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Concerto al Vulcano Buono: se Francesco De Gregori diventa un cantante da supermercato

È giusto che uno dei più grandi cantautori della nostra Storia debba esibirsi nei centri commerciali? Là, dove, vediamo svernare vecchie glorie, giovani usciti dai talent e artisti senza l’identità di uno dei maggiori cantori del Paese?
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‘Tu da che parte stai? Stai dalla parte di chi ruba nei supermercati? O di chi li ha costruiti, rubando?'. E da che parte sta Francesco De Gregori, che questa strofa l'ha scritta. Era il 1992 e l'Italia era un Paese che usciva dall'era Craxi per entrare in quella di Tangentopoli, degli attentati di Mafia contro Falcone e Borsellino e avrebbe visto, da lì a poco, il ventennio berlusconiano. In quel contesto nacque ‘Canzoni d'amore', che conteneva un serio attacco a Craxi e che, ovviamente, non poteva fare a meno di guardarsi attorno, come sempre aveva fatto De Gregori, cantautore noto per le sue ballad, certo, ma anche per i suoi testi impegnati, talvolta controversi, non esenti da critiche, ma comunque parte di una poetica che lo ha reso una delle coscienze musicali del Paese, anche grazie a pezzi come ‘La donna cannone', ‘Rimmel', ‘Generale', ‘La leva calcistica della classe '68', ‘Alice' e tante altre.

‘Tu da che parte stai? Stai dalla parte di chi ruba nei supermercati? O di chi li ha costruiti, rubando?' si chiedeva De Gregori in ‘Chi ruba nei supermercati', in un pezzo in cui parlava di ‘guardarsi alle spalle', ‘anche in uno specchio'

Così vediamo dove stiamo e dove stiamo andando, così impariamo ad imparare e a sbagliare sbagliando.

E oggi da che parte starebbe questa colonna della musica italiana? Oggi che arriva al Vulcano Buono di Nola, da che parte sta? Tra l'angolo macelleria e quello tempo libero? I tempi sono cambiati, così come le location per i concerti e soprattutto i soldi. Oggi è sempre più facile vedere festival organizzati da quelli che Augè, anni fa, chiamava non-luoghi (dando il la a una discussione sull'identità di quei luoghi che non si è ancora fermata, anzi): outlet, centri commerciali etc. Festival che vedono in cartellone nomi importanti, che spesso puntano sulla gratuità, facendosi forti del pubblico enorme che gira per i negozi, oltre allo zoccolo duro degli aficionados dell'autore.

E così non è difficile vedere anche uno come De Gregori puntare a quelle venue, consigliato, probabilmente, da chi sa che i soldi sono quelli che sono e che – chissà – forse abbraccerebbe un pubblico più ampio. Ma è giusto che un personaggio come lui, una delle colonne della musica italiana, sia costretto ad abbandonare teatri e palazzetti per stare là dove spesso vediamo vecchie glorie dei talent, vecchie glorie e basta, firmacopie del giovane di cui ci dimenticheremo il nome fra qualche anno? Se non lo Stadio (quanti sono gli artisti italiani che riempiono gli stadi, in Italia oggi? Si contano sulle dita di una mano), perché non dei luoghi a lui più idonei? Più idonei alla sua musica, all'intimità che gli è propria, al pubblico che vuole andare ad ascoltare un artista che nonostante il percorso lungo ha ancora qualcosa da dire?

Insomma, ce lo vedete Bob Dylan in concerto da Wal-Mart?

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