Fedez: “Ho paura di sparire, ma provo ad accettare il mio inevitabile declino”
Fedez ha rilasciato una lunga intervista a Vanity Fair, nella quale ha raccontato come sarebbe andata la sua vita, se la musica non l'avesse trasformato in un volto noto. Sul settimanale appare nelle vesti di meccanico e spiega:
"Avrei un lavoro normale, umile come umile è la realtà da cui provengo. Ho avuto tantissimo cu*o, e so che la fortuna potrebbe esaurirsi da un momento all’altro. La paura di sparire all’improvviso esiste e io mi preparo. Cerco di accettare nella maniera più sana possibile il mio declino inevitabile. Io so da dove vengo e so dove posso tornare".
Parlando dei suoi genitori, ha tratteggiato quello che era la sua quotidianità prima della celebrità:
"Vivevamo in una casa modestissima presa con il mutuo da mio padre. Faceva l’orefice. Con la crisi dell’oro, nel 2001, perse tutto. Il lavoro e anche la sapienza da artigiano, affinata per anni. Si è riciclato come magazziniere. Mia madre invece gestiva l’archivistica di una multinazionale. Scartoffie, documenti, 1.500 euro di stipendio. Buccinasco non è il Bronx, e sa essere molto borghese… Non mi è mai mancato niente e non mi hanno neanche mai sparato a una gamba… Qui da noi, in Italia, nessuno può vantare le biografie dei rapper americani ed è stato triste ascoltare storie familiari di sofferenza che poi abbiamo scoperto essere completamente false".
"Dei detrattori me ne sbatto, quando li vedo in faccia mi fanno tenerezza"
Infine, ha raccontato come affronta le inevitabili critiche sul web:
"Dei detrattori ho imparato a sbattermene le pal*e. Con Internet non riesci a dare fattezze umane ai tuoi interlocutori, poi quando li vedi in faccia capisci che non ne vale la pena, ti fanno tenerezza. I maniaci del web e i giornalisti… Del resto non sono mai stato popolare, neanche da adolescente. Stavo sempre per conto mio. Al primo colpo non sto simpatico, non riesco a farmi voler bene né ad affascinare… Ambizioso lo ero, anche a 15 anni. Magari non c’era l’ambizione di diventare ricco, ma quella di sfogarmi e liberarmi di un’aggressività repressa. Noi siamo una generazione di spiantati. Cresciuti senza radici, senza punti di riferimento".