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Arisa presenta Nucleare: “Voglio tornare a cantare, sono disposta anche a rinunciare a qualcosa”

Si chiama “Nucleare” la nuova canzone di Arisa, che unisce le forze con la cantautrice Manupuma per aiutare madri e figli nati durante l’emergenza. Le due artiste, infatti hanno voluto unire le forze con la Fondazione Francesca Rava N.P.H. Italia Onlus per allestire nei Reparti di Maternità della Clinica Mangiagalli e dell’ospedale Luigi Sacco di Milano.
A cura di Francesco Raiola
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Si chiama "Nucleare" la nuova canzone di Arisa, che unisce le forze con la cantautrice Manupuma per aiutare madri e figli nati durante l'emergenza. Le due artiste, infatti hanno voluto unire le forze con la Fondazione Francesca Rava N.P.H. Italia Onlus per allestire nei Reparti di Maternità della Clinica Mangiagalli e dell’ospedale Luigi Sacco di Milano percorsi ad hoc per le mamme affette e non da Covid-19, affinché possano affrontare il parto in totale sicurezza per se stesse e per i loro bambini. La canzone, che fa parte del nuovo progetto discografico di Manupuma, è nato prima della pandemia ma quando c'è stato bisogno di trovare una canzone le due artiste non hanno avuto dubbi, come ha raccontato Arisa a Fanpage.it

Come nasce l'idea di usare "Nucleare" per una campagna sulla maternità in questi tempi di pandemia?

Questo è stato un periodo particolare nel quale le difficoltà delle persone sono emerse molto di più, non le difficoltà mastodontiche di cui ci occupavamo prima, ma quelle più elementari. Diciamo che in questo caso la difficoltà era di far stare a contatto le mamme partorienti con una situazione ospedaliera non sicura. La regione Lombardia ha nominato gli ospedali di Sacco e Mangiagalli come quelli che potevano occuparsi della gravidanza in una maniera particolare, offrendo corsie preferenziali alle mamme per far sì che la loro gravidanza potesse essere al riparo dai pericoli del periodo e così io e Manu abbiamo pensato di regalare questa canzone alla Fondazione Rava che si stava occupando di sostenere proprio questa cosa.

Il brano da dove salta fuori?

Manu (Emanuela Bosone, in arte Manupuma) ha finito il disco, stava aspettando di uscire, poi c'è stata questa emergenza e ha rimandato: "Nucleare", però, mi aveva colpito molto e a furia di parlarne ci siamo dette che dato che è una cosa bella potevamo farne anche qualcosa di utile. Avevo parlato con la Fondazione e mi avevano detto che si stavano occupando di questo progetto sulla maternità e alcuni versi dicevano: "Se io fossi dio cercherei negli occhi di un bambino l'amore quello vero", insomma facciamo sì che ci sia nuova linfa da cui imparare come comportarsi. Io penso che se non ci fossero i bambini non avremmo più termine di paragone rispetto alla sorpresa, all'ingenuità, sono loro che ci riportano a una condizione di purezza, che ogni tanto penso ci faccia bene rispetto a quello che siamo abituati a macinare da adulti.

Bambini che tra l'altro sono stati molto colpiti in queste settimane di isolamento: nessuna socializzazione, distacco sociale, niente scuola, gestione della noia.

La mia interpretazione della canzone è che noi adulti ci affaccendiamo per fare le grandi cose mentre in realtà il più grande di tutti, ovvero Dio, se dovesse cercare l'amore lo cercherebbe nell'essere più indifeso e semplice che c'è, il bambino. La gente non sa che potrebbe rimanere senza scarpe, quindi corre e si affaccenda, ma dove va? Stiamo dimenticando tutti il senso della vita, dell'esistenza, perché poi ti rendi conto che succede una cosa del genere e rimani nelle quattro mura di casa tua. Alla fine puoi essere un re, un presidente, la donna più bella del mondo, ma davanti a queste cose la vita mette in atto una livella e ci si chiede se correre, dimenticare i valori della vita sia così conveniente.

Tu come li hai vissuti questi due mesi?

I primi tempi li ho vissuti malissimo, non sapevo bene cosa stesse accadendo, ero molto preoccupata per i miei genitori che sono in Basilicata. Poi pian piano mi hanno tranquillizzata, perché lì il numero dei contagi è minimo, risolta, più o meno, questa cosa ho cominciato a godermi il mio spazio, a scrivere, leggere e cercare di capire un po' dove stavo andando, quali erano le cose da sistemare. È stato un momento importante.

E hai scoperto dove stai andando?

Sicuramente sto andando verso la verità, cioè, esattamente come quando iniziai, nel 2009. Quando sei bambino tutti ti dicono ‘Cammin, cammina, cammina' e poi, all'improvviso, ‘stai fermo!' e lji si ferma, e quando inizi a fare questo lavoro è un po' così. Ti dicono: ‘Brava, fantastico, però dovresti fare così…' oppure ‘Fantastico ma sarebbe meglio se…', quindi ti perdi dietro al fatto che non vuoi deludere le aspettative delle persone che ti hanno dato fiducia e vai avanti prendendo strade che non ho assecondato del tutto. Capiamoci, ho sempre fatto tutto quello che volevo, benché a volte penso di essere stata poco rispettosa delle mie esigenze. Ora sto scoprendo, attraverso la solitudine, le persone che mi va di sentire, quelle che non mi va di sentire, la musica che voglio ascoltare, quella che scrivo, le cose che leggo, dove voglio andare e dove sono davvero. È bella questa opportunità.

Insomma, hai cercato un senso in questo immobilismo…

Guarda, erano 10 anni che trattavo casa mia come un albergo, ci arrivato posavo la valigia, prendevo l'altra e andavo via, invece ora mi dico che ho una casa, cerco di viverla: controllo cosa ho negli scatoli, negli armadi, nei cassetti. In questi giorni sto guardando negli armadi cosa c'è, per capire cosa tenere, cosa dare, una cosa che programmavo da una vita.

State già avendo un feedback da "Nucleare"?

Guarda, la Fondazione Rava ha dei donatori, quindi i proventi di Nucleare non saranno l'unica fonte di sostegno. Quello che sto vedendo è che la mia fanbase si è sentita molto invogliata a partecipare a questa cosa e l'ho visto dalle fotografie che mi hanno mandato: immagini di madri, donne con i pancioni, figli piccoli. È una cosa che stiamo facendo tutti insieme. Per quanto riguarda gli ascolti, vanno bene, anche se è un tipo di musica non proprio affine a quello che va di questi tempi, è una canzone profonda, per chi vuole ascoltare.

Tu e Manupuma vi conoscete da tempo, giusto?

Sì, da una decina di anni, devo dire che è una persona straordinaria che ha vissuto mille vite, ha studiato all'Actors Studio, ha fatto milioni di esperienze, è stata famosa in tutto il mondo per canzoni usate da Moschino, adesso vuole ripartire da qui e speriamo che ci riesca, perché è veramente straordinaria.

Qual è stato, secondo te, il ruolo dell'artista in questi mesi? Quanto è stato di aiuto in queste settimane?

Secondo me un po' tutti ci siamo dati da fare per intrattenere al meglio le nostre fanbase, io ho fatto un po' di concerti, tante dirette… Penso che se la gente non avesse avuto la Cultura non so come avrebbe fatto, direi che la Cultura ha giocato un ruolo fondamentale. Già qualche tempo fa si parlava di dare più spazio alla musica italiana alle radio, la trovavo una buona cosa, perché c'è tanta musica italiana, non limitata solo a quella del momento, ma ci sono tanti stili e sarebbe bene che si arrivasse all'80% e potessimo vivere bene del nostro lavoro. Io non dico per me, ma per chi collabora con gli artisti e poi non viene riconosciuta.

Come vedi la questione live?

Beh, io ti dico che se posso cantare canto, anche se dall'altra parte mi rendo conto che sul palco non ci sono solo io, ma varie cose da mettere a punto, per i costi e i guadagni. Mia madre, che è una donna pratica, l'altro giorno suggeriva: ‘Invece di fare una serata e basta, in un posto stacci una settimana, senza dover montare e smontare etc, e contenendo i costi. E così, invece di portare 1000 persone assieme, ti vengono a trovare mille persone per una settimana e sono 7 mila". Questo per dire che dobbiamo trovare un punto d'incontro, tra me che voglio cantare e te che non ci devi perdere. Bisogna venire a patti se davvero la professione e il ruolo che abbiamo è importante: io senza la musica non sarei nulla, mi ha svezzato, voglio ritornare a fare quello che faccio e sono disposta anche a rinunciare a ciò che c'è da rinunciare.

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