Dat Boi Dee: “Le mie canzoni per J Lord e Geolier nate dal barbiere”
Il suo soprannome non ha più bisogno di presentazioni: Dat Boi Dee è uno dei nomi più caldi della scena hip hop campana e non solo. Anche grazie al successo di artisti come Geolier, J Lord, ma anche Coco, Lele Blade, Jake La Furia ed Emis Killa, Davide Totaro, il vero nome del produttore napoletano, è presente in alcuni dei progetti più importanti del panorama urban nazionale. Solo qualche settimana fa, il suo nuovo singolo con Baby Gang e J Lord "Hood Love" ha superato le 100mila visualizzazioni su YouTube. Tra un confronto col passato, tra i suoi primi ascolti e l'influenza della città che lo circonda, e il suo futuro prossimo, con alcuni progetti in ballo come il secondo disco di Geolier, Dat Boi Dee parla anche dell'anno migliore per i produttori, il 2021: "Nel 90% dei casi, il disco dei produttori viene visto come la trovata commerciale, il modo in cui mettere assieme più hitmaker e fare più soldi in assoluto con la musica. Nella mia testa c'è l'idea di fare un disco che piaccia a me principalmente". L'intervista a Dat Boi Dee qui.
Com'è nata la produzione di Hood Love con Baby Gang e J Lord?
La produzione di Hood Love è nata dal barbiere. Spesso quando vado lì, lui mi fa ascoltare musica degli anni 70/80, periodo in cui non ero ancora nato. Stavo pensando a un singolo nuovo, ma non mi veniva niente da cui partire. Poi ho sentito il pezzo che ho campionato e da lì è partito tutto: ci siamo lanciati subito in studio con Lord.
Come riesce a influenzarti, non solo musicalmente, il contesto che hai attorno?
Penso sia la mia più grande influenza, anche più di ciò che vivo e ascolto. Tutto ciò che assorbo dalle persone che stanno intorno a me, il contesto in cui mi trovo, diventa energia per me. Per esempio, a Napoli puoi ascoltare qualsiasi cosa, a partire dal neomelodico.
Nelle tue produzioni c'è sempre un richiamo alla golden age USA, un suono che nei 90 ha segnato una generazione. Ha segnato anche te?
Penso sia il tratto specifico del mio suono, anche quando faccio cose più attuali. Da bambino la cosa che mi affascinava di più è che i pezzi suonassero vivi, che non fossero confezionati, di plastica. Non c'è la necessità che qualcosa sia perfetto per funzionare. Credo sia l'elemento che contraddistingue tutta la musica che ascolto e che mi piace.
Cosa ne pensi dell'ondata Drill Uk in Italia e come vedi il movimento europeo nei confronti del mercato americano?
Penso che inevitabilmente, come in passato, gli Uk siano ancora la tendenza. Credo sia solo un processo di rivalutazione della musica europea, rispetto al panorama americano. Non confondiamoci, i riflettori sono ancora lì, anche per la grandezza del mercato musicale. Nessuno ha mai valutato l'importanza di ciò che facevano in Europa e veniva preso dagli artisti americani. Ci sono molti produttori che vengono in Italia a comprare i vinili, campionando la musica melodica, ma anche la classica italiana. Ovviamente adesso le nuove generazioni non si informano più come prima, non si fa più molta ricerca.
In che senso?
Essendo tutto veloce, vediamo ciò che ci è stato messo sotto al naso, non capendo minimamente se quel brano è copiato. Può essere anche palese, evidente.
Come cambia il tuo approccio in studio con artisti come Geolier e J Lord, due artisti con cui stai condividendo un percorso di crescita?
La metodologia è sempre totalmente diversa, anche in base alla personalità dell'artista e della musica che stiamo andando a fare. La difficoltà più grande è comunicare la tua idea a una persona che non sta nella tua testa, ma col tempo si raggiunge quell'affinità che ti permette di comunicare rapidamente. Con Emanuele (Geolier ndr) la cosa è molto più palese, mentre con Lord il progetto è ancora nelle prime fasi.
Il 2021 è l'anno dei dischi dei produttori: Mace, 2nd Roof, Don Joe su tutti. Cosa ne pensi, ma soprattutto hai in mente di proporre un tuo progetto?
Nel 90% dei casi, il disco dei produttori viene visto come la trovata commerciale, il modo in cui mettere assieme più hitmaker e fare più soldi in assoluto con la musica. L'unico disco da produttore che mi è piaciuto e l'ho sentito come una vera proposta da parte di un produttore è stato quello di Shablo "The Second Feeling". Nella mia testa c'è l'idea di fare un disco che piaccia a me principalmente, ma non è in programma in questo momento. Ci sarebbe bisogno di avere un anno di tempo per concentrarmi su questo disco, e adesso non lo posso fare per la mole di lavoro che ho in questo momento.