Emiliano Colasanti: “Dobbiamo pensare oltre l’emergenza: non parliamo solo di musica, ma di lavoro”
Emiliano Colasanti è fondatore della 42 Records (Cosmo, Colepesce, Dimartino, I Cani, Any Other, Massimo Volume), giornalista musicale e uno dei nomi più noti del campo della musica italiana. A proposito delle criticità che il settore sta affrontando a causa del Covid-19, abbiamo chiesto a lui, che conosce bene i vari aspetti del mercato, da quelli live a quelli propri della gestione di un'etichetta, quali sono le criticità e le opportunità a cui questa pandemia ci mette di fronte: "Non conta il peso degli artisti che gestisci, ma quante persone lavorano nella filiera musicale che non si trovano a essere rappresentate e non ha tutele, è quello il discorso".
Non un discorso musicale, ma un discorso più ampio sul lavoro, quindi?
Io vorrei che passasse un discorso generale, credo che sia giusto che lo Stato si occupi di dare tutele a chi non le ha, ma non è una questione di mondo della musica, quanto, più in generale, di mondo del lavoro, non mi va neanche di creare una sorta di privilegio di classe: per me andrebbero tutelati tutti, non è che perché uno lavora nel mondo della Cultura è meglio di uno che lavora nel mondo dei rider. In un momento del genere il lavoro è lavoro e andrebbe riorganizzato.
Però spesso, anche vedendo le ultime polemiche, il mondo della Musica è visto quasi come non lavoro, no?
Sì, per quanto riguarda il lavoro nel mondo della musica e della Cultura, in generale, spesso è proprio difficile far passare il concetto che si tratta di un lavoro, è quello il punto. Perché poi, quando Tiziano Ferro o Cesare Cremonini fanno appelli in tv ti ritrovi gente sui social che parla di privilegio e conto in banca, senza sapere e capire che oltre al nome scritto grosso in cartellone, ci sono altre persone che lavorano affinché quella cosa avvenga. E quelle persone sono accomunabili ad altre figure lavorative. Poi, siccome si parla spesso di lavoratori intermittenti, Ferro e Cremonini sono Ferro e Cremonini, ma quelli che suonano con loro, sul palco, che siano turnisti o musicisti che lavorano con loro dall'inizio, sono comunque lavoratori intermittenti e se questa estate salta il tour di uno grosso, quella persona non paga le bollette.
Il problema, mi pare di capire, è che non c'è una prospettiva?
Ti faccio un esempio, in Inghilterra hanno detto ‘fino al 31 agosto queste cose non si possono fare' e già questo basterebbe, sapere fino a quando non si possono fare le cose. Il che non significa che dall'1 settembre si ricominciano a fare concerti, ma molto semplicemente significa che da qui al 31 agosto il Governo inglese cercherà di capire se esiste un modo sostenibile di fare eventi e organizzerà una ripartenza. Io credo che sia fondamentale far passare il concetto che quando chiediamo delle tutele non lo facciamo per avere un paracadute e stare fermi, noi le chiediamo per ripartire, tutele che servono per non crollare ed essere pronti quando potremo ricominciare.
Quindi le richieste di chiarezza al Governo non sono proprio campate in aria…
Chiedere al Governo una cosa banale come quella chiesta da Cremonini, ovvero se i concerti estivi si possono fare o no, aiuterebbe tantissimo perché vorrebbe aiuterebbe a ricalendarizzare per bene i concerti. A questo, poi, si aggiunge il discorso che riguarda il rimborso dei biglietti, i famosi voucher. Da una parte penso che sia una cosa giusta ma dall'altra ho la sensazione che alla lunga la gente non la prenderà bene questa cosa: adesso si sta cercando di riorganizzare i concerti e non annullarli in modo che i biglietti possano essere validi e non rimborsabili, quando quei concerti, però, rischieranno di essere annullati e i biglietti invece di essere rimborsati finiranno nel discorso voucher la gente vorrà sapere quando si ripartirà, e non so in quanti sono disposti a tenere centinaia di euro fermi in biglietti.
Ti diranno che siamo in emergenza…
Credo che in questo momento si stia ragionando troppo in maniera emergenziale, però l'emergenza era due mesi fa, adesso ci siamo dentro, dobbiamo cominciare a ragionare in prospettiva.
Faccio l'avvocato del diavolo: non potete annullare voi, sapendo che tanto non si possono fare?
Ma io non lo so che non si possono fare, ufficialmente, c'è gente che organizza festival che non sa ufficialmente se possa farlo o meno. È ovvio che nessuno nel mondo della musica preme per fare concerti quando non si possono fare, non è che pensiamo che sia giusto fare concerti adesso, noi vogliamo sapere una data ipotetica, non di quando si ripartirà, ma di quando discuteremo sul ripartire e che ci si dica come si possono fare le cose.
Hai idea di qualcosa che si può fare materialmente per far sì che qualcosa di muova?
Io parlo dal punto di vista di chi gestisce una casa discografica: c'è stato un momento in cui ho spostato tutto in avanti, poi mi sono detto che così non andava bene, perché se per aspettare un'ipotetica ripartenza dei live blocchiamo anche i dischi ci facciamo male da soli. In questo momento dobbiamo far sì che la musica sia presente, perché se l'industria musicale cambierà per via di quello che è successo, dobbiamo farci trovare pronti: fino ad ora l'industria discografica vive una crisi inesorabile da metà anni 90, mentre quella musicale è stata trainata dai live e se i live non possono trainare più è ovvio che dobbiamo inventarci qualcosa. Detto questo, non voglio neanche partecipare alla gazzarra di chi trova prima la nuova idea su come cambierà il mercato musicale, perché mi sa che sta avvenendo una corsa del genere senza guardare troppo alla fattibilità di alcune cose.
Tipo?
Ti faccio un esempio, non per entrare in polemica col discorso Drive-in, però penso che abbiamo tutti notato come durante il lockdown sia migliorata l'aria dei posti in cui viviamo. C'è una battaglia che non è solo quella contro il virus, ma ha a che fare col cambiamento climatico che non sparirà dopo che andrà via il virus, e con quella cosa dobbiamo fare i conti. Che adesso, in un momento di reset, non si pensi a cose che portano in sé il discorso della sostenibilità ambientale è uno sbaglio: rabbrividisco solo all'idea che nel 2020 possiamo andare a vedere un concerto con le macchine, poi magari fa freddo, teniamo i riscaldamenti accesi… insomma, dai, esiste un altro modo. Ho letto anche di altre proposte che prevedono di arrivare ai concerti con le biciclette, ma a quel punto mi chiedo: se ci posso andare in bici, posso andarci anche a piedi, no, quindi posso andare ai concerti come sono sempre andato, solo tenendo conto di quelle che sono le regole di distanziamento sociale che applichiamo nella vita di tutti giorni.
Non a Capannelle, per dire, ma sì in un teatro?
Secondo me si potrebbe fare anche a Capannelle, ma non voglio addentrarmi in discorsi così complessi. Diciamo che questo sarà un momento negativo per i live club e infatti dobbiamo adoperarci affinché non vengano lasciati indietro e si trovi una soluzione. Mi piacerebbe che i live club possano riaprire tenendo conto, ovviamente, delle regole di distanziamento. Quei live club che sono stati piegati dalla circolare Gabrielli e da quello che è successo dopo Corinaldo, costretti a fare dei lavori strutturali i cui costi sono caduti tutti sulle loro spalle e che ora non possono rifare tutto questo da soli. Non possono indebitarsi e in questo lo Stato deve dare un aiuto, perché i grandi eventi sono i grandi eventi, ma la linfa vitale della musica la danno tutti quei posti che propongono una programmazione annuale e fanno sì che la vita culturale di una città resti attiva.
E invece come etichetta dove sono le criticità e dove si possono cercare novità?
Le criticità ci sono perché comunque il live è importante anche per vendere i dischi, non solo per il concerto in sé. Io mi occupo anche molto di esordienti, dar loro la possibilità di pubblicare dischi, ed è difficile fare un piano che non prevede un tour, però ci si adatta, il mondo cambia, si possono fare cose diverse. Non credo negli streaming come alternativa ai live, credo che possano essere un buon veicolo promozionale, ma devono essere presi come palliativo: mi piacerebbe, ad esempio, che quando il lockdown ci permetterà di farlo si punti a migliorare la qualità, sarebbe figo inventarsi contenuti nuovi, giocare, creare podcast. Alla fine, però, credo che la musica è musica e il modo in cui si fruisce è una grande parte del modo in cui l'assimiliamo. Io ho notato che, per quanto ci riguarda, a fronte di un calo dello streaming abbiamo vissuto un aumento della vendita di supporti, in particolare vinili. Probabilmente la gente a casa ha voluto dimostrare il proprio supporto alle etichette comprando direttamente cose così. Allo stesso tempo abbiamo visto anche Bandcamp organizzare delle giornate in cui dava tutto il ricavato delle vendite ad artisti e label, con ottimi risultati.
Saltando di palo in frasca: quando esce il nuovo album de I Cani?
Chi? [ride, ndr]