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Festival di Sanremo 2021

Amadeus a Fanpage.it: “No al terzo Festival di fila, vorrei un Sanremo estivo come il Festivalbar”

Da pochi giorni è terminato Sanremo 2021, il primo Festival realizzato durante la pandemia. Poltrone vuote, ospiti venuti meno all’ultimo secondo, la voglia di dimostrare che comunque si poteva fare, Auditel ballerino, esplosione di RaiPlay e la vittoria dei Maneskin. Di questo e di altro abbiamo parlato proprio con Amadeus.
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A cura di Francesco Raiola
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Festival di Sanremo 2021

Sanremo 2021 è terminato, un'annata particolare, senza dubbio, il primo – e si spera ultimo – Festival realizzato durante la pandemia. Poltrone vuote, ospiti venuti meno all'ultimo secondo, la voglia di dimostrare che comunque si poteva fare, Auditel che anno su anno perde, ma che guadagna in termini di digitale, con l'esplosione di RaiPlay e la vittoria dei Maneskin, in quella che è stata mediamente una delle edizioni musicalmente più interessanti. Questa era una delle sfide di Amadeus, conduttore e direttore artistico di questo festival, in coppia con Fiorello, portare una ventata di novità musicale, rispecchiando quasi fosse una kermesse demoscopica, gusti, generi ed età diverse, rappresentative della popolazione e delle nuove piattaforme. Di questo e di altro abbiamo parlato proprio con Amadeus, a pochi giorni dalla fine del Sanremo più complesso di sempre.

Ciao Ama, come va, forse adesso di tutto vorresti parlare tranne che di Sanremo, no?

No, no, è una cosa troppo bella, fa sempre piacere parlare di Sanremo, certo c'è un po' di stanchezza, ma fa parte del mio lavoro. Poi fortunatamente dovendo riprendere subito con I soliti ignoti è come se l'adrenalina rimanesse sempre alta, non hai neanche il tempo di riposarti.

Diodato e Maneskin, mondi diversi, pubblici diversi, ma possiamo dire che con entrambi i cast hai dimostrato coraggio. Che avventura sono stati questi due Sanremo sia a livello musicale che di spettacolo?

Sono state due avventure per me indimenticabili, sono due Sanremo entrati nella storia del festival. Diciamo che in questi due Sanremo ho voluto percorrere delle strade che non erano state tracciate prima, per me questo è importante, dare una personalità precisa ai due Festival, altrimenti avrei fatto un Sanremo nella norma, nella comfort zone, quella in cui non rischio troppo, non mi prendo troppe responsabilità e rimango in una via di mezzo. Questa soluzione, però, non mi appartiene né come carattere né per l'amore che ho per il Festival per cui bisogna tracciare strade nuove.

Quindi come li hai pensati?

Il primo ì è stato il simbolo della serenità, era quello dell'assembramento, del palco esterno, cosa mai fatta prima, un palco che faceva comunque parte dell'Ariston, insomma con una serie di eventi che ha portato a Sanremo migliaia di persone, una festa di compleanno perfetta. E quello è stato, con ascolti record che non si vedevano da anni e tutte le cose che sono già state dette.

Poi ovviamente la pandemia e il cambiamento.

Sì, questo Sanremo è un Sanremo completamente diverso dall'anno scorso pur essendo passati solo 12 mesi. Ovvio che dopo il primo Sanremo io e Fiorello ci eravamo detti di non farne un secondo perché record così non se ne fanno di seguito. Quando è scoppiata la pandemia, però, dovevamo essere quelli che potevano fare qualcosa, avevamo ricevuto da Sanremo qualcosa di importante e ora dovevamo dare, soprattutto al pubblico a casa. Ci siamo messi a lavorare, pensando di dare una svolta definitiva, approfittando del fatto che si era in un periodo in cui c'era la pandemia, la gente era obbligata a stare a casa, con i giovani che in questo sono stati danneggiati tantissimo, condannati a stare a casa, quindi abbiamo pensato a una svolta. Da lì siamo partiti per cominciare a pensare a una musica attuale, per esempio, ovviamente l'avevamo pensato come un evento, ragionando su cose pazzesche, con un palco esterno, una nave, tante cose che per ragione di pandemia non sono state possibili, anzi alla fine l'abbiamo fatto con l'Ariston svuotato…

Qualcosa di storico, in effetti…

È un Sanremo che non dimenticherò mai, e lo dico sempre, quando camminavo per strada l'anno scorso la gente mi faceva i complimenti, mentre quest'anno la gente mi dice "Grazie" ed è una cosa che mi emoziona, sentire il pubblico che ti ringrazia per aver visto cinque serate così, dell'amicizia, della musica. Quindi sono due Sanremo che terrò nel cuore anche per motivi diversi.

Amadeus e Fiorello (LaPresse)
Amadeus e Fiorello (LaPresse)

Veramente non hai mai pensato: "Ma chi me l'ha fatto fare"?

No, mai, dal momento in cui mi è stato proposto Sanremo a maggio, sapevo che sarebbe stato un Festival tre volte più difficile, a partire dall'organizzazione. Ho avuto a che fare con una pandemia, ho dovuto fare una serie di riunione legate alla parte sanitaria, a Sanremo abbiamo incontrato le varie associazioni, insomma un Festival a cui alla parte artistica si è aggiunta una parte di cui solitamente un direttore artistico non si occupa, sai non è che devi fare una trasmissione così con una serie di protocolli sanitari. Purtroppo quest'anno è accaduto questo ed è stata la parte più faticosa, ma alla fine è andata benissimo perché girano intorno al Festival centinaia di persone che sono state tutte bene, tranne quei pochissimi casi rilevati.

Quando ti esponi sei sempre bersaglio, immagino che sia una cosa che metti in cantiere. Cosa ti ha fatto soffrire di più?

La superficialità di alcuni giornalisti nel valutare le cose. Ho iniziato Sanremo dicendo proprio di non pensare che la gente stia a casa e automaticamente si farà record d'ascolto. La gente è arrabbiata, stufa, non sa se la sera riuscirà a mettere il piatto a tavola e non ha il lavoro. Ho fatto un esempio banale, se ti invito a una bella festa a casa mia ma tu hai i tuoi problemi la voglia di venire da me a festeggiare non ce l'hai, resti da te. La festa la fai se psicologicamente hai la voglia di fare la festa. Fino all'anno scorso la situazione era differente, ci si riuniva in casa per fare gli ascolti, le scommesse su chi vinceva, pizze, birre, cosa che non è accaduta e questo secondo me influisce sull'andamento. Nonostante ciò abbiamo fatto ascolti in linea con i migliori festival del passato senza pandemia. E allora ci resto male quando non si analizzano bene i dati e non si capisce che questo era un Sanremo storico, peraltro chiuso con dati d'ascolto pazzeschi. Mi criticano per essere andato lungo, che non mi vedeva nessuno, ma alle 2 di notte c'era il 74% di share con 5 milioni di spettatori, cose che non vengono evidenziate.

Non pensi, invece, che sulla questione dati, Auditel e nuove piattaforme possa esserci stato problema di comunicazione dipeso da voi, dalla Rai?

Sulla questione delle piattaforme nessuno si aspettava questo successo sui giovani. Elena Capparelli di Raiplay mi diceva ogni giorno che dati così erano incredibili, non c'erano incrementi del 20 o 30% ma del 150%, parliamo di numeri che se li vai a vedere sono quasi televisivi. Questo non se l'aspettava nessuno, in senso positivo, quindi non era stata fatta una valutazione anticipata. Credo che così come va avanti la musica anche il modo di fruire la tv comincia a cambiare e il lockdown ha fatto sì che questa cosa aumentasse in modo esponenziale. I giovani guardano Sanremo in un'altra maniera e prima o poi dovremmo conteggiare seriamente anche questo. Si dovrà dire che un dato programma fa 10 milioni di spettatori in tv, più uno e mezzo sulle varie piattaforme, una valutazione che presto va fatta perché è una realtà.

Però quando fai una cosa del genere metti in conto non solo le critiche, ma anche gli errori. C’è qualcosa che faresti in maniera differente?

Quando chiudi una cosa così hai sempre un pensiero su quello che potevi fare o non fare, non esiste un Sanremo in cui puoi dire che è perfetto, soprattutto io che sono molto critico con me stesso. Impossibile non sbagliare nulla in cinque sere, tenendo presente che molte delle cose che avevo in mente non si sono potute fare, dagli ospiti stranieri a quelli italiani che avevo contattato, mi hanno fatto capire che ci sarebbe stata una loro adesione ma che all'ultimo momento hanno rinunciato a causa della paura e della pandemia. Forse, col senno di poi, posso dirti che 26 cantanti in gara sono veramente tanti: io volevo dare un segnale di ripresa della musica ma probabilmente sarebbero bastati i 24 dell'anno scorso o anche 22. La quantità dei cantanti in gara è stata una cosa voluta ma capisco che sono troppi per cinque serate.

Amadeus Maneskin Fiorello (LaPresse)
Amadeus Maneskin Fiorello (LaPresse)

Sei sempre molto pacato, specie sulle domande sul futuro, in conferenza stampa però ti abbiamo visto un po' nervoso  specie quando hai detto, senza preavviso, che non ci sarebbe stato un terzo Sanremo consecutivo. Le voci dell'arrivo di Cattelan in Rai c’entrano qualcosa? Si poteva aspettare? 

In conferenza stampa ho detto la verità, era una cosa maturata da tempo, l'avevo maturata nel momento in cui avevo accettato il secondo Festival. Cosa che ho fatto, veramente, perché stava accadendo una cosa unica e avevo capito che potevo fare qualcosa di storico legato alla musica e di cui si parlerà anche tra 30 anni. E senza presunzione ti dico che parleranno molto bene di questo festival.

Quindi le voci non c'entrano?

Avevo già deciso che non avrei fatto il terzo, poi le voci ci sono, magari c'è chi le sa gestire o meno, però credo che quando si fa un Sanremo le voci vanno lasciate fuori, bisogna avere la capacità di dire che di tutte queste voci al massimo se ne parla dal lunedì.

Però hai anticipato l'annuncio, giusto?

Ho anticipato prima della serata finale così non sarebbe stato l'arrivederci – perché non è detto che in futuro non lo faccia più – del giorno dopo: sai, sarebbe potuto sembrare tipo "Ho fatto il 50% di share e vi saluto" o, con ascolti bassi, uno: "Scappo". Per evitare qualsiasi cosa l'ho detto il giorno prima, ma era una decisione presa con Fiorello quando abbiamo accettato il secondo Festival, a prescindere da questo.

Il terzo Sanremo di fila no, ma hai parlato del Sanremo estivo, quanto pensi che al momento sia fattibile e quanto pensi che buttarsi in un'impresa che rischia di essere un Sanremo bis, anche a livello di protocolli, assembramenti etc possa essere realmente fattibile?

Quella è stata una promessa che ho fatto alla città di Sanremo che non ha potuto godere di tutto quello che di solito un Festival di Sanremo porta. Parliamo della fattibilità in un periodo di quasi normalità, infatti avevo pensato ai primi di luglio, per quella che abbiamo immaginato come una serata di festa, tipo quello che erano i Festivalbar, senza gara, insomma niente a che vedere col Sanremo invernale. Non è questione di terzo Sanremo durante l'estate, ma è ovvio che per poterlo fare dobbiamo essere tutti in grado di dire che si può immaginare all'aperto con la gente, il pubblico, altrimenti, se fossimo ancora in lockdown, non avrebbe senso farlo, anche perché ancora una volta la città non ne trarrebbe beneficio. Insomma, tutto questo si fa se si può fare nella quasi totale normalità.

Una collega donna che vedrebbe bene come direttore artistico per l'anno prossimo?

A quello ci penserà il direttore o l'amministratore delegato, io ringrazio Salini che mi ha chiesto di fare il terzo, lo ringrazio ma da questo momento spetta a loro decidere chi possa farlo l'anno prossimo.

Una delle immagini simbolo è stato l'abbraccio finale con Fiorello che ha sancito proprio una sorta di liberazione…

Sì, non è stato facile portarla a casa, è stata una vera impresa e lo dico senza presunzione. Abbiamo ricevuto una serie di messaggi e saluti di ringraziamenti da parte di tutti, del mondo dello spettacolo, di tutti i cantanti di oggi, di ieri, maggiore ancora di quello che successe l'anno scorso. Non era scontato che andasse bene, che andasse bene da un punto di vista musicale, sanitario, anche pubblicitario, perché è un altro dato importante con un computo finale di un milione di euro in più dello scorso anno. Non era scontato nulla e a volte non si apprezza da parte di alcuni lo sforzo che un gruppo di persone convinto di fare qualcosa nel bene della musica. È stato un abbraccio liberatorio per dire: "Ce l'abbiamo fatta". E ognuno ringraziava l'altro, perché ci vogliamo bene come fratelli ma capiamo entrambi lo sforzo fatto. Sfido chiunque a fare cinque sere di cinque ore davanti a una platea vuota, ma noi l'abbiamo fatto per amore di Sanremo, della musica, ma siamo dei privilegiati, facciamo il mestiere più bello al mondo, facciamo il mestiere che sognavamo di fare da ragazzini, quindi non ci vogliamo mai lamentare, al massimo devono farlo le persone che fanno altri lavori.

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