10 anni di Francesca Michielin: “Dopo X Factor ho preso molti rischi ma oggi sono più consapevole”
Il 5 gennaio 2012 Francesca Michielin vinceva X Factor e si apprestava a fare il suo ingresso nel mondo della discografia italiana. Col senno di poi, sappiamo quanto sia complessa la vita degli artisti dopo la fine del programma: giovanissimi, gettati in un mondo complesso, con differenti mode del momento da seguire, un pubblico che spesso ti resta affezionato il tempo di innamorarsi degli artisti dell'edizione successiva. Eppure, dieci anni dopo Francesca Michielin è ancora qui e lo è con una consapevolezza enorme e un posto importante nel mondo della discografia contemporanea. Parlano i numeri, per esempio, ma lasciare che siano solo i numeri a raccontare un'artista sarebbe stupido. In questi anni, infatti, Michielin ha saputo raccontarsi, raccontare chi è e quella che è la sua idea artistica che si dipana nella musica, ma anche in altre forme culturali. "Percorso", "complessità" e "curiosità" sono le parole che sintetizzano proprio l'artista di Bassano del Grappa, quelle con cui lei si definisce che, però, corrispondono anche all'idea che si ha di lei. Un'artista che indaga, non smette di studiare, e si prende anche qualche rischio. Di certo non ha paura di prendere posizioni e mantenerle: basta ascoltare le sue canzoni (sia a livello testuale che musicale), guardarla su palchi importanti come quello di Sanremo, ascoltare il suo podcast, seguirla sui social, in un mondo ampio che riserverà, siamo certi, ancora qualche sorpresa per questo 2022 in cui la cantante si prenderà tutto il tempo per festeggiare questo traguardo. Ci siamo fatti raccontare questi dieci anni proprio da lei (a cui abbiamo chiesto i suoi brani preferiti da ciascun album. Li trovate inseriti nell'intervista).
Sono passati 10 anni esatti dalla tua vittoria a X Factor nel 2012. L'altro giorno riguardavo il tuo provino a X Factor, ti capita mai di riguardarlo?
No, mai, mi vergogno troppo.
Ti definivi una ragazza "imprevedibile, sognatrice e perfezionista", ti definiresti ancora così?
Incredibile, ero super fan di W.I.T.C.H., un magazine che dava tutti questi aggettivi per descriversi… Sì, mi definisco ancora così, nel senso che sono imprevedibile anche nei confronti di me stessa, un sacco sognatrice e perfezionista sì, anche se con questa cosa del perfezionismo ci ho lavorato, cercando di non farla diventare un'ossessione che potesse limitarmi, perché spesso è così.
Se dovessi aggiungerne uno, oggi?
Sono una persona curiosa, che si interroga molto su tutto quello che la circonda e quello che sento dentro di me e cerco veramente di abbracciare la complessità che è intorno a me e capirla più che posso, senza essere chiusa.
Sei una che festeggia gli anniversari?
Sì, li festeggio e ammetto di avere anche sofferto perché mi sono fatta due compleanni in zona rossa, mi manca l'idea del celebrare qualcosa con qualcuno, però credo che festeggerò in qualche modo, devo ancora capire come.
Vabbè, hai un anno intero…
Esatto, l'idea che ho non è quella di celebrare un giorno preciso ma cercare di fare qualcosa di speciale durante tutto l'anno.
Talent, Sanremo, podcast, hit estive etc, credo che possiamo definirti una giovane veterana dell'ambiente: come hai visto cambiare questo mondo in questi dieci anni?
Fa ridere sentire "giovane veterana" però è corretto ed è una cosa che ho vissuto tantissimo in quest'ultimo Sanremo – ne ho parlato molto anche col mio analista -, è stato forte perché nel 2016 ero di fatto un'esordiente, anche se facevo già quel lavoro da quattro-cinque anni ero all'inizio di un percorso, avevo vent'anni, un solo disco alle spalle, mentre quest'anno mi sono ritrovata ad avere intorno a me dei giovani cantautori, un sacco di outsider, e mi sentivo di fatto una vecchia. Mi sono chiesta cosa potessi aggiungere a tutto questo dialogo musicale in corso ed è stata una domanda di grande crisi – che etimologicamente è anche di grande scelta -, mi sono chiesta come volessi pormi in questo momento. Essere ritenuti veterani a neanche 30 anni, in Italia, è un successo, perché in questo Paese siamo considerati giovani fino a 50 anni, fai fatica ad importi da veterano, quindi da un lato sono contenta, ma dall'altro mi sono molto interrogata e penso che più che cercare di dare risposte immediate debba continuare a fare un percorso, seguendo quello che sento, perché penso che per un'artista il percorso è tutto, non sono tanto importanti i risultati flash quanto il cammino artistico per intero.
E il tuo è in continua evoluzione, a proposito di quella curiosità di cui parlavi prima. Due secondi posti a Sanremo, da giovane e da veterana appunto: sono due ottimi posti o sono due primi posti mancati?
I primi stanno antipatici a tutti, mentre i secondi hanno la possibilità di essere più simpatici. Scherzi a parte, questi secondi posti vanno contestualizzati: per quanto riguarda il primo anno che feci Sanremo, credo sia stato meglio così, anche perché è stata una giusta celebrazione per gli Stadio, mi sarei sentita molto in colpa, avrei sentito molto la sindrome dell'impostore. Nel caso di quest'anno mi sentivo da mesi che avrebbero vinto i Maneskin e penso che sia proprio giusto, è stato una specie di scossone. Poi io e Federico (Fedez, ndr) abbiamo fatto talmente tante cose insieme, quasi tutte di successo… è stato giusto così, non mi aspettavo neanche di arrivare così in alto visto il sistema di votazione complesso. Poi dico sempre che Sanremo comincia sempre il lunedì dopo, quando il tuo pezzo riesce ad arrivare a tutti e capisci quanto di te arriva alle persone, anche perché nella storia abbiamo visto cose assurde, tipo l'eliminazione dopo la prima serata di Carmen Consoli con "Confusa e felice". Una cosa assurda, ma abbiamo visto come è finita.
Sanremo, album, singoli estivi, podcast, tour, successi, che 2021 è stato?
Allora, il primo pensiero potrebbe essere un elenco di cose stupende, cose che a volte non fai neanche tutte insieme in una vita, poi ho pensato: ‘Voglio davvero ricordare gli anni come un elenco di esperienze o c'è qualcosa di più?'. Io credo che quest'anno grazie alle esperienze che ho fatto è come se avessi accolto, per la prima volta nella mia vita, anche il mio essere come sono, nella mia fragilità: sono uscita in un momento storico in cui non ti permettevano di essere come volevi.
In che senso?
Anche adesso, nei vari modi che abbiamo di esprimerci con i social o pensa alle piattaforme che esistono, è più facile essere se stessi, paradossalmente, ma una volta non era così e la cantante donna che usciva dal talent doveva essere una determinata cosa e cantare una determinata cosa. Per questo sono contenta e molto più consapevole delle cose che voglio e, se posso dire, anche perché mi sono presa un sacco di rischi: l'essere tornata a Sanremo, aver fatto un podcast, un tour andato bene, essermi cimentata in tante cose nuove mi ha fatto capire che devo tirare fuori sempre questo coraggio nel proporre certe cose. È stato un anno importante perché è stato un anno di consapevolezza e anche di accettazione di quella che sono. Credo di essere anche cresciuta come artista in un mondo di artisti, nel senso che è fondamentale il concetto di comunità musicale. Una delle cose che il Covid ci ha regalato è che ci ha dato molto la possibilità di pensarci come comunità di persone che fa la stessa cosa ma ognuno in maniera differente e questa deve essere una ricchezza e non competizione.
Questa cosa declinata anche in quella che è una tua battaglia come cantautrice, che è una comunità nella comunità di cui, credo di poter dire, tu sei una delle bandiere e più ardue sostenitrici…
Sono sicuramente una di quelle che prende molte shitstorm, il podcast ha aiutato molto questa consapevolezza, ma in realtà queste idee le porto avanti già da anni, pensa a canzoni come "Femme", che riflette su questa cosa. Però poi sono cresciuta per quanto riguarda questo tema.
E cosa hai imparato?
Per esempio, qualche anno fa pensavo che le quote di genere non avessero alcun senso perché dall'alto del mio privilegio di artista donna che ce la stava facendo mi dicevo che se ero lì era solo perché me lo meritavo, invece, come dice il detto ‘noi camminiamo sulle spalle dei giganti', ci sono persone che anno fatto scelte coraggiose – pensa proprio a Carmen Consoli – e ci hanno aperto delle strade. Mi rendo sempre più conto, poi, che la cosa fondamentale è accettare la complessità e la diversità che abbiamo altrimenti rischiamo di pensare che qualcuno non vale quanto noi perché non scrive i suoi pezzi (sì, ho sentito anche questi discorsi!). Invece semplicemente bisogna cercare di rispettare la dignità lavorativa di ogni artista in modo che ognuna sia differente e possa esprimersi al suo meglio. Io sono molto contenta di questo e vedo molta più originalità nella musica delle donne, adesso, in Italia che in quella degli uomini.
Cos'è che puoi dirmi, invece, del 2022?
Credo che sarà un anno molto importante, perché per me è un anno in cui, spero, farò fruttare delle cose di me su cui lavoro da tanto tanto tempo. Ci sono aspetti delle mie passioni, dei miei studi, da far fruttare, sotto tantissimi punti di vista. Sicuramente ci sarà la seconda stagione di Maschiacci, poi c'è il programma che abbiamo scritto per Sky Nature, ma non abbiamo ancora date di uscita. Ecco, questa è stata una grande cosa per me, perché mi sono resa conto di quanto mi piaccia scrivere a 360 gradi, dalle canzoni ai podcast a questo tipo di comunicazione e mi sono potuta confrontare col tema della complessità di cui ti parlavo, cercando di dare una guida pratica alle persone, spiegando cosa si possa concretamente fare, tipo quando facciamo la spesa ed educarci proprio al tema della complessità, al fatto che non tutto va demonizzato a priori ma bisogna sempre valutare le contraddizioni di una stessa cosa per arrivare anche a un compromesso.
Come vedi la Francesca del futuro?
Anche in questo caso, so che devo rischiare moltissimo, quello che sto cercando di fare è scrivere quanto più possibile di mio pugno, ma non lo faccio per rivendicare un'identità o cosa, solo perché sento il bisogno di dire delle cose e dirle in un certo modo e di creare una sorta di album manifesto. Fino a oggi ho fatto dei dischi di cui sono super contenta, ma sono tutte delle sfaccettature di me: giuste, belle, anche perché quello che cerco di ricordare a tutti è che quando cominci a scrivere giovanissima le cose cambiano molto, dai 16 ai 20 anni sei una cosa, dai 20 ai 25 un'altra ancora quindi ci sta che una persona esplori, attraverso la musica, parti di sé. Tra due mesi compio 27 anni, non dico di essere vecchia, ma non ho più 16 anni e vorrei creare un disco che sia il più rappresentativo possibile.
Prima parlavi delle shitstorm "musicali", ma tu sei un'artista che se ne becca anche per un'altra tua passione, lo sport. Stiamo ancora al fatto che in quanto donna devi farti i fatti tuoi?
Ci ho molto ragionato su questa cosa, sul perché soprattutto il pubblico maschile ce l'abbia così tanto con una ragazza che parla di calcio, Formula 1, ma anche di assorbenti stessi, e penso che sia una questione di invidia inconscia che nasce dal fatto che alcune cose erano sempre viste come terreno loro. Io manco ce l'ho con queste persone perché sono meccanismi inconsci che hai fin da piccolissimo: pensa a quando si dice "professioni maschili", non è che è una professione è maschile ma spesso è solo che storicamente l'hanno sempre fatta gli uomini e quindi fa un po' strano se fatta da una donna e così se ne parla in un certo modo. Le shitstorm avvengono perché alcune persone si meravigliano, si rendono conto che un certo contesto sfugge dalla loro esperienza, dal loro controllo, per questo dà fastidio che io, donna, parli della Juve, della Ferrari e di tutto… Ma ripeto non gliene faccio una colpa perché sono cose a cui pian piano bisogna educarli, poi spesso sono commenti che arrivano da persone che hanno una certa età, per questo confido molto nelle nove generazioni.
Qual è lo strumento con cui descriveresti il 2021?
Lo descriverei con un violoncello, perché è uno strumento che nell'antichità si usava anche come basso continuo e perché ti dà sempre questa idea di amalgama, è tutto molto legato.
E quale vorresti per il 2022?
Una chitarra elettrica (ride, ndr), perché c'ha la cazzimma.
Ho visto che su Wikipedia sei ancora "cantante e compositrice italiana", continuano a cambiarti quel "cantautrice", insomma…
Ma sì, va bene, lasciamoli divertire ‘sti troll. Loro pensano che il cantautore è colui che scrive pezzi impegnati, ma perché? La nostra tradizione di cantautorato, quasi solo maschile, scriveva canzoni molto dense, però questo non significa nulla.
Pensi di essere apprezzata e stimata quanto meriteresti?
Spesso leggo "Francesca Michielin è troppo sottovalutata" e non so se prenderlo come un complimento o meno. Quando inizi molto giovane, fai cose di un certo tipo, è tosta imporsi, specie quando hai tante cose differenti da raccontare, non sei un'unica cosa, è sempre più difficile, secondo me, arrivare a tantissime persone. Penso a tanti artisti che mi piacciono e che sostanzialmente hanno fatto della loro nicchia una specie di vallata di gente che li segue. Secondo me, soprattutto quando sei una donna, il pubblico che si affeziona a te non ti molla facilmente e te lo dico io che non sono né sono mai stata una teen idol, però quello per ampliare il proprio pubblico è proprio un percorso molto lungo e in salita. So, però, che chi mi segue mia apprezza. Poi sai ci sono i classici preconcetti da abbattere perché sei una ragazza, ma questa cosa ci sarà sempre.
Possiamo dire che siete la generazione della precarietà musicale?
Sì, tantissimo, anche il pubblico ha una cultura differente, non è tanto perché siamo persone che pensano alla musica in una maniera precaria, quanto perché il pubblico che usufruisce di questa musica ha un'idea molto usa e getta delle canzoni: metti le playlist, ti ascolti i singoli, raramente ascolti gli album, anche se sappiamo che si sta cercando di tornare a quel concetto più analogico della musica, pensa al vinile, ma viviamo un periodo storico difficile. Penso anche ad artisti come Beatrice Antolini che ascoltavo molto quando era più piccola e che a modo suo, anche se non faceva gli stessi numeri di un'artista come Elisa, aveva comunque il suo pubblico e sto prendendo proprio l'indie vero. Adesso è molto più difficile essere "indie", perché è come se ci fosse spazio per tutti, ma al contempo lo spazio di fruizione è molto stretto, quindi è difficilissimo. Secondo me il futuro sono i live, bisogna fare molti concerti.
Chi tifi a Sanremo?
Per questioni regionali direi Donatella Rettore, poi sono molto felice per Michele Bravi, perché gli voglio molto bene e sono anche molto contenta per Emma, perché si è messa in gioco in una maniera diversa. Lei per me è un'artista molto importante, abbiamo iniziato insieme, inconsapevolmente, perché quando lei fece il suo provino ad Amici io ero in seconda superiore e non guardavo tanto il programma all'epoca ma ricordo che rimasi impressionata, poi mi ha sempre trasmesso l'idea di essere una persona che sul palco dà il 100%, non è manieristica, è dritta e questa cosa mi piace molto.
Quali album, libri, film, porti con te da questo 2021?
Ho molto apprezzato il disco di Halsey e mi piace l'idea che tanti dischi abbiano tanta darkness, anche nelle copertine, pensa anche a "Donda" di Kanye West, ho molto apprezzato che nei dischi si desse spazio all'aspetto più fragile che c'è in ognuno di noi. Per questo, come film, ti direi "La mano di dio", proprio perché all'interno ha questo concetto dell'essere abbandonati, del sentirsi soli – che non sono la stessa cosa -, ma quella cosa mi ha lacerata e mi piace che un regista che ha vinto un Oscar e che idealmente potrebbe ritirarsi, vada a prendere la parte più fragile della sua vita. Ecco, questo è uno degli aspetti che ho apprezzato di più nei libri, nei dischi e nei film che ho visto.