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A Giulia Molino va tutto bene: “Ero pop, ora amo il rap, ma l’importante è comunicare un messaggio”

Giulia Molino si è qualificata terza nell’ultima edizione di Amici. La cantante di Scafati ha chiuso alle spalle di Gaia Gozzi, ma è stata una delle più amate dal pubblico, in grado di riscoprirsi come cantante, passando dall’amore per il pop a un’anima più rap che ha voluto mostrare anche nel suo primo album “Va tutto bene”.
A cura di Francesco Raiola
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Giulia Molino si è qualificata terza nell'ultima edizione di Amici. La cantante di Scafati ha chiuso alle spalle di Gaia Gozzi, vincitrice dell'ultima edizione, e di Javier Rojas, il ballerino che si è classificato al secondo posto. Giulia è stata, comunque, una delle più amate dal pubblico, in grado di riscoprirsi come cantante, passando dall'amore per il pop a un'anima più rap che ha voluto mostrare anche nel suo primo album "Va tutto bene", disponibile anche in formato fisico, dopo essere uscito solo in digitale. Un classico primo album in cui si sente la ricerca di una strada da parte di Giulia che gioca molto con il mondo del pop, prendendo ispirazione, ad esempio, da cantanti come Emma, ma che hanno in sé già alcuni semi di quello che probabilmente sarà la strada futura. A Fanpage.it, infatti, è lei stessa a parlare per il suo amore per il rap e l'urban che potrebbero essere strade da seguire nel futuro prossimo.

Mi sarei aspettato qualcosa che andasse più sul rap, e invece nel tuo album l'unico pezzo rap – in cui non c'è un tu – è Nietzsche, come mai?

Quando ho cominciato a lavorare al progetto ero molto vicina al mondo del pop, era quella la mia vocazione. Nietzsche è un pezzo che è nato un anno e mezzo fa, più o meno, non mi ero mai approcciata al mondo urban prima: l'ho sempre ascoltato, certo, però non ho mai provato a cantare e scrivere barre su un beat, con delle metriche particolari. Insomma, era un pezzo che esulava un po' dal progetto, era una cosa mia di cui non avevo messo al corrente neanche il produttore e tutti quelli che hanno lavorato con me. Quando sono stata presa ad Amici ho valutato l'idea perché era un'occasione per poter far ascoltare un pezzo che comunque parla di dinamiche importanti. Ho pensato che tramite Amici potesse essere un veicolo per comunicare a tutte le persone che soffrono di anoressia che in realtà ce la possiamo fare, che non è un mostro imbattibile. Quella cosa mi ha dato la spinta per fare anche altro, come scrivere le barre di Ghali da portare al provino.

Come è stato cantarlo in trasmissione?

La prima volta che l'ho cantata mi sono fermata, perché ha un linguaggio crudo, parla di una cosa reale, le parole hanno un peso specifico importante. Mi sono proiettata in una me passata prima dell'anoressia, se avessi ascoltato una canzone del genere mi avrebbe toccato tanto, ho anche ricercato qualcosa del genere, ma non ricordo qualcuno che ne aveva parlato in maniera così cruda e diretta, per questo ero un po' spaventata, perché è una grande responsabilità parlarne. Man mano ho acquisito più consapevolezza che qualcuno all'esterno mi stesse ascoltando, quando eravamo al pomeridiano ho ricevuto tanti messaggi di ragazze che dicevano che soffrivano del disturbo e che erano felici che qualcuno ne stesse parlando in un programma come Amici, visto da milioni di italiani e questo mi ha dato la forza di trasmettere questo messaggio e questa esperienza.

Come è cambiato il tuo modo di approcciarti alla canzone nella scuola?

Al di là di Nietzsche è cambiato il mio approccio con i brani in generale, il loro studio, l'approfondimento dei testi. Prima ero molto più istintiva nell'approccio delle canzoni, mi fermavo alla prima volta che le cantavo e invece ad Amici ho imparato a soffermarmi su ogni singola parola, sulle dinamiche, le emozioni, ho scoperto che non esistono solo tristezza e gioia, ma esistono tante sfumature. È stato un bel percorso di crescita.

Come hai sfruttato la libertà che ti ha dato la trasmissione?

Altre persone, all'interno del programma, hanno avuto l'opportunità di far venire producer di lavorare sulle basi, io non ho mai lavorato così, non ho mai stravolto la produzione delle canzoni, anche perché mi venivano assegnati brani di una certa importanza e artisti che per me erano mostri sacri, quindi l'ho sempre presa come mi veniva assegnata. La mia libertà era quella di interpretarla a modo mio, cercando un modo unico di cantarla e non cadere mai nello scontato o nell'imitazione, come facevo all'inizio.

A parte Nietzsche, le canzoni hanno una struttura sempre simile, con un io – non importa se coincida o meno con te – che si rivolge a un tu: è una struttura in cui trovi comfort o un caso?

Io mi ci ritrovo credo molto nella capacità comunicativa delle canzoni e se ci pensi cosa c'è di più diretto di un dialogo tra due persone? Il fatto di non generalizzare mai il discorso è la forma più rapida di comprensione, quella in cui chiunque si può ritrovare, perché tutti abbiamo un tu a cui rivolgerci.

Solitamente l'album con cui uscite fa da preludio a quello che verrà da lì a qualche mese. Hai già scritto qualcosa? Che forma ha?

Ho cominciato a scrivere dal giorno in cui sono uscita, ne ho sentito subito la necessità. Quello che è venuto fuori è qualcosa di stampo urban e mi fa molto piacere perché ho sempre trovato che la comunicazione con quel mondo fosse più immediata, anche più cruda rispetto al pop al soul o all'R&B proprio per una questione di messaggio, di metrica e di ritmica. In più ho scoperto che mi riesce più semplice esprimermi in questo modo piuttosto che con un brano pop. Diciamo che non ho ancora ben chiaro come impronterò il mio prossimo progetto, anche se devo dire che l'idea di poterlo indirizzare verso il rap mi farebbe piacere, perché in questo momento mi rappresenterebbe tanto.

Visto che ci tieni molto al concetto di identità, come ti vorresti rappresentare? Come vorresti che Giulia Molino uscisse fuori?

Una cosa su cui premo tanto è il comunicare un messaggio e anche per questo mi sento molto vicina alla sfera rap. Ho sempre ascoltato quel genere perché ti sbatte la verità in faccia, quindi se dovessi dirti cosa vorrei fare in questo momento è comunicare un messaggio; oggi il modo più efficace non saprei bene dirti qual è, né come lo farò, ma credimi ci sto lavorando. Durante Amici, però, il modo migliore con cui sono arrivata alla gente è stato proprio Nietzsche, quindi potrei voler continuare su questa strada.

Cosa hai detto a Gaia dopo la vittoria?

Appena è rientrata le ho dato un abbraccio enorme, poi lei è dovuta andare via, ma quella sera e abbiamo continuato a mandarci messaggi, fino all'alba, finché non siamo crollate, ma abbiamo continuato a sentirci. Se è vero che all'inizio tra noi c'era un po' di indifferenza reciproca, dovuta a una sana competizione, col tempo abbiamo avuto modo di scoprirci, raccontarci e affezionarci l'una all'altra e lei sa che ha un invito a Napoli appena finisce tutto. Sono sinceramente felice per lei.

Immagino che prima di sapere della pandemia e del lockdown ci fosse un'aspettativa di pubblico, di abbraccio. Cosa ti aspettavi?

Egoisticamente, quando ci è stata comunicata la situazione, il primo pensiero è stato che se è così seria, non avrei potuto fare quello che ho sempre desiderato: un concerto live con una band, ad esempio, o incontrare le persone durante gli instore, e da lì la paura di uscire. Ma questa situazione l'affronto accettandola, anche perché non possiamo far altro che stare in casa e rispettare le regole.

Lo chiedo anche a te: se potessi scegliere una collaborazione?

Con Salmo sarebbe un sogno, con Ghali vorrei fare proprio un pezzo, ma mi piacerebbe collaborare anche con Madame, che adoro. Poi sicuramente con Emma e con Fabrizio Moro.

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