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Coez torna con “Volare”: “Ho mollato l’attitudine indie per ritornare hip-hop”

A due anni dall’incredibile successo di “È sempre bello”, Coez è ritornato con un nuovo album “Volare”. La novità? L’addio all’indie e la sua ripresa urban.
A cura di Vincenzo Nasto
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Il prossimo 3 dicembre, a due anni da "È sempre bello", Coez ritorna in una nuova veste con "Volare". Alla produzione, dopo l'idillio con Niccolò Contessa che ha dato vita al suo successo mainstream, questa volta ci sarà Sine, un ritorno al passato urban dell'artista romano. Un'identità diversa, molto più vicina al passato hip hop che all'universo indie, con le collaborazioni nel disco di artisti come Gemitaiz, Massimo Pericolo, Salmo, ma anche Neffa, Gué e la sua formazione: i Brokenspeakers. Un salto all'indietro che ha posto di nuovo Coez sulla graticola, fuori dalla sua zona di comfort, al punto di aver anche omaggiato un grande della musica leggera come Rino Gaetano e la sua "Mio fratello è figlio unico". Un mondo urban, in cui le melodie del cantante romano arrivano dirette, e in cui il rapporto altalenante tra l'amore e il dolore, ma soprattutto quello tra il presente e il passato diventa il punto cardine della sua narrazione. Anticipato dall'uscita di "Wu-tang" e "Flow easy", ma soprattutto da "Volare Freestyle", il prossimo progetto di Coez promette di stupire, lasciandosi dietro un pezzo del suo passato.

Da quale singolo o concetto è partito questo disco e che legame, musicale o in parte personale, con “È sempre bello?

Il concept è sul titolo dell'album, "Volare", pensato con il produttore storico Sine. Il nostro ultimo progetto è stato un Ep dal titolo "Senza mani", che chiudeva anche un percorso mio legato al rap. Poi ho fatto il primo disco con Senigallia, con molti autori che hanno arricchito il mio studio della canzone. L'idea del titolo mi è venuta mentre scrivevo: l'ultimo pezzo di "È sempre bello" si chiama "Aeroplani" e si sente la coda di un aereo in partenza. E per questo mi è venuto in mente "Volare". Sono due dischi che vedo totalmente opposti, ma collegati tra loro. In questo disco qua ho mollato l'attitudine "indie" di cui sono stato uno degli artisti più rappresentativi. La differenza sta nel non aver lavorato con Niccolò Contessa, con cui identifico tutta la generazione indie. Con Sine siamo andati più in America per il suono.

Che legame c’è con la musica di Rino Gaetano, campionato nel brano “Fra le nuvole” con “Mio fratello è figlio unico”, ma anche citato in “Flow Easy”?

È uno dei cantautori che ho sentito di più. C'è stato un momento in cui mi sono ispirato a lui in un pezzo che è "E invece no", non tanto per le liriche, ma proprio alla linea melodica. Non era una delle voci migliori del Bel Canto Italiano, anzi aveva questo modo di arrivare alla fine delle strofe quasi strozzando. A me è sempre piaciuta questa cosa, perché usciva dalla zona di comfort ed era più empatico. In "Fra le nuvole" ho cercato di ricreare quello.

Dopo Agg perz o suonn, rinnovi la tua collaborazione con Neffa in Cerchi con il fumo. E un cerchio che si chiude o prospetti di lavorare ancora con Neffa?

Ci siamo già detti di voler lavorare di nuovo insieme, è una cosa che mi è capitata per esempio con Gemitaiz. Siamo entrambi parte del percorso dell'altro e riusciamo a cogliere tutte le sfumature. Con Neffa è la stessa cosa: lui mi mandò il disco prima che uscisse, anche se prima di "Agg perz o suonno" non è che mi conosceva così tanto. Poi ci siamo avvicinati a entrambi i progetti, uno scambio in cui sentivamo a vicenda cosa stavamo facendo: ho conosciuto una persona che stimo tantissimo e che amo come cantante. Spero che collaboreremo assieme ancora.

Sempre nell’ottica di Neffa, quanto credi sia riproducibile un fenomeno come i SilkSonic di Bruno Mars e Anderson .Paak in Italia?

Sarebbe fighissimo. Ti dico, credo che tutti e due ci abbiamo pensato, poi abbiamo comunque carriere abbastanza diverse. Sarebbe una bella cosa da prendere in considerazione. Queste robe qua devono venire in modo organico, ma sono sicuro che ci abbiamo pensato entrambi. Non so se sia il caso di farne un progetto vero e proprio, ma per me sarebbe già un ottimo punto di partenza una lista di singoli da pubblicare.

Com’è avvenuta la riunione dei Brokenspeakers sulla traccia, dopo lo scioglimento del 2013. Quanto significa per te questo tributo?

È avvenuto in maniera naturale. Tutto è partito durante il lockdown, mi sentivo spesso con il chitarrista di Salmo, quando mi mandò quel giro di chitarra mi venne subito da scrivere il ritornello. Non avevo ancora registrato nulla, ma pensai: "Questo è un brano da Broken". Franz e Nicco non scrivono più, uno vive a Londra e l'altro è uno dei migliori videomaker italiani e si sta lanciando nel mondo del cinema da regista. Prima di contattarli, ho scritto le loro strofe che sono citazioni a cose che hanno scritto nel passato, con questa traccia che rappresenta un mega revival. Non molti conoscono il mio passato hip hop e ho voluto omaggiarlo, ma è un sentimento che è diventato il filo comune di tutto l'album. Una citazione di generi che ascoltavo.

Mi ha incuriosito anche la scelta di suonare, prima dell’inizio del tour, nei club piccoli di tutta Italia. Qual è il motivo principale, questa riconnessione quasi fisica col pubblico?

C'era un bisogno incredibile di riprendere contatto con il pubblico nei luoghi più piccoli, di sentirlo, rispetto alla situazione dei palazzetti. Poi c'è anche la situazione del mio entourage, della mia band e della crisi economica degli ultimi due anni. La mia band prende lo stesso cachet, sia nel club che nel palazzetto. Quindi invece di ridurre il tutto a sole 12 date, va da sé che tutti abbiamo voglia di tornare a suonare e quindi faremo molte più date anche nei club.

Cosa ne pensi dell'evoluzione della scena indie e della dissolvenza della scena trap?

Sono tanti i sottogeneri che negli anni sono nati, hanno avuto una propria vita e poi si sono dissolti. Comunque gli artisti che rimangono sono quelli che riescono a proseguire il loro percorso, anche cavalcando le sonorità del momento, senza perdere però la propria identità. Per come è andato a finire l'indie, un po' me l'aspettavo: nel senso che alcune volte si cerca di categorizzare una bella canzone, che però rimane tale. La ripetizione dello stesso schema potrebbe però scocciare anche lì. Il problema non sono tanto i generi, che non stancano, ma gli artisti che ne abusano.

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