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Frei presenta il nuovo album: ‘Parto dalle macchine per raccontare l’evoluzione’

Frei riparte da ‘Le macchine’, il suo nuovo singolo, primo tratto da ‘Evolution’ l’album che chiude la trilogia cominciata con “Sulle tracce della volpe” e proseguita con “2013: odissea nello spiazzo”: Fanpage.it vi presenta il video in anteprima e una prima chiacchierata su quello che dovremo aspettarci.
A cura di Francesco Raiola
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Oggi Fanpage.it vi mostra in anteprima il video di ‘Le macchine' primo singolo estratto dal prossimo album, il terzo, di Frei. Un video futuristico che fa parte di un album che completa la trilogia cominciata con ‘Sulle tracce della volpe', proseguito con ‘2013: odissea nello spiazzo' e che si concluderà con ‘Evolution' in cui, come ci dice lo stesso cantante: "Si atterra in un nuovo pianeta, abitato da macchine, uomini e animali, dove un’oracolo ci svelerà un grande segreto: ‘Gli animali muoiono, sotto le macchine, guidate male dall’uomo'”.

Il brano, che vede la collaborazione di Dimartino, una delle voci più belle e interessanti del panorama cantautorale italiano – il disco si avvarrà della produzione artistica di Beatrice Antolini, presentata a Frei proprio dal cantante siciliano -, si sofferma sugli oggetti che per l'uomo sono ‘lo specchio dell’evoluzione ‘l’ancoraggio per descrivere e capire a modo mio tutto quello che ho visto'.

Si parte da ‘Le macchine’ per arrivare dove? Raccontaci qualcosa di quello che sarà il tuo nuovo album…

Si parte dalle macchine per arrivare nel casino. Per descrivere quel casino che caratterizza e condiziona la nostra vita domestica, dove noi crediamo di addomesticare gli animali che chiudiamo in casa, mentre sono le macchine che hanno addomesticato noi. E gli animali restano più liberi che mai, anche se costretti ad una gabbia o ad un appartamento.

Si parte dalle macchine per arrivare agli animali, i veri proprietari di questo pianeta.

Si parte dalle macchine per mettere in discussione la nostra evoluzione.

Si parte dalle macchine e si passa attraverso canzoni di visioni, bugie, sospiri, buio…, per trovare una luce, fare chiarezza.

Si parte dalle macchine per guardare questo pianeta come se fosse un pianeta extraterrestre, per cercare di capirlo in un altro modo.

‘2013 Odissea nello Spiazzo’ era il nome del tuo ultimo album e il primo singolo del nuovo è ‘Le macchine’ con un video che rimanda ancora all’idea di tecnologia e (velocità della) modernità: è pura casualità o è un fil rouge che legherà anche questo terzo capitolo? E in che modo?

C’è un filo conduttore che lega tutti e tre i dischi. Con questo disco chiudo una trilogia: “Sulle tracce della volpe” parla di pianeta terra, quindi di boschi, mari, montagne, si parla di me nella mia quotidiana natura: amore, gioia, tristezza e follia. Con “2013: odissea nello spiazzo” si decolla verso un tentativo di modernità, una modernità mancata. Ci si veste da astronauti ma in realtà si resta in un futuristico spiazzo di casa, a guardare a bocca aperta le stelle a forma di punti interrogativi. In sostanza si continua a vivere di amore, gioia, tristezza e follia, ma con la tuta spaziale. Con “Evolution” si atterra in un nuovo pianeta, abitato da macchine, uomini e animali, dove un’oracolo ci svelerà un grande segreto: “Gli animali muoiono, sotto le macchine, guidate male dall’uomo.”

Uno dei focus di ‘Le macchine’ è sugli oggetti, la cui importanza in alcuni scrittori da sempre mi appassiona (penso ad autori come Pynchon, Franzen, ma anche al ‘nostro’ Giorgio Falco). Sono loro che possono aiutarci a descrivere ancora oggi la quotidianità del mondo in cui viviamo?

Grande! Hai appena dato una ragione ai miei prossimi mesi. Leggerò Pynchon, poi Franzen e poi Falco. Ma prima devo iniziare e terminare “The Italian Job” di Gianluca Vialli. Gli oggetti sono tutto per l’uomo. Da sempre. Da quando è diventato uomo. Sono lo specchio dell’evoluzione. Quando, attraverso “Evolution”, sono atterrato in questo nuovo pianeta, sono stati loro l’ancoraggio per descrivere e capire a modo mio tutto quello che ho visto.

Sicuramente, però, oggetti a parte, c’è sempre un tocco di ironia ad accompagnarti…

L’ironia mi serve a non perdere il punto di vista del narratore, l’uomo. Inoltre mi serve a far capire in automatico a chi ascolta, che è della stessa razza. In questa trilogia si parla di tematiche esistenziali e universali, per cui si corre sempre il rischio di credersi Dio, o di pretendere di capire il punto di vista di un animale o di una macchina. L’ironia è una caratteristica unica dell’uomo. Per cui la utilizzo per rimanere tale e non pisciare fuori dal vaso. Sarebbe più corretto parlare di umorismo, ma ora non stiamo a pesare troppo le parole, ci siamo capiti.

‘Pop d’avanguardia senza mai perdere di vista la tradizione’: è una delle descrizioni che ho letto per il tuo album precedente. Vale anche per il suono che ascolteremo in maniera più ampia sul prossimo album?

Assolutamente sì, è il carattere che ho dato a tutte le canzoni di questa trilogia. E’ il mezzo che ho privilegiato per portare in giro le mie visioni, i miei racconti e tutto quello che ho scritto. In quest’ultimo disco il contrasto tra Pop d’avanguardia e tradizione è ancora più forte, volevo rendere l’idea di essere in un’altro pianeta. Il risultato l’ho ottenuto scrivendo in maniera un po’ più popolare e un po più rozza, e affidando la produzione artistica alla regina dei suoni del futuro: Beatrice Antolini.

Ci sono due collaborazioni di cui abbiamo la certezza: una è quella con Dimartino, con cui duetti nel singolo e poi, appunto, c’è Beatrice Antolini, che dell’album cura la direzione artistica. Ce le racconti?

Un’anno fa ho fatto arrangiare a Dario Giovannini 4 brani, abbiamo registrato un provino, poi grazie ad Enzo Cimino (batterista dei Mariposa, che mi accompagna dal vivo) li ha ascoltati Daniele Calandra (S.R.I. Prod’s) una persona splendida con la quale mi sono trovato benissimo da subito. Gli è piaciuto il progetto e abbiamo deciso che il disco sarebbe uscito per la sua etichetta. Poi lui ha proposto a Beatrice Antolini di occuparsi della produzione artistica e degli arrangiamenti. Per me è stato perfetto perché non la conoscevo di persona ma pensavo a lei come produttore e arrangiatore perfetto per questo disco, prima ancora di conoscere Daniele.

Antonio Di Martino e il resto della banda li ho conosciuti 4 anni fa in un festival estivo e poi ci siamo incrociati ogni tanto in altri festival. Mi piacciono un casino, i loro dischi, i loro sound, i loro concerti; Antonio scrive delle canzoni bellissime… insomma mi sembrava bello averlo come ospite in una canzone, che si affacciasse per un attimo da una finestra del testo, con gli occhiali da sole, a cantare. E così è stato. Siamo andati a casa della band a Milano, con un vassoio di pasticcini siciliani, asta, microfono, mac, iPhone, scheda audio, e…  rec.

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