Fiorella Mannoia: “Quella contro la violenza sulle donne è una guerra al patriarcato non all’uomo”
Artista a 360°, cantante tra le più amate del paese, presentatrice, attivista, fotografa – lunedì 29 novembre aprirà la mostra con le sue foto fate in Africa – da qualche settimana Fiorella Mannoia è tornata in tv con un programma tutto suo e lo ha fatto nella dimensione che in questo momento sente maggiormente suo, quello della seconda serata su Rai 3, in uno spazio che le la possibilità di chiacchierare coi suoi ospiti con una libertà di cui non sempre si può godere. E così capita di vederla chiacchierare con Rkomi o con Gigi D'Alessio, duettare con Vinicio Capossela e parlare di arte con Jorit e Jago, in una trasmissione breve ma che per questo ti permette di goderne appieno anche grazie alla presenza dell’autore e comico televisivo Stefano Rapone e della filosofa e scrittrice Ilaria Gaspari. "La versione di Fiorella" – che va in onda il lunedì, giovedì e venerdì – è nata con l'idea di essere una sorta di almanacco del giorno e anche per questo non mancherà di affrontare il tema della violenza sulle donne in una puntata ad hoc che andrà in onda il 26 novembre, il giorno dopo la Giornata Mondiale dedicata.
Fiorella, come stanno andando queste puntate de La versione di Fiorella?
Noi siamo molto contenti, sapevamo che fare una trasmissione alle 23.15, in seconda serata, quando tutti i programmi vanno in onda fino all'1, con la seconda serata sparita, non sarebbe stato facile. La rete sta cercando di far tornare quest'abitudine che da loro è stata sempre molto seguita, quindi sapevamo il rischio che correvamo, però proprio perché è la seconda serata in quella rete hai la libertà di fare cose che normalmente nella rete ammiraglia in prima serata non fai.
Tipo?
Ci possiamo permettere di dedicare dieci minuti a Van Gogh, roba che non avremmo mai potuto fare, abbiamo parlato della Legge Basaglia con Cristicchi. Il pretesto della trasmissione come almanacco un po' ci lega, ma ci dà anche la possibilità di affrontare temi legati agli avvenimenti di quel giorno e confrontarli col tempo che è passato, ricordarli. Siamo in totale libertà, faccio quello che mi piace fare.
“Tante cose la gente non le sa” hai detto a Gigi D'Alessio parlando di Mario Merola. Qual è stata la cosa che hai imparato in queste puntate andate in onda?
Beh, per esempio non avevo mai avuto l'occasione di parlare con Jorit. Io sono una grande ammiratrice dei murales, mi piacciono tanto, perché sono vere e proprie opere d'arte, per questo l'abbiamo invitato ed è venuto. Non sapevo, per esempio, che aveva cominciato come ragazzino col cappuccio, dovendo scappare dalla Polizia che lo inseguiva, mentre oggi viene studiato nelle università, a dimostrazione che la vita a volte è sorprendente. Mi ha spiegato cosa erano quei segni rossi sul volto, queste curiosità sono cose che ho imparato anche io e che abbiamo raccontato alla gente. È venuto Jago, un altro grandissimo scultore che la maggior parte della gente non conosce: cerco cose per cui sono curiosa anche io e che penso possano interessare agli altri.
Lo definisci un Almanacco del giorno, quindi ti chiedo se hai qualcosa in programma per la giornata contro la violenza sulle donne…
Sì, abbiamo pensato a qualcosa, la metteremo a fuoco, sicuramente ne parleremo.
Com'è la situazione dal tuo punto di vista?
I dati sono allarmanti, nell'ultima settimana hanno ammazzate più donne, credo che oggi stiamo facendo i conti con un cambiamento che è lento. Se contiamo gli oltre settant'anni dal diritto al voto per le donne sono un battito di ciglia, perché veniamo da millenni in cui la donna è stata considerata come una bestia da soma e ancora oggi è così in tanti Paesi.
Non ti chiedo la soluzione, ovviamente, ma la tua idea sulle cose che bisognerebbe cominciare a fare, sì.
Sono arrivata al punto di pensare che è un percorso che dobbiamo fare insieme, uomini e donne, perché questa non è una guerra all'uomo ma è una guerra al patriarcato. Il problema è che questa mentalità l'abbiamo introiettata anche noi donne, siamo vittime tutti di stereotipi, alcuni uomini di quello per cui la donna va protetta, che pensano che sia loro proprietà, retaggi vecchi, pensare che la donna gli appartiene e per questo non sopportano quando vengono lasciati, o l'indipendenza della donna, non la vedono, non la concepiscono. E noi donne, invece, abbiamo ancora il retaggio dell'accoglienza, della comprensione, dover sempre perdonare, sorreggere, come una stampella. Dobbiamo cambiare anche noi questa mentalità, siamo vittime anche noi dei nostri stereotipi e delle nostre ancestrali convinzioni, bisogna scardinarle. È un percorso da fare assieme.
Quali sono alcuni dei problemi principali che rilevi nel dibattito pubblico?
C'è un problema di pene talvolta blande e poi ci sono titoli quasi tutti fuorvianti. Quando leggi un titolo che dice "Ubriaca viene violentata dal branco", tu focalizzi l'attenzione sulla ragazza ubriaca e non su chi ha commesso violenza e si sente un olezzo di restaurazione che mi spaventa. Bisogna stare attenti ogni volta che si parla di questo argomento, soprattutto i giornali e i loro titoli, perché se focalizzano l'attenzione sulla vittima e non sul carnefice si fa solo danno. Quando leggo: "Dramma della gelosia, il marito ammazza la moglie", ma dramma della gelosia di che? Oppure "Il gigante buono che poi ammazza ma era un bravo ragazzo", questa roba qui ha bisogno di un lavoro lungo e complesso.
Tu sei un’artista che non si tira indietro per quanto riguarda mettere la faccia, a volte beccandoti anche tante critiche. Cosa ti ha dato e cosa ti ha tolto l’impegno?
Penso che sia un'attitudine, io sono sempre stata così, la politica – e non il partito – che è la nostra vita mi ha sempre interessato e trovo normale esprimere quello che penso. Non guardo mai a coloro che deludo o a chi non la pensa come me, cosa mi succederà, se perderò del pubblico. Io a questa cosa non ci penso mai vado avanti per la mia strada perché non posso fare altro, non riesco a tacere e non dire quello che penso. D'altra parte è vero, sono una cantante, faccio questo lavoro, ma prima di tutto io sono un cittadino come gli altri, quindi essendo attenta a quello che mi succede intorno mi esprimo. Certo, qualcuno non apprezza, ma pazienza, lo perdo per strada, anche perché se uno non mi apprezza per quello che dico non mi apprezza neanche per quello che canto, perché nelle mie canzoni c'è quello che penso della vita.
Spesso mi capita di parlare con alcune giovani cantautrici proprio sul termine cantautrice, che fino a neanche tanto tempo fa era ad appannaggio degli uomini. Tu hai cantato canzoni stupende scritte da uomini, però è anche vero che forse è stato un mondo raccontato da noi uomini, appunto, tu che idea hai?
Beh, ci ho pensato, certo, e anche questi sono cambiamenti lenti. Se ci pensi, quando ero ragazza io, negli anni 70, diventare cantanti o musiciste voleva dire entrare in un furgone con altri musicisti e girare, andare per cantine, locali e i genitori non erano propensi. Poi si comincia a cantare e suonare molto presto, quest'attitudine ce l'hai fin da ragazzino, non l'impari a 40 anni, per cui i genitori non erano propensi a mandarti in giro, anche a causa dei tanti stereotipi – i capelloni, all'epoca – che ci portiamo dietro. Infatti si vedevano molte musiciste ma di musica classica, perché suonavano il violino, il violoncello, stavano in un'orchestra e quella era considerata la musica seria.
Col tempo però le cose stanno cambiando…
Pian piano i tempi cambiano e adesso ce ne sono di più giovani di quando ero giovane io: penso ad Amara, una delle autrici dei miei dischi – ha scritto "Che sia benedetta", "Il peso del coraggio", "Padroni di niente" – o Federica Abbate che è molto brava, penso alle cantautrici a cominciare da Carmen Consoli che è vero che è adulta, ma ha cominciato presto. Ce ne sono tante anche se ancora meno rispetto ai maschi, però si cominciano a vedere anche le musiciste, vedi Victoria dei Maneskin, purtroppo, come ti dicevo, sono processi lenti.
Qual è la versione di Fiorella su questo mondo musicale contemporaneo fatto di streaming, di abolizione di generi?
L'altra volta ho cantato con Rkomi, io sono sempre incuriosita da questi giovani artisti, non voglio fare la bacchettona per cui se non li capisco fanno schifo. Io cerco di capirli, poi a volte capita che non li capisca, perché appartengo a un'altra generazione, ma mi incuriosiscono. Però vedi, lui ha detto che sta cercando altre strade, è partito con la trap, il rap ed è venuto da me a cantare un pezzo di Vasco, sta cercando la sua strada, diamo il tempo a questi giovani di crescere troppo spesso non lo facciamo, oggi è come diceva De Andrè: "Mastica e sputa", è tutto così veloce che anche questi ragazzi che cominciano a 17/18 anni e devono crescere e trovare la propria strada.
Entusiasmo a parte, c'è qualche "però…"?
Una cosa che mi spiace è che il vocabolario è povero, le parole che usano sono poche, non c'è l'uso della metafora, l'attenzione a ciò che ci circonda. Io di questi ragazzi amo quelli che si sporcano le mani, che parlano di qualcosa, amo quelli che si ribellano, denunciano: lo facciano come gli pare purché non si limitino a dire "Tu mi sei piaciuta, ti ho visto con un altro, però adesso mi faccio una canna e me lo scordo", insomma, questa roba qui.
C'è qualcuno che ti piace?
Salmo è uno che si impegna parecchio, lo stesso Rkomi, Rocco Hunt mi piace, mi piacciono quelli che mi fanno pensare e riflettere.
Qual è l’artista che vorresti ma che sai già che non potrai avere?
Non ti nascondo che mi piacerebbe avere Vasco, proprio perché non lo vedi mai in tv, mi piacerebbe farlo parlare. Vasco è l'esempio di come la verità paga sempre, non ha mai nascosto niente di sé: pregi, difetti, debolezze, dipendenze, però la gente lo ha amato proprio per questo. Io credo che in tutta l'arte la verità paga sempre, su questo avrei voluto intervistarlo.