A Chi l’ha visto i dubbi sulla morte di Luigi Tenco: “Ecco tutte le incongruenze”

Nel 2006, a seguito della riesumazione del corpo, il procuratore capo di Sanremo, Mariano Gagliano, ha confermato che il 27 gennaio del 1967, nella stanza 219 dell'Hotel Savoy di Sanremo Luigi Tenco si suicidò sparandosi un colpo alla testa nell'albergo che lo ospitava durante il Festival di Sanremo, mettendo fine ad anni di speculazioni sulla sua morte. O, almeno, provandoci, visto che tutt'oggi, nonostante la riesumazione del cadavere e le testimonianze di persone e colleghi a lui vicino, c'è chi ne mette in dubbio le dinamiche soprattutto a causa di alcune incongruenze. Ieri sera, a Chi l'ha visto, in occasione della fine del festival, si è tornati a parlare del suicidio di uno dei maggiori esponenti del cantautorato italiano, autore di canzoni rimaste nel bagaglio musicale italiano come "Ciao amore ciao", "Vedrai vedrai" e "Mi sono innamorato di te".
Nel programma condotto da Federica Sciarelli è intervenuto il criminologo e giornalista Pasquale Ragone che assieme a Nicola Guarneri ha scritto il libro inchiesta "Le ombre del silenzio" e che da anni studia il "Caso Tenco", non accettando la versione ufficiale del suicidio a causa di elementi come: lo sparo non sentito dalle stanze affianco, la pistola e il biglietto trovati in un secondo momento, voci di implicazioni della malavita, la mancata autopsia etc. Insomma, da anni Ragone – e non solo – sostiene che non sia stata la mano di Tenco a premere il grilletto, nonostante le parole di Vincenza Liviero, responsabile della sezione di medicina legale della questura di Roma, medico capo dell'ufficio sanitario provinciale e medico legale dell'Ert (Esperti ricerca tracce) che a seguito dell'autopsia disse che "La ricostruzione balistica dovrebbe confermare questa ipotesi suicidiaria. Anche il tipo di arma trovato nella stanza, la Ppk, è compatibile con le ferite riscontrate sul cadavere".
A Chi l'ha visto Ragone conferma i dubbi e, ribadendo il contrasto che da anni va avanti col Procuratore di Sanremo, ha detto che “L’inchiesta investigativa è stata condotta in maniera grossolana e confusionaria. Il bossolo trovato nella stanza, ad esempio appartiene a un'altra arma" dice Ragone. Luigi Tenco, 28 anni, la sera del suicidio aveva cantato "Ciao amore ciao", con un'esibizione che non raccolse i voti necessari per approdare alla finale confermando i dubbi del cantante che non era popolarissimo tra il pubblico, ma solo tra gli addetti ai lavori, al punto che la RCA, la sua etichetta, decise di affiancargli Dalida, con cui scoppiò anche l'amore. Quella sera Tenco, stando ad alcune testimonianze, non era sereno e non lo era da tempo, come testimonia il suo manager Dossena che prima di andare a Sanremo trovò nella macchina una pistola e alla richiesta di spiegazioni sentì il cantante rispondergli: "È la terza volta che cerano di uccidermi. Lo volete capire, ragazzi, io ho paura". Ma alla domanda sul chi volesse ucciderlo non diede mai una risposta.

A trovarlo esanime nella sua stanza sono prima Lucio Dalla e poi la stessa Dalida. Molti testimoni hanno dichiarato che nella stanza non c'erano né la pistola, né il bigliettino in cui il cantante avrebbe spiegato il suo gesto: "Io ho voluto bene al pubblico italiano e gli ho dedicato inutilmente cinque anni della mia vita. Faccio questo non perché sono stanco della vita (tutt'altro) ma come atto di protesta contro un pubblico che manda Io tu e le rose in finale e ad una commissione che seleziona La rivoluzione. Spero che serva a chiarire le idee a qualcuno. Ciao. Luigi". Inizialmente, le persone nella stanza pensano a un malore e solo successivamente si nota il foro del proiettile. Il corpo di Tenco viene portato via dall'Hotel Savoy in tutta fretta e solo in nottata è riportato in stanza per le foto della scientifica. È in quel momento che spuntano pistola e biglietti.
A Chi l'ha visto si rimanda in onda la testimonianza del magistrato che seguì le indagini, Arrigo Molinari, membro della P2 di Gelli. Viene mandato in onda un pezzo di Domenica In in cui alla domanda di Paolo Bonolis se quello di Tenco fosse o meno suicidio, risponde: "Non è stato un suicidio, ma un omicidio collettivo. Io però non ho potuto lavorare". Molinari verrà trovato morto nella sua casa a seguito di un tentato furto. Molto scettica sul biglietto anche Orietta Berti, autrice di "Io, tu e le rose", pezzo criticato dal biglietto di addio del cantautore: "Non ho mai creduto che avesse scritto quel biglietto – ha detto al programma -. Per me non l'ha scritto lui. Credo sia un omicidio, lo sostengo da sempre, ma ogni volta che lo dico in un'intervista mi tagliano".
Il caso è stato archiviato come suicidio nel 2009, ma la Procura di Imperia ha aperto un nuovo fascicolo sulla morte.