“Chi conosci davvero”, i Perturbazione ci spiegano cosa unisce una canzone e un graphic novel
Sono una band, ma sono soprattutto un gruppo di amici del liceo che vive la propria adolescenza con la musica in testa e un sogno per il futuro. Poi, come spesso capita, crescendo ci si perde di vista, alcuni vanno via, altri restano, qualcuno continua a frequentarsi altri scappano via, lontano. E quando si scappa a volte si torna con il pensiero a quelle persone immaginando cosa e chi siano diventati, assecondando i nostri schemi mentali fermi a tanti anni prima. Quando i fatti della vita portano a incontrarsi, però, facciamo i conti con al realtà. È questa, grosso modo – molto grosso modo – la trama di "Chi conosci davvero", il primo graphic novel scritto dai Perturbazione, una delle band più importanti della musica italiana di questi ultimi decenni, disegnato da Davide Aurilia e pubblicato da Bao Publishing, uno degli editori di riferimento del fumetto – e non solo – italiano. Abbiamo parlato con Aurilia e con Tommaso Cerasuolo, leader della band
Come nasce il progetto e il vostro incontro
Tommaso: È successo che abbiamo scoperto, cinque anni fa, attraverso una mail che ci ha scritto Caterina Marietti (fondatrice e Ceo di Bao Publishing, ndr) in cui oltre a dirci che ascoltavano le nostre canzoni da tanti anni e che gli piacevamo, ci diceva che avrebbe voluto fare una cosa assieme. Per noi è stata una cosa bellissima, perché butti sassi nello stagno continuamente e a volte tornano onde e capisci che i miracoli sono possibili.
Col tempo si raccoglie quello che si è seminato…
Ci ha fatto piacere quella cosa lì: io ho molta passione per il mondo dei fumetti, disegno e ho lavorato parecchio con l'illustrazione, ma in generale è un mondo che ho sempre frequentato da lettore. Ho parlato con Rossano e ci siamo detti che ci avrebbe fatto piacere, così abbiamo buttato giù delle idee di sceneggiatura. Non c'è mai stata l'idea di provare a disegnarlo noi, ovviamente, anche da parte di Bao c'è stata l'idea di farci incontrare con una matita e vedere cosa poteva nascere. Abbiamo provato a buttare giù un paio di soggetti, abbiamo visto che il primo non funzionava e ci è venuto in mente di raccontare un gruppo di amici, sulla falsariga dei Perturbazione, nato in un Liceo di provincia, ma soprattutto cosa succede dopo che sono trascorsi una decina di anni, cosa è successo al gruppo. All'epoca avevamo snobbato questa cosa, un po' impauriti, invece abbiamo scoperto che tante di quelle persone erano cambiate, alcune erano rimaste in questo territorio, qualcosa di inaspettato era successo in ciascuna delle loro vite, sia a livello emotivo, che professionale. Le strade che ti eri tracciato nella testa, rispetto a chi farà un certo tipo di strada, per esempio, erano sbagliate e tutto è stato sorprendente. Da lì è nata l'idea. Abbiamo buttato giù il soggetto e abbiamo pensato a chi potesse disegnarlo.
E lì entri in gioco tu, Davide…
Davide: Era la fine del 2017, ero in redazione da Bao, ci stavamo organizzando per una fiera a cui dovevo partecipare per presentare il mio libro precedente e Michele Foschini (cofondatore e direttore editoriale della BAO Publishing, ndr) mi dice che voleva propormi una cosa, spiegandomi di questo progetto coi Perturbazione. Si stava aspettando una versione definitiva del testo, ma io ho detto sì, era un sì sulla fiducia, sapevo che era un'opportunità che non potevo farmi scappare. C'è stato un processo in cui ho cominciato a leggere una prima bozza del progetto, poi ci siamo incontrati nella primavera del 2018 per fare il libro.
E come avete realizzato alla resa grafica?
T: A me piaceva molto Davide, siamo stati un po' noi a suggerirlo a Bao: eravamo andati a vedere chi aveva lavorato con loro e le sue illustrazioni, scorrendo anche il profilo Instagram, mi avevano colpito sia per il segno e la tenerezza che per la capacità di raccontare un piccolo mondo, una stanza, una vita attraverso un ambiente domestico, c'era una recitazione minimale ma molto chiara. Proprio perché ci piace il suo segno, ci piaceva l'idea di una sceneggiatura in cui i dialoghi fossero molto chiari, i personaggi delineati nei loro caratteri e gli ambienti descritti, però senza entrare nell'idea della regia, dei campi, della griglia etc. Quello che in ciascuna pagina ci doveva stare c'era scritto, però la regia ci piaceva che fosse nelle mani di Davide. La cosa più emozionante è stato vedere nascere gli storyboard, guardando quello che avevi immaginato ma con un punto di vista in più, anche perché tante cose che hai scritto si svelano di più attraverso il segno, anche in aspetti nuovi.
Davide, come nasce questo punto di vista?
D: Innanzitutto dalla lettura del soggetto, del testo. Prima di fare anche solo dei bozzetti leggo più volte il testo e dopo che ho iniziato a immaginarmi questi personaggi – di cui c'era la descrizione, anche dei caratteri -, le ambientazioni, inizio a immaginare come sono esteticamente e allo stesso tempo comincio a muoverli. Diciamo che a un certo punto vengono anche da sé: quando comincio a disegnare lo storyboard, da cui parte tutto, anche se i disegni sono molto abbozzati, i personaggi vengono fuori anche meglio che mettendosi sul foglio bianco a disegnarli, perché li stai già facendo recitare, sono all'interno della scena e dialogano con gli altri. Leggendo questa storia, in cui mi ci sono rivisto – i personaggi, nel periodo presente, hanno anche la mia età -, ho provato a immaginarmi in mezzo a loro che dialogavano, e li ascoltavo, capivo se ci fosse bisogno di mettere una pausa tra una battuta e l'altra, pensavo le inquadrature, le immagini, le espressioni dei personaggi, le posizioni in cui si trovano all'interno della scena.
E per quanto riguarda i particolari, tipo i poster degli album che vediamo in giro, sono cose a cui avevate pensato già tu e Rossano?
T: Quelle sono state cose belle da completare mano mano, a un certo punto Davide mi ha detto che nella stanza di Ilaria, una delle protagoniste, a cui piace disegnare, dovevano esserci delle cose, quindi ci abbiamo messo Chagall, i poster di American Beauty etc. Alcune cose le avevamo scritte, ma altre ci siamo divertiti a completarle su richiesta di Davide che ci faceva notare che, per esempio, alcuni muri erano spogli e potevano essere riempiti. Abbiamo pensato che fosse necessario che alcune cose fossero identitarie, ovviamente ci abbiamo messo alcune delle nostre passioni, facendo in modo che non fosse solo un vezzo, ma immaginando cosa ascoltasse quel determinato personaggio.
C'è anche una differenza di colori e toni tra il presente e passato, come mai?
T: Con Davide ci siamo detti che il presente doveva nascere in autunno e che ci fosse tutto il tempo per arrivare alla primavera e a determinati colori. Ci dava modo di immaginare un presente molto poco saturo, prevalentemente autunnale, mentre quando c'erano i flashback ci piaceva che lì si andasse per saturazione. Mi piace il modo in cui lavora Davide nell'uso del colore, dell'acquerello, che spesso è specchio dell'anima dei personaggi.
Quando scrivete che il graphic novel è dei Perturbazione cosa intendete?
Siamo prevalentemente io e Rossano, proprio perché lavorando sui testi eravamo quelli che avevano più voglia di giocare con questa cosa, spostandoci dalla canzone al fumetto, quindi lavorando con attenzione a quello che può essere un linguaggio più colloquiale, quotidiano, cosa che la canzone consente di meno; è difficile che si trovi un dialogo. Mi viene in mente un pezzo dei Nada Surf, "Paper Boats" in cui c'è un dialogo, ma in generale è difficile metterli. Qui nel fumetto, invece, sono quasi sempre dialoghi, ma abbiamo visto subito che in comune con la canzone c'era l'essenzialità: non hai tanto spazio, quindi i testi devono essere asciutti e devi riuscire a trovare un punto di incontro tra questo sentimento universale in cui tutti possono riconoscersi ma devi farlo attraverso dei dettagli e quei piccoli particolari li trovi studiando personaggio per personaggio.
C'è molto Perturbazione in questa storia, la malinconia, il crescere etc, Davide, tu li conoscevi?
D: I Perturbazione li ho scoperti nel 2010 quando studiavo alla scuola del fumetto di Milano e stavo provando a fare qualcosa di animazione – cosa che ho lasciato perdere -: cercavo videoclip, animazioni brevi su Youtube e sono incappato nel videoclip di "Agosto", li ho conosciuti così. In generale seguo poche band, poca musica italiana e neanche tanto bene, non sono un cultore, però ci sarà sicuramente occasione di conoscerli meglio, soprattutto dal vivo, perché proveremo a fare qualcosa insieme.
"Ma dimmi chi conosci davvero ma dimmi, ne sei proprio sicuro? Di chi ti fidi, lo hai raccontato a qualcuno? O non lo sa nessuno?” è un buon riassunto della storia che avete scritto.
Il titolo lo abbiamo trovato quasi alla fine, quando ci siamo detti che in fondo la canzone è proprio il centro emotivo della storia, infatti dice: "Attento che sei bravissimo a mettere delle maschere addosso agli altri, ma nel momento in cui ti rendi conto che anche loro fanno questa cosa con te ti piace di meno". È un po' pirandelliana. Sei il primo che quando se la toglie non sa esattamente chi sta trovando lì sotto.