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Alfa dalle canzoni in camera al successo: “Ho cominciato a fare musica per piacere alle persone”

Si chiama “5 minuti” il nuovo singolo di Alfa che a Fanpage.it parla di Sanremo, bullismo, popolarità, TikTok e dei suoi fan.
A cura di Francesco Raiola
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Avrebbe potuto essere uno dei protagonisti al prossimo Sanremo, invece per quest'anno Alfa dovrà vederlo da casa, avendo dovuto saltare le selezioni per la finale a causa di un problema di salute. Una cosa che non gli va giù, come spiega a fanpage.it, ma con cui imparerà a fare pace. Nel frattempo ha pubblicato la canzone con cui avrebbe tentato l'assalto all'Ariston, ovvero "5 minuti", brano dedicato a un'amico scomparsa troppo presto, cantata, però, per la prima volta durante un live a Milano davanti a circa 3500 persone. Volto noto ai giovanissimi, Alfa è un cantante e un influencer da un milione di fan su TikTok che a un certo punto ha capito che la musica era la sua strada, mettendo da parte anche una carriera scolastiche che proseguiva a gonfie vele. Ma non possono esserci rimpianti, dice sempre a Fanpage.it, parlando anche del suo rapporto con la fama, dell'esplosione con Cin Cin, dell'ansia come piaga della sua generazione, ma anche di speranze.

Hai perso la possibilità di andare a Sanremo, ci soffri ancora?

Certo, non mi passerà mai, ma l'ho messo in conto. Io credo molto nel destino, credo molto in Dio e per me quello che è successo è stato il frutto di scelte sbagliate che ho fatto tempo fa. Però c'è sempre un piano per queste cose qua o, almeno, pensare così è l'unica cosa che mi aiuta a non spaccarmi la testa contro un tavolo. Sanremo viene sempre visto come un’esperienza che può cambiare la vita a un artista, un'esperienza di una settimana, ma in realtà c'è tanto lavoro dietro: io lavoro da sette, otto mesi a questa cosa, a livello musicale e non solo: ho perso peso, mi sono allenato, ho fatto lezioni con il vocal coach tre volte a settimana, avevo proprio messo il turbo su questa cosa, era il mio unico focus. Forse è stato quello il problema, che non ho fatto caso ad altre cose che evidentemente meritavano più spazio nella mia vita.

Alla fine, però, "5 MINUTI" l'hai fatta uscire: è una canzone importante per te, ce ne parli? 

Dopo la storia di Sanremo non volevo farla uscire, perché 5 minuti è dedicata a una mia amica che non c'è più – facevamo assieme il liceo ed è mancata in un incidente stradale -, è stato un trauma, non ne ho mai parlato perché non ho mai avuto la canzone per farlo. Infatti questa canzone nasce in vari periodi della mia vita, non è una canzone scritta di getto: la strofa è di due anni fa, il ritornello di sette mesi fa, quindi li ho uniti cercando di razionalizzare un dolore che è molto difficile da razionalizzare. C'è molto metodo in questo pezzo. Non volevo farlo uscire perché avevo paura che fosse un pezzo dimenticabile.

In che senso?

Con tutti i pezzi che escono non è facile rendere un pezzo memorabile. Memorabile non a livello di vendite, però, ma proprio nel senso che qualcuno avrà un ricordo di questa cosa. L'avevamo pensata per questo Sanremo perché sapevo che sarebbe stato ricordato, la persona a cui dedicato sto pezzo merita di essere ricordata. Poi mi hanno convinto a farlo uscire comunque perché avevamo questo concerto molto importante al Fabrique di Milano, c'erano 3500 persone, e mi hanno detto: “Cantalo lì e fallo uscire subito dopo”, ci ho pensato un po’ e ho detto sì. Comunque, con tutti gli sforzi che ho fatto, questo progetto merita di veder la luce.

Come è cambiata la vita da quando la musica è diventata il tuo lavoro?

È cambiato tutto. Io facevo musica perché la musica è il mio miglior amico, quello con cui mi confido. Ho scritto un sacco di canzoni che non usciranno mai, solo e unicamente perché magari non ero invitato in certi contesti o non mi trovavo in certi contesti più sociali. Fare beat, stare su YouTube, sono sempre stato molto nerd e mai avrei pensato che sarebbe diventato il mio lavoro: io caricavo i pezzi su YouTube perché se li avessi messi su una penna USB l’avrei persa, quindi avrei perso le canzoni. Tra l'altro mi chiamo Alfa per poter negare il fatto che fossi io sennò mi sarei chiamato col mio nome e cognome probabilmente. E quindi al liceo cercavo canzoni un po' più sul mondo rap, perché venivo dal free style e una di queste, "Cin Cin" è esplosa.

Come era nata Cin cin?

L'ho scritta aspettando una pizza, perché il pizzaiolo era in ritardo. Ero senza manager, senza etichette, nella cameretta col mio amico produttore di allora e poi è partito tutto, ma sono stati universi che si allineano, frutto di tanto lavoro, perché comunque ci tenevo tanto a fare il cantante anche se lo pensavo principalmente come hobby. È stato un po’ traumatico, sai, in realtà sembra sempre che quando una passione diventa un lavoro è una figata, ma in realtà fa schifo. È una cosa che fa schifo perché la musica passa dall'essere il miglior amico a essere una responsabilità, uno stress. Con questa cosa ci ho combattuto per un annetto, poi ci ha fatto pace, ho detto: "Questa è la vita che ho scelto, mi piace? Sì. Ci soffro? Sì. Ne vale la pena? Sì.

È vero che hai sospeso il percorso di studi per la musica?

In realtà sto studiando molti strumenti musicali, questo mi piace molto. Vengo da una famiglia in cui lo studio nobilita l'anima ed è l'unico modo per elevarsi, che è una grandissima cazzata, anche se mi rendo conto che c'è bisogno di metodo. Comunque il mio è un lavoro che sembra sempre un po' esotico, tipo che ti svegli e chissà cosa fai. Ancora oggi, quando vado a Genova e dico: “Faccio il cantante” mi guardano come se avessi detto: “Faccio il ladro”. Però in realtà è un lavoro a tutti gli effetti, richiede allenamento, studio, fatica. Ho interrotto perché in questo momento sono in una fase di transizione della mia vita e qualora dovesse andar male, non voglio dirmi che se avessi dato il 120% magari ce l'avrei fatta. Non voglio avere nessun rimpianto, voglio vivermi questa parentesi al massimo delle mie forze e possibilità che ho.

Cosa vuol dire aver raggiunto un milione di follower su TikTok?

È una responsabilità che non mi pesa, perché non ho mai avuto sovrastrutture, nel senso che facevo video in pigiama coi capelli disordinati e tuttora faccio video in pigiama coi capelli disordinati, quindi non me ne frega niente, però mi rendo conto che si ha una responsabilità che va gestita. Ad oggi, comunque, TikTok è una modalità alternativa a un talent, a un percorso televisivo, per avere successo. Io, per esempio, se avessi fatto un percorso televisivo probabilmente non sarei mai uscito, perché sono un po’ timido. Non so se quel tipo di ambiente mi avrebbe premiato.

Com'è iniziata la tua passione per la musica?

Il motivo per cui ho iniziato a fare musica, non mi vergogno a dirlo, era per piacere alle persone. Le avevo provate tutte: ho fatto lo youtuber, ho fatto il mago, ho fatto il freestyle rap, ho fatto calcio, ho giocato a ping pong a livello regionale. Ho provato qualunque cosa che fosse la mia dimensione, perché sono sempre stato un po’ quello tagliato fuori per via del mio carattere, sono un po’ timido, anche se sto migliorando da quel punto di vista.

Per questo ci tieni al tema del bullismo?

Volevo portare sul palco in questo tour il tema del bullismo perché è un argomento tabù, affrontato sempre in maniera pessima, molto boomer, dalle persone non giuste. Poi si parla sempre al bullo e non al bullizzato, che è una roba incredibile, la soluzione al bullismo non è dire al bullo: “Non farlo”, perché lo farà. Siamo ragazzi, i ragazzini lo fanno, è un fenomeno che esiste da sempre e sicuramente con i social si è aggravato, ma esiste da sempre. Bisogna lavorare su chi è bullizzato, perché io ho tuttora un carico di rabbia e di aggressività che deriva da quello e che sfogo con la musica. Ma mi rendo conto che una persona che vive quella botta resta in silenzio, perché non è che reagisci, subisci e stai zitto.

Qual è uno dei grandi problemi della tua generazione?

La piaga sociale della mia generazione è l'ansia, viviamo nel mondo dell'apparire. Siamo dipendenti da qualunque tipo di risultato, perché tutto è misurabile, anche il nostro indice di gradimento è misurabile e quindi siamo vittime della nostra ansia e bisogna parlarne: io vado dallo psicologo proprio per gestirla.

Perché chiedi al tuo pubblico di non usare i cellulari durante il live?

Io mi sono rotto il ca**o di fare i concerti senza guardare le facce, perché per due anni non li ho fatti, come tutti e la cosa che ti ricordi più di tutte è una faccia, che fa magari un'espressione schifata ma è come se il cervello ti dicesse che quel concerto è andato così, perché hai il ricordo di una frase, di un momento, di una persona, due persone, di una porzione di pubblico e io non lo voglio avere il ricordo di una che mi fa il video. Credimi, non è una cosa egocentrica, lo chiedo solo per una canzone, infatti: cioè, fate tutti i video che volete, dirette, chiamate gli amici, però un pezzo è nostro, cioè ci sono 4000 persone in un posto, rendiamolo di 4001 persone quel momento lì e basta.

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