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Carl Brave, da Polaroid a Notti Brave con tanti ospiti: “Le mie canzone scritte girando per Roma”

Carl Brave ha pubblicato il suo primo album da solista, “Notti brave”, un lavoro che portando con sé molto di “Polaroid”, scritto con Franco126, si arricchisce di nuovi strumenti, una scrittura diversa e tante collaborazioni, da Fibra alla Michielin, passando per Frah Quintale, Coez e Gemitaiz.
A cura di Francesco Raiola
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Carl Brave (ph Alessandro Treves)
Carl Brave (ph Alessandro Treves)

Con Polaroid, Carl Brave, assieme a Franco 126 è diventato uno dei nomi caldi della musica italiana, mescolando sonorità rap e trap al cantautorato, con una forte impronta romana e malinconica. Oggi, Carlo Luigi Coraggio, vero nome del produttore romano, ha pubblicato il suo primo album solista "Notti brave" (sempre per Bomba Dischi) che ripercorre i passi fatti con l'album a due, continuando il mood malinconico, il gioco delle onomatopee, l'incastro dei fiati, aggiungendo strumentazioni nuove, una modalità diversa di scrittura e una serie di collaborazioni (tra gli altri: Fabri Fibra, Francesca Michielin, Coez, Franco126, Emis Killa, Gemitaiz, Giorgio Poi, Pretty Solero e Frah Quintale) che sono cartina di tornasole della crescita artistica di questi ultimi anni.

Carlo, come e quando nascono le nuove canzoni? Come hai scelto quelle da giocarti per il progetto solista?

Innanzitutto questo non è esattamente un disco da solista, ho cercato di metterci dentro più gente possibile con provenienza varia, ci sono Fabri Fibra e Frah Quintale ma anche indie, rap, trap, e l'ho fatto soprattutto come sfida da produttore, per vedere con quanti altri generi potevo mischiare il mio. Questo è un disco pensato molto da produttore, ho iniziato a produrlo negli spazi vuoti di "Polaroid". Ho fatto queste strumentali un po' per gioco, se vuoi: una delle mia peculiarità è il bisogno di uscire con i pezzi, di spiegarmi con la musica e ho deciso di fare una cosa un po' diversa rispetto all'album con Franco, ho messo dentro nuovi strumenti, infatti se ci fai caso "Polaroid" ha uno schema preciso, con strumenti acustici e qua ad esempio ho messo piano e tastiere che in Polaroid non puoi sentire mai, poi anche synth, mescolando un po' di elettronica.

Ascoltando l'album e guardando al progetto ho notato che mentre Polaroid nasceva dall'esigenza di unire e raccogliere i singoli, questa volta hai fatto il contrario, come mai?

È stata una scelta nata per motivi tecnici: io volevo fare featuring con tanti artisti che mi piacciono e ho dovuto seguire anche il loro flusso, i loro tour e le loro cose da fare, quindi ho aspettato molto, mentre le basi sono state fatte prima e le avrei fatte uscire subito se avessi avuto già le strofe dei ragazzi.

Quindi nessuna scelta di concetto, ma di opportunità…

Sì, sì, esatto.

È un album molto vario, ha tante collaborazioni, come hai detto, ma è uniforme nel mood molto notturno e nelle atmosfere che ti appartenevano anche in Polaroid…

Vero, chiaramente quelle cose rimangono, io sono uno molto nostalgico nella musica, con un pizzico di tristezza però. Ho cambiato qualcosa nel feat. con Frah Quintale, ad esempio, ho cercato di fare qualcosa più minimale: mentre le altre sono molto piene di suoni, che è un po' l'evoluzione del mio stile di produzione, con Frah Quintale ho fatto il contrario, ho tenuto molti pochi suoni, di roba molto minimale e ho trovato l'allegria.

A me piacque molto, in Polaroid, l'uso dei fiati, che è una costante che hai voluto mantenere anche qui, mi pare.

Ma quelli sono fondamentali, io provando i fiati in Polaroid mi sono innamorato, ho lavorato tantissimo sulle melodie dei fiati.

Franco mi diceva che li suonava il padre di uno della Crew

Allora, il sax li suona Adalberto Baldini, il padre di Ketama126, poi abbiamo un nuovo trombettista che fa il resto.

Guarda, anche questa volta mi ha colpito l'uso delle onomatopee, anche per quanto riguarda proprio la struttura dei testi. Lo chiesi a Franco, lo chiedo anche a te, nascono volontariamente, per metrica o di getto?

È una cosa che viene da sé, io sono molto istintivo, questi testi, se vai a vedere, sono diversi dai precedenti, mi sono soffermato molto sulle melodie, ho cercato di fare uno step in più per quanto riguarda quello. Poi sono tutti testi scritti di notte, girando per Roma o in studio e no, quelle onomatopee non sono cercate, sono tutte fatte di istinto, a getto.

Le collaborazioni danno anche un'idea di come è cambiata la tua vita artistica, e volevo sapere girandoti indietro cosa vedi e come analizzi questa crescita.

Beh, diciamo che Polaroid ci ha dato questa grande spinta nel sociale, abbiamo avuto la possibilità di conoscere anche gente che ascoltavamo da sempre, penso a Fibra, per esempio, ma anche di girare e incontrare tante persone, ci siamo allargati molto e questo ci ha aiutato in questi feat. Molti ci hanno chiamato per farci i complimenti, magari, o altri, come Coez sono arrivati diversamente, e "Barceloneta", per esempio, ci ha spinto molto. È cambiato tutto proprio.

Però ti porti sempre appresso la crew, anche in quest'album.

Certo, certo, non si dimenticano le radici, le origini, poi se fossero usciti loro prima avrebbero fatto lo stesso, siamo molto uniti.

A chi hai fatto ascoltare i pezzi prima di tutti.

Ai miei genitori che sono super fan e mi hanno sempre aiutato e poi a un amico. Guarda sono uno molto geloso dei miei pezzi, ho questo difetto, non voglio farli ascoltare a nessuno poi a un certo punto devo farli ascoltare, ai ragazzi di Bomba ad esempio. Li tengo per me per un paio di mesi e poi quando mi convinco sono obbligato…

Senti ma hai un po' d'ansia dopo il casino scatenato con Polaroid?

No, non soffro l'aspettativa, perché per me è bello e sono sicuro di quello che ho fatto, sono contento, comunque andrà, perché ci ho messo il cuore.

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