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C’è troppo Baglioni nel Sanremo di Baglioni?

A Sanremo da record di Baglioni si contesta la sovraesposizione del “dittatore artistico”, colpevole di essere eccessivamente presente, trasformando il Festival in una succursale di un suo concerto. Ma cos’altro avrebbe dovuto fare Baglioni a Sanremo se non questo?
A cura di Andrea Parrella
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Non esiste, mai è esistito e mai esisterà un Sanremo senza critiche. Il giorno in cui i pianeti si allineeranno e questa cosa accadrà, il Festival non avrà più senso d'esistere, o forse si sarà già estinto. A dispetto di numeri da record, anche questo Festival ha le sue vulnerabilità. La più accreditata delle contestazioni rivolte a questa edizione targata Claudio Baglioni, è proprio Claudio Baglioni. In pratica, dopo le prime tre serate della manifestazione, emergerebbe come inopportuna la presenza ingombrante del dittattore artistico di questo Sanremo, che avrebbe pervaso il Festival prevaricando sulla gara, mettendola in secondo piano.

Tocca fare uno sforzo di autodistrazione per non accorgersi di quanto questo rimprovero sia privo di consistenza. Non si capisce, infatti, cos'altro avrebbe dovuto fare Baglioni una volta chiamato a dirigere il Festival, se non metterci la faccia e il suo marchio, quello del cantautore di musica popolare più noto d'Italia attualmente in vita.

I ruoli dei tre conduttori

D'altronde i ruoli di questo Sanremo sono precisi. Michelle Hunziker è la vera conduttrice, senza se e senza ma. Si sobbarca il peso dell'andamento della manifestazione, che senza un metronomo a dettare i tempi probabilmente si arenerebbe su alcune gag e giochi di parole non sempre felici del direttore artistico. Può non piacere lo stile, è chiaro, e la Hunziker tradisce spesso una poca naturalezza nell'affrontare momenti di circostanza, ma ha anche accettato di fare da parafulmine. Come nella prima serata, quando si è più volte servita del marito Tomaso Trussardi, presente in sala, per riempire qualche buco e scaldare la platea. A Pierfrancesco Favino spetta il ruolo di battitore libero, intrattenitore e sparigliatore di carte in tavola. In queste serate ha dimostrato a pieno di saperlo fare con efficacia (i suoi numeri sono stati cosa rara) confermando di avere un'infinita di frecce al suo arco.

Insomma, resta la sola cosa che Baglioni può fare: cantare. Ha composto un numero imprecisato di grandi classici e fa quanto di più scontato si potrebbe immaginare: utilizza questo elemento come collante tra sé e gli altri personaggi erranti sul palco. Questo è il suo linguaggio, il modo in cui meglio potrebbe interagire con musicisti e artisti vari. E invece no, Baglioni canta troppo, Baglioni canta più dei cantanti in gara, ci sono solo le canzoni di Baglioni, Sanremo sembra un tour di Baglioni.

I possibili conflitti di interessi di Baglioni

Nelle scorse ore Il sole 24 Ore pubblicava questo interessante articolo in cui vengono elencati i possibili conflitti di interesse del direttore artistico di questo Festival, dall'abbondanza di musicisti in gara proveniente dalla sua stessa casa discografica, alla predominanza sul palco di volti che arrivano dall'agenzia di promoting F&P Group, fino a rimarcare i ricavi in termini di diritti d'autore per gli omaggi a se stesso sul palco di Sanremo, che frutteranno a Baglioni un discreto gruzzoletto. È tutto vero, in un certo senso ovvio, e se si vuole è anche sacrosanto mettere insieme questi dati. Ma ribaltiamo la questione e chiudiamo ponendoci un'altra domanda, secondo chi scrive retorica: se il direttore artistico, allo scopo di evitare conflitti di interesse ed apparire inelegante ad eseguire i suoi grandi classici a Sanremo e ricavarci soldi, avesse deciso di vietare Questo piccolo grande amore, Sabato Pomeriggio, Mille giorni di te e di me, Poster, Via etc. etc. non ci saremmo chiesti "Oh, ma questo qui a Sanremo che ci sta a fare?".

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