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Con Persona Marracash è ancora il King del rap: “Metti sempre una maschera, anche se parli di te”

Si chiama Persona il nuovo disco di Marracash, uscito a quattro anni dal suo ultimo album solista, “Status”. Il rapper milanese, infatti, ha pubblicato un album che lo conferma come uno dei migliori esponenti della scena: “Per quanto tu possa parlare liberamente di te stesso, metterti in gioco e scrivere cose personali, quando crei qualcosa del genere è sempre un simulacro”
A cura di Francesco Raiola
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Venir meno alle attese è un rischio altissimo per chi da anni non pubblica un album solista e negli anni, come la profezia che si autoavvera, ha confermato di essere uno dei king della scena musicale italiana. Marracash lo sa bene, ma con "Persona" ha praticamente corso il rischio, vincendo. L'ultimo album del rapper è senza dubbio una delle cose migliori viste in questi ultimi anni. Un concept album su Marra e Fabio – vero nome del rapper – che come novello Frankenstein usa le parti del suo corpo come attributi di ogni singola canzone, ripercorrendo strade battute nel rap mondiale. Un album che spazia nei suoni (provate ad ascoltare "Greta Thunberg" con Cosmo, ma anche la produzione di "Non sono Marra" con Mahmood o il synth twinpeaksiano di "Madame") ma che non insegue la moda per forza, che gioca con gli stilemi contemporanei ma ha un impostazione che nasce dall'old school, divertendosi a usare tantissimi rimandi.

Marra costruisce un racconto lungo (in tutto sono 15 pezzi di tre minuti e mezzo di media), in cui conferma la sua capacità di scrittura, ma fa anche incetta di riferimenti esterni attorno a cui cuce le sue barre, da Ambra a Frankie Hi-Nrg ma anche Umberto Tozzi e I Corvi. A questo si aggiungono collaborazioni che in un mondo in cui queste servono soprattutto a fare ascolti in streaming sembrano incastrarsi perfettamente nel concept. Avere Sfera è sicuramente un modo per allargare la platea e anche fare views, ovviamente, ma chi meglio del rapper di Cinisello poteva duettare nella canzone dell'ego? E chi, meglio di Mahmood, poteva farlo in quello sulla pelle? Lo scheletro non poteva che essere Guè, mentre per la forza è stato scelto Luchè, Madame è l'anima mentre Massimo Pericolo è il sangue e Cosmo lo stomaco (e ascoltando il pezzo si capisce perché). "Vieni di persona, veni vis-à-vis, chiedi di Persona, che è il nuovo CD. Dopo che lo ascolti dici: ‘Holy shit, come fa a costare come gli altri, che c'ha solo hit?'" canta nel pezzo che apre l'album e, insomma, Persona è un album moderno, la sorpresa di chi è pronto a trovare anche lati deboli e invece si ritrova davanti la solidità di Marra.

Persona è pensato come un concept, come nasce l'idea? 

Il concept è l'unica cosa che ho da tempo, avevo l'idea di fare un disco un po' più personale non tanto nei contenuti, perché ho sempre fatto dei pezzi personali e non c'è tutto questo stacco tra Fabio e Marracash, per cui è sempre stata la mia cifra stilistica, ma nella forma. Ho diviso il disco negli organi, come a creare una sorta di Frankenstein, una sorta di simulacro di me stesso, un avatar, che tra l'altro doveva essere il titolo del disco.

E a Persona come sei arrivato?

Quando ho cominciato a scrivere i pezzi ho capito che non sarei mai stato veramente io, perché per quanto tu possa parlare liberamente di te stesso, metterti in gioco e scrivere cose personali, quando crei qualcosa del genere è sempre un simulacro e da lì è venuto fuori il titolo, che in inglese indica proprio il personaggio. Mi piace sia in italiano che in inglese, ha questo significato di maschera, personaggio che poi alla fine è quello che fai quando crei un disco.

Marracash, l'intellettuale del rap. Si sente spesso il tuo nome declinato in questa accezione. Preferisci questa o la parte più hardcore?

Io non voglio essere un cliché, non voglio essere né il tamarro di periferia né l'intellettuale, cerco di essere me stesso il più possibile. In questo disco l'ho fatto ancora di più perché ho cercato di svincolarmi dal Marra scrittore che deve a tutti i costi dimostrare qualcosa e ho cercato di scrivere in funzione delle canzoni, per cui ci sono dei pezzi, secondo me, anche molto più semplici dei miei standard, però comunicativi. L'idea, qui, non era "Dimostro a tutti come cazzo spacco con le rime, che metriche complesse ho, quanto testo ci infilo dentro", ma "Mostro a tutti di saper fare delle canzoni che funzionano".

Il pezzo con Cosmo mi ha spiazzato, ma l'album ha una sua compattezza, pur variando nei vari organi. Come hai lavorato al suono?

Era molto importante avere un sound che fosse mio, quindi è forse la cosa su cui ho lavorato di più, motivo per cui ci ho anche messo tanto, avevo delle cose prima di questi fatidici tre mesi iniziati a luglio: avevo idee, bozze, dei pezzi che mi risultavano impersonali. Avevo fatto un lavoro classico, raccogliere i beat da tutti i produttori e cercare quelli che più si avvicinavano alla mia visione. Nel momento in cui però ho trovato il produttore che ha fatto gran parte del disco sono riuscito a dare un sound unico che per quanto diversificato nei 15 pezzi ha, secondo me, una matrice solida e abbastanza monumentale, ha un sound coeso pur spaziando.

Impossibile non notare la quantità infinita di riferimenti, da Ambra a Tozzi, Frankie HI-NRG e I Corvi…

Tutto il disco è un frullato dei miei riferimenti, dentro ci sono delle idee che avevo da dieci anni. Per esempio penso a I Corvi ("Ragazzo di strada"), ho sempre voluto campionare quel pezzo, mi è sempre piaciuto, uno dei pochi pezzi rock italiani con un testo che può rappresentare uno come me. Ci sono un sacco di cose, "Appartengo" viene da quando ero piccolo, ci sono una serie di riferimenti, un brano ispirato a Twin Peaks, tutta una serie di cose che mi porto dietro da molto, anche la costruzione dei beat viene da input che alla fine ho cercato il più possibile di dare io e questo rende il disco unico.

I featuring sono un classico, eppure questi si incastrano proprio con il concept (Sfera nell'ego, Mahmood nella pelle). Parlami delle scelte.

In questo caso ho cercato veramente di chiamare persone più adatte al pezzo che dovevo fare, tutti gli artisti sono stati iscritti nel concept e non liberi di scrivere quello che volevano, tutto è stato fatto in funzione di creare delle canzoni che avessero senso e ho usato spesso le voci degli ospiti come strumenti musicali.

C'è qualcuno che non è rientrato nel progetto?

Ci sono ospiti che avrei voluto chiamare ma non c'era la canzone adatta, penso a Fabri Fibra che avrei voluto con me, ma un pezzo potenziale in cui avrei potuto farlo alla fine l'ho fatto da solo, mi serviva di meno, ho veramente ragionato in termini di ciò che serviva ed era buono per il disco.

L'attesa era tanta, sei uno con anni di esperienza ormai, ma quanto sentivi la pressione addosso?

C'è un hype clamoroso e ovviamente mi fa super piacere, ho un po' paura ma sono molto sicuro del disco per quanto mi riguarda, potrebbe essere il mio disco più bello. Però quando l'hype è così grosso è sistematico che qualcuno resti deluso per cui da una parte mi fa piacere, ma da un'altra mi spaventa.

Nell'album ci sono anche giovani che hanno avuto te come riferimento. Ti senti un fratello maggiore della scena?

Sono stato un mentore per molti artisti che adesso hanno la loro strada, penso a Sfera Ebbasta, Achille Lauro, penso a Massimo Pericolo – in realtà non così tanto – però mi capita di ricoprire questo ruolo un po' perché sono una persona espansiva che non ha problemi a parlare di se stesso, quindi è facile essere a proprio agio con me ed è facile per loro cercare delle risposte da me. Al di là dell'essere un veterano, mi fa piacere anche umanamente aver stretto rapporti sinceri con molti artisti.

E da qualche mese sei anche parte del gossip. Ci hai fatto l'abitudine?

Il gossip fa un po' strano, ma fa anche simpatia, mi fa sorridere e se posso dirti, meglio questo genere di gossip che è comunque autentico, piuttosto che farsi fotografare accarezzando cagnolini o cercando il dissing forzato con altri, è una cosa naturale come tutte le cose che mi riguardano.

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