Anastasio, l’anno che gli ha cambiato la vita: “Ai concerti, finalmente, vedo in faccia il mio pubblico”
Un anno fa c'era Nasta che cantava "Come Maurizio Sarri" che raccoglieva i primi successi su Youtube e cominciava anche a far circolare il suo nome nella scena musicale campana. Non c'era il talent, la televisione, le polemiche, le versioni rivisitate di classici come "Generale", insomma, non c'era ancora Anastasio, ovvero il rapper che per puro caso è approdato, da sconosciuto a X Factor e poi si è anche tolto la soddisfazione di vincerlo (e pure qualcun'altra, come i complimenti di Francesco De Gregori). Il rapper di Meta di Sorrento, appena uscito con una collaborazione con Fabrizio Moro per "Figli di nessuno (Amianto)", ripercorre quest'anno in cui gli è in qualche modo cambiato la vita, dal talent alla scena rap che lo vede come un corpo estraneo (ma lui usa un'altra espressione).
L'esperienza a X Factor ti ha dato tanta notorietà. Dov'eri un anno fa?
Un anno fa, a maggio, tiravo fuori ‘Come Maurizio Sarri' che mi ha dato la prima visibilità e grazie al quale, successivamente, con una catena di eventi, sono arrivato a X Factor. Feci un provino in un incontro organizzato dalla Campania Music Commission a Napoli in cui erano presenti rappresentanti della Sony ed emissari di X Factor che mi hanno detto ‘Tu andresti bene per il programma' e mi hanno assicurato che nel caso in cui ci fossi andato avrei potuto esprimermi pienamente. Io ero un signor nessuno ed ero molto titubante, alla fine ho deciso di andarci e il resto è storia.
Come ti è venuta in mente quella formula usata sul palco di X Factor?
La formula di rivisitare i classici aggiungendo cose mie l'ho trovata subito praticamente, perché mi sono subito detto che nel partecipare alla trasmissione non avrei di certo potuto andare lì e cantare, l'alternativa era prendere dei pezzi classici e reinterpretarli alla mia maniera, non potevo presentare inediti, non potevo cantare cover e così ho unito le due cose ed è nato questo.
Cosa pensi di poter dire sulla tua esperienza a X Factor dopo la tua vittoria?
Facendo un'analisi generale del talent ho una serie di certezze, la prima è che è vero tutto ciò che si vede nel programma, nulla è pilotato, la seconda è che X Factor Italia effettivamente ti lascia esprimere, la terza è che lì ci puoi andare se sai chi sei, per fare un buon percorso, ma quando ti vedono milioni di persone c'è il rischio di perdere la bussola e scordarti chi sei; non bisogna mai scordarsi la propria identità, altrimenti si è perduti e senza riferimenti.
Hai sentito il bisogno di rallentare dopo la grande e improvvisa popolarità raccolta?
Ho ancora bisogno di fare un passo indietro e ritirarmi un po', ogni tanto, perché la sovraesposizione non fa bene a un artista, secondo me, almeno per quanto mi riguarda, sento un po' la difficoltà di parlare con un pubblico, non ho mai fatto segreto di questo, anche perché quando il pubblico diventa così vasto non sai davvero con chi stai parlando.
Quanto la popolarità condiziona un artista nella scrittura delle sue canzoni?
Non dovrebbe cambiare il modo di rapportarsi alla scrittura, quando vedo che cambia non sono soddisfatto del mio lavoro, perché vedo che sto scrivendo per piacere ed è il primo errore, purtroppo spesso è involontario ed è la bestia contro cui sto lottando. Cioè, ho sempre scritto a un pubblico che non esisteva, perché scrivevo per me: "La fine del mondo", così come tutti gli altri pezzi dell'EP non li ho scritti per un pubblico, li ho scritti tutti prima di sapere che avrei partecipato a X factor e hanno funzionato, quindi perché dovrei cambiare forma?
Cosa rappresenta, oggi, l'esperienza live?
Quando faccio un concerto mi rendo conto, finalmente, che il mio pubblico esiste e credo che il pubblico si renda conto che io esisto, è il mio primo approccio con la gente vera dopo essere stato in uno schermo, invece sono lì, eccomi qua, eccovi là, esistiamo insieme, ci guardiamo in faccia, c'è anche uno scambio umano ed è molto bello.
Come sei stato accolto dalla scena rap italiana?
Dalla parte della scena rap più radicale c'è sicuramente il rifiuto di chi va ai talent, ma più sento qualcuno che dice ‘Non fai parte di noi' più ho un rigetto di questa cosa e dico ‘Sti cazzi', questo non mi porta molto dal punto di vista diplomatico, ho motivo di credere che se si fa il mio nome nella scena rap molti diranno ‘È un coglione', ma io non credo nel circoletto degli artisti che si incontrano per essere tutti d'accordo, penso che bisogna essere trasversali e rompere gli schemi.