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Il Cile racconta il dramma della sua dipendenza: “Se tocco ancora alcol muoio”

L’artista nelle scorse ore ha parlato pubblicamente dei suoi problemi con la dipendenza dall’alcol che solo oggi, arrivato quasi a uno stadio emergenziale, sta concretamente riuscendo ad affrontare: “Dobbiamo parlarne di più, educare i ragazzi nelle scuole”.
A cura di Andrea Parrella
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Lo ricordiamo per alcuni successi degli scorsi anni, da Cemento Armato a Maria Salvador, ma da molto tempo Lorenzo Cilembrini, in arte Il Cile, pareva lontano dalla scena pubblica. Nelle scorse ore l'artista si è raccontato dopo un lungo silenzio, parlando dei problemi con l'alcol patiti negli ultimi anni: “La prima volta che bevvi avevo quindici anni, mi ricordo bene: notte di ferragosto sulla spiaggia del mare adriatico di Torrette di Fano e mezzo litro di “limoncé” caldo che vomitai dopo pochi minuti, il giorno dopo promisi a me stesso che non avrei più bevuto”.

Un racconto che Il Cile ammette di voler fare soprattutto per aprire pubblicamente a un tema su cui si fa ancora fatica a parlare. Il suo messaggio prosegue così la sua storia: “Non è andata esattamente così. Io credo che il motivo primario del mio alcolismo sia la timidezza mista all’insicurezza: ho sempre usato gli alcolici per abbattere quella barriera di incapacità comunicativa e terrore del giudizio altrui che mi porto dentro dall’adolescenza. In più sono un alcolista atipico: sono un ‘binger’. Posso stare settimane senza bere ma quando bevo posso andare avanti anche due giorni e continuativamente“. Quindi torna alla sua vicenda personale:

 Due anni fa, in estate, ero a Garda con una ragazza che ha alimentato a dismisura il mio lato autodistruttivo. Poi a Gardaland, da quanto avevamo bevuto, ci addormentammo durante le torri gemelle (vi giuro è vero), tornati in hotel continuammo mentre lei sì limitò, dopo cena finimmo in un bar dove il proprietario mi propose la sfida di bere un beverone gigante con praticamente una bottiglia di Jeagermaister dentro. Mi ricordo di essermi risvegliato in ospedale, mentre tentavo di strapparmi il catetere e con la dottoressa che intimava la ragazza alimentatrice della mia autodistruzione di bloccarmi, se avesse voluto ancora avere una vita sessuale con me. Il referto fu: “pancreatite acuta”, uscito di lì ressi tre mesi all’incirca da sobrio poi ricominciai a bere quando e come volevo. Per due anni interi, con i soliti casini che ne conseguono professionalmente, nella sfera umana, in quella dei sentimenti, in quella della pace interiore. Nella vita in tutte le sue sfaccettature, insomma.

La diagnosi è arrivata lo scorso 31 agosto“Mi è stato detto che (se non voglio morire e sebbene le mie canzoni spesso non ispirino euforia vorrei ancora scriverne un po’) non dovrò più toccare alcool a vita. Ed anche se può sembrare stupido è surreale, quando il dottore mi spiegava tecnicamente di pancreas e cronicità, usando tutti termini che mi rimandavano al mondo ospedaliero, io mi sentivo liberato da un peso enorme. Perché scrivo qui queste cose? Perché vorrei spiegare ai ragazzi che ogni sostanza va immaginata come un elastico che fai allungare con il pollice e il polpastrello delle tue mani, puoi tirarlo tanto, anche tutta la vita, ma potrebbe succedere che un pollice ed un polpastrello cedano, e più l’avrai tirato, più dolore sentirai nell’altra mano. Non abbiate paura di chiedere aiuto se vi sentite schiavi di qualunque sostanza, siamo umani e finché non siamo sottoterra abbiamo diritto a stare il meglio possibile”.

L'artista saluta ringraziando e poi, alcune ore dopo, pubblica un video sui social in cui ringrazia per l'attenzione a lui riservata, chiedendo lo stesso interesse anche quando pubblica un singolo, ma soprattutto chiedendo alle istituzioni maggiore chiarezza ed educazione sul problema dell'alcolismo, su cui a suo modo di vedere i giovanissimi non vengono informati abbastanza nelle scuole.

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