Biagio Antonacci: “La musica è come il sesso, non se ne può fare a meno”
Biagio Antonacci si racconta a Vanity Fair saltando dalla propria vita privata, dall'infanzia all'amore, arrivando alla musica e all'importanza. Parla di sensi di colpa e povertà il cantante di Rozzano che nel 2017 ha pubblicato il suo ultimo album in studio "Dediche e manie", certificato disco di platino e ripercorre le difficoltà che la sua famiglia dovette affrontare quando lui era ancora piccolo: "Papà era povero, arrivò da emigrante a Milano e dormiva nei palazzi in costruzione. La parola povertà la conosco perché siamo stati spesso sul suo ciglio. Ci chiamavano terroni e questa cosa ci ha scatenato dentro un senso di rivalsa. Ci ha fatto dire: ‘Ve la faremo vedere'. Sono cresciuto nel Bronx, tra scorribande e risse. Eravamo i ragazzi della Via Pal noi di Rozzano".
La voglia di rivalsa e i primi soldi della Siae
E quel "ve la faremo vedere" si è trasformato in una sorta di voglia di rivalsa e di un tentativo continuo di sfondare con la propria passione anche di fronte alle continue e inevitabili porte in faccia che ci si ritrova ad affrontare all'inizio di una carriera. Antonacci ricorda quando Alberto Salerno, uno dei discografici italiani più noti e marito di Mara Maionchi, lo stroncò, dicendo che i suoi pezzi, i primi che aveva composto, facevano schifo, ma questo non lo fece arretrare di un centimetro anzi e quando a casa arrivò il primo assegno della Siae, da 20 milioni, la madre del cantante era convinta che si trattasse di uno sbaglio: "I primi soldi che ricevetti mi parvero un errore perché la fortuna, ai poveri, sembra sempre uno sbaglio. Quando arrivò dalla Siae un assegno da 20 milioni mia madre mi disse ‘chiama la Polizia, ti fanno la multa, non sono soldi tuoi'. Le risposi di stare calma: ‘Non chiamo un cazzo di nessuno mamma, quei soldi sono miei'".
Non smetto mai di fare Musica
Antonacci suonava nei pianobar e provava nelle pause del suo lavoro da geometra, ma ha sempre suonato e continua a farlo: "L’unica cosa che non smetto di fare è la musica, è come il sesso, non se ne può fare a meno. Sogno di restituire la fortuna che ho avuto, far crescere talenti, aprire una fondazione. L’affetto del pubblico? Ci sono quelli che mi amano, quelli a cui sto sul cazzo e ci sono gli agnostici. Mi sta bene così".
La libertà conquistata
Oggi si tiene stretto la libertà che si è guadagnato sul campo, mettendo da parte i sensi di colpa che lo hanno accompagnato nella vita: "Ai miei figli dico sempre di rispettare gli altri, ma di provare a essere liberi con loro stessi e con i loro desideri (…). Sono stato sempre conservatore, ma la mia libertà adesso è lasciare una tavola e alzarmi di scatto quando qualcuno mi sta sulle palle. Sogno sempre di essere da un’altra parte, non riesco mai a godermi niente fino in fondo. Vorrei essere più pragmatico e organizzato, ma è contro la mia natura".