto in quel di Torino, dove Stefano "Johnson" Righi, componente dello storico duo Righiera e autore di classici intramontabili della canzone italiana, era candidato con la lista del Partito comunista in appoggio alla candidata Giusi Greta Di Cristina. Righi ha incassato appena 28 voti, in quella che ha tutto l'aspetto di una debacle tutto sommato prevedibile.
Righi: "Sono sceso in campo per Rizzo"
In un’intervista al Corriere della Sera, Righi aveva spiegato le motivazioni alla base della sua candidatura, fra cui la grande amicizia con il segretario del PCI Rizzo: “Sono grande amico del segretario del Pci Sergio Rizzo: ho sempre votato a sinistra, anche se spesso più moderata. In verità mi sento un radicale. Non ho nessuno tipo di ambizione politica, tanto è vero che spero di non essere eletto, anche perché ho già tante cose da fare. Se comunque dovessi diventare consigliere comunale, il mio impegno sarebbe tutto per sostenere la musica indipendente".
Max Casacci: bene ma non benissimo
La sorte è stata leggermente più magnanima con Max Casacci, chitarrista e fondatore dei Subsonica: candidato con la lista Torino Domani in sostegno del candidato Stefano Lorusso, Casacci ha raccolto 539 preferenze, posizionandosi come quarto candidato più votato della sua graduatoria, alle spalle di Paolo Verri (837), Tiziana Ciampolini (1.051) e dell'irraggiungibile Francesco Tresso (2.432). Tuttavia, nonostante la discreta affermazione, le sue possibilità di entrare a far parte del consiglio Comunale di Torino sono ridotte al lumicino. In un'intervista a Rolling Stone, Casacci aveva specificato che il suo impegno politico sarebbe stato rivolto, in primis, alla difficile situazione del comparto live: "Non avrei dovuto candidarmi, avrei potuto tranquillamente fare altro", disse, "ma alla fine molti miei colleghi non hanno fatto nulla, non si sono messi in gioco, e anzi continuano proprio a stare alla larga dalla politica. Hanno paura di essere criticati su Facebook. Peccato che poi saranno i primi a lamentarsi se nei prossimi cinque anni verranno chiusi i centri sociali, se verranno già tagliate le già poche risorse destinate a quel mondo che produce veramente cultura".