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Fedez non è un politico, chiedergli cosa pensa del figlio di Grillo è senza senso

Fedez si è espresso – ex post – sul video in cui Beppe Grillo difende il figlio Ciro dalle accuse di violenza sessuale, facendo victim blaming e scaricando le responsabilità sulla ragazza. Lo ha fatto perché qualcuno gliene ha chiesto conto dal momento che aveva parlato del ddl Zan. Cosa c’entrano le due cose? Niente, perché un artista non è un politico.
A cura di Francesco Raiola
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Fedez si è espresso – ex post – sul video in cui Beppe Grillo difende il figlio Ciro dalle accuse di violenza sessuale, facendo victim blaming e scaricando le responsabilità sulla ragazza. Lo ha fatto perché qualcuno gliene ha chiesto conto dal momento che aveva parlato del ddl Zan. Cosa c'entrano le due cose? Niente. Siamo in un Paese, però, in cui bisogna continuamente spiegare che un artista è un artista e non un politico che chiede a degli elettori – con una serie di comizi e promesse elettorali che, in teoria, si impegna a mantenere – un mandato in Parlamento. Insomma, un vincolo elettorale che lo lega a una platea e che viene giudicato nel tempo da una concatenazione fatta di parole, iniziative e fatti. Concatenazione che, in base a se mi troverà o meno d'accordo, se mi sentirò o meno tradito, mi porterà a rivotare quel politico. No, con l'artista funziona diversamente, nonostante col tempo tanti artisti siano poi entrati in politica in maniera attiva. Ma questo è un altro discorso.

Fedez è al centro delle attenzioni in questi giorni a seguito del suo intervento sul palco del Primo Maggio dove ha tenuto un discorso che chiamava in causa una serie di esponenti o ex esponenti leghisti e alcune affermazioni riguardo all'omosessualità. Un discorso in cui c'era finito, per ragioni diverse, anche Mario Draghi e che in qualche modo rifletteva sul ddl Zan. Il cantante, insomma, avrebbe fatto questa serie di nomi sul palco, nonostante un tentativo preventivo di censura da parte di alcune persone della Rai e con il balbettio degli organizzatori, in una telefonata che ad ascoltarla per intero è surreale. Quella telefonata ha riproposto il solito tema della politicizzazione della Rai, argomento vecchio e ogni tanto rispolverato, ma mai veramente risolto.

Fedez, insomma, da artista è salito su un palco e ha fatto delle dichiarazioni. Un palco su cui, sia chiaro, è stato invitato, che dovrebbe essere ontologicamente palco di dibattito e discussione e che storicamente è stato palco di discordie e anche di censure o tentativi di censura. In tanti hanno dato merito a Fedez di aver mostrato gli ingranaggi del giocattolo, mettendo anche in crisi il modello che fino a ora alcuni davano per assodato, ovvero quello per cui la tv è ancora il mezzo di comunicazione principale. In parte è vero, ma mai come oggi il panorama è diventato più complesso, al punto da far dire a Fedez che, insomma, non è che lui abbia bisogno della tv per parlare a milioni di persone, come ha dimostrato.

Eppure c'è anche chi ha preso l'artista per un politico e invece di trattare nel merito della polemica tende a chiedere conto al cantante di cose dette in passato o di cose su cui non si è espresso, manco fosse un mezzo d'informazione. Fedez è un artista, appunto, che dice delle cose che a volte possono essere condivisibili e altre meno. È un cantante che in passato può aver fatto sciocchezze (la famosa festa al Carrefour), può essersi espresso in maniera non chiara (la canzone su Tiziano Ferro), ma che da tempo tiene una linea molto precisa per quanti riguarda una serie di diritti e di libertà. Il ddl Zan è solo l'ultimo per cui si è battuto e soprattutto per cui ha messo a disposizione una piattaforma, la sua social, appoggiata talvolta da quella di Chiara Ferragni che conta milioni di persone in ascolto. Insomma, Fedez ha senza dubbio un potere mediatico fortissimo, ma oggi non è un media, quindi non deve né parlare di tutto, né fare lavoro di gatekeeping (ovvero la selezione all'ingresso delle notizie) secondo le regole mediatiche, ma è un artista che decide di volta in volta di ciò di cui parlare.

Vale per lui e vale per tutti. Un artista è libero di esprimersi e noi liberi di criticarlo, ma è curioso come talvolta lo si tratti come un politico che ha fatto promesse. Gli artisti non ci promettono nulla, né è giusto che le nostre proiezioni/aspettative siano scaricate su chi non ha deciso di rappresentare altro se non se stesso. Lo spiega bene in un ultimo tweet in cui risponde a chi gli chiede il perché non abbia detto nulla sul famoso video in cui Beppe Grillo difende il figlio Ciro facendo victim blaming sulla vittima, appunto: "Grillo ha detto cose terribili ed aberranti, non esiste giustificazione. Ma esiste una lista di temi a cui devo dare una risposta prima di esprimere una mia opinione. Mi spieghi, ora che le ho chiarito il punto su Grillo ho ottenuto il permesso di parlare di altro? Funziona così?".

Una semplice considerazione che riassume un po' quello che da sempre accade nel rapporto tra artista e pubblico riguardo a fatti di cronaca. Oggi posso essere d'accordo con Fedez su ddl Zan, domani potrei non esserlo su un altro argomento caldo, è proprio questo che succede in società. Ovviamente la responsabilità per quello che si dice è a carico di chi la dice, quindi se hai una visibilità enorme ti esponi anche a critiche proporzionali. Successe per Bibbiano, per esempio, ma anche sui migranti durante il primo Governo Conte. Artisti che usavano il proprio megafono per appoggiare alcune battaglie. Ovviamente il discrimine sul se e come debbano farlo tendiamo a farlo in base al nostro orientamento. Ma vale sempre la questione per cui vale la libertà di espressione e vale la libertà di critica, non sarebbe male se si restasse sul punto, senza investire le persone di ruoli che sono più nella nostra testa che altrove.

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