Fulminacci, Tante care cose dopo Sanremo: “Non voglio sentirmi ingabbiato, preferisco sperimentare”
Dopo "La vita veramente" e l'uscita di "Canguro", Fulminacci era atteso alla prova del secondo album. A sorpresa qualche mese fa l'annuncio della sua partecipazione tra i Big di Sanremo 2021 dove ha confermato le sue qualità con una delle canzoni migliori, "Santa Marinella", che ha lanciato definitivamente "Tante care cose". Un album che si muove su altri lidi rispetto al precedente, come lo stesso Filippo Uttinacci aveva spiegato a Fanpage.it, parlando proprio di "Canguro". Questo secondo lavoro è un album più viscerale, come spiega lui stesso, mettendolo in opposizione al primo più "cervellotico". In effetti "Tante care cose" è senza dubbio un album variegato, che gioca con varie strutture, dal pop anni 60 alla world, passando per il soul, ma mantenendo intatto quel sapore cantautorale che Fulminacci ha già dimostrato di saper maneggiare con cura.
Finito Sanremo, che somme tiriamo? Aspettative rispettate?
Di aspettative su Sanremo non è che ne avessi più di tante, sai, è una cosa che è successa talmente di colpo, come tutte le cose che mi sono successe facendo questo lavoro. Mi sono ritrovato a Sanremo in un batter d'occhio, per cui è stato strano, bellissimo ma strano: mi sembrava assurdo il fatto di stare lì, cenare, poi andare all'Ariston, mi esibivo e poi tornavo in camera. È stato un divertimento incredibile.
Come mi dicesti, "Tante care cose" cerca una sorta di nuova strada, prendi tante direzioni, le esplori, come nasce?
La voglia di esplorare nasce insieme a me, quando sono nato, è una cosa che non mi stancherà mai. Musicalmente ci tengo a divertirmi e andare in ogni direzione possibile, penso che sia l'aspetto più divertente di questo mestiere, non mi va di trovare una quadra, non voglio mai trovare il modo di definirmi o sentirmi definito perché, almeno oggi, mi sentirei ingabbiato. E non mi va perché siccome ho l'occasione di fare questo lavoro bellissimo, ho voglia di sperimentare tutto e di trovare, magari, quello che so fare meglio. E in questo la critica e il pubblico sono i primi ad aiutarmi e indirizzarmi.
Come hai lavorato con Nardelli e Colombo al suono dell'album?
Come nel primo disco, e questa volta ancora di più, mi sono fatto tutti gli arrangiamenti a casa, in cameretta, per cui quelli che dovevano essere i suoni li avevo già in testa. Siamo arrivati in studio e abbiamo fatto un'operazione di messa in bella copia, grazie a Nardelli e Colombo che oltre a essere grandi produttori e musicisti sono ingegneri del suono. È stato bello poter vedere prendere vita e valorizzare quello che avevo in mente, e in effetti tutti gli arrangiamenti dei pezzi e le pre produzioni le avevo fatto e avevano la forma che hanno oggi. Naturalmente con loro il tutto è diventato bellissimo, tutti i suoni sono stati valorizzati, poi è tutto risuonato, la qualità è altissima…
Poi c'è "Un fatto tuo personale" con Frenetik & Orang3, che prende un'altra strada…
Quello con Frenetik & Orang3 è un pezzo diverso da tutti, nonostante non sia l'unica produzione non di Nardelli e Colombo: l'altra è Santa Marinella fatta da Colliva, però comunque con Tommaso abbiamo fatto un lavoro simile a quello fatto con Giordano e Federico. "Un fatto tuo personale" l'avevo scritta un bel po' di tempo fa aveva, con un testo molto fitto, molto preciso, descrittivo, ho fatto delle prove di pre arrangiamento, però in questo caso mi sono sentito un po' perso e quindi sono entrato in contatto con loro per capire che forma dargli. Mi mancava qualcosa anche nell'intenzione del cantato in cui hanno avuto molto spazio. È un pezzo in cui mi sono abbandonato al flusso di lavoro dello studio anche creativo molto di più.
Dietro Miss Mondo Africa ho letto che c'è una storia bella. Ce la racconti?
È nato in modo estremamente viscerale, che è un aggettivo che sto usando molto per quest'album, distinguendolo da quello precedente che era molto cervellotico. Mi è tornata in mente un semplice aneddoto vissuto qualche anno fa: eravamo quattro amici sul muretto, dopo scuola, di sabato pomeriggio e a un certo punto si è avvicinato a noi un ragazzo africano che ha cominciato a canticchiare una filastrocca che recitava più o meno come quella che recito io nel ritornello. Mi piaceva tantissimo quella filastrocca. Avevamo passato un bel pomeriggio assieme, era stato un momento bello d'amicizia e poi m'è venuta in mente questa canzone con un giro standard soul: mi sono divertito un sacco perché abbiamo avuto modo di sperimentare con sonorità differenti. In studio poi è stato divertentissimo registrarlo con il Rhodes, per me poi è bellissimo vedere in studio le cose che prendono forma.
“Forte la banda" è il pezzo che hai dedicato alla tua band, ma riprende un po' di tue influenze, giusto?
"Forte la banda", innanzitutto, è il pezzo che dedicato alla mia band e che non vedo l'ora di suonare con loro live. L'ho proprio scritto pensando e immaginandomi i concerti. Tutto il pezzo è una citazione del pop anni 70 che mi piace di più, quindi Elton John, Electric Light Orchestra, Billy Joel, Supertramp, Paul McCartney solista, tutta roba che a me fa impazzire e ho voluto citarla in questo modo, celebrando un po' tutto: la musica, la mia band, la musica che mi piace, i grandi del passato. È il pezzo più fedele alla mia intimità di tutto il disco e anche di quello precedente. In generale la cosa di cui sono contento di questo disco è che sono riuscito a parlare di me e dei fatti miei più privati in maniera più specifica rispetto a quello precedente, ma non perché tutti devono saperli, quanto perché quando si racconta la propria intimità si tirano fuori delle emozioni e arrivano delle emozioni diverse.
È il motivo per cui l'album si chiude con Le biciclette? Forse il più intimo…
Le biciclette la trovo toccante, a me emoziona e commuove ogni volta che la sento e la suono e mentre la scrivevo, per cui mi piaceva che l'album finisse così. Il disco si apre con una celebrazione dell'amicizia, che è "Meglio di così", estremamente leggera, e si conclude con la celebrazione di un rapporto d'amore reale che ho vissuto e vivo davvero.