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Lo Stato Sociale torna in tour: “Sarà un circo in cui succederà di tutto”

Lo Stato Sociale è uno dei fenomeni musicali di questi ultimi anni. Pienamente addentro al mondo indipendente i 5 ragazzi bolognesi, che a breve ripartono col tour, fanno numeri da major, ma dicono “Non lasceremmo la Garrincha neanche per un milione di euro”.
A cura di Francesco Raiola
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Che vi piacciano o meno, Lo Stato Sociale sono uno dei fenomeni musicali italiani di questi ultimi anni. Capaci di dividere nettamente in due la critica e il pubblico indipendente, i 5 ragazzi bolognesi se ne fregano abbastanza, scherzano sulle proprie capacità e cercano di raccontare l'Italia in cui vivono, con titoli provocatori ("Mi sono rotto il cazzo", "Sono così indie", "La musica non è una cosa seria") e citazioni ("La rivoluzione non passerà in tv"), ma sempre con enorme ironia. In due album ("Turisti della democrazia" e "L'Italia peggiore") la band ha visto crescere esponenzialmente il proprio pubblico, "lottando" con l'essere diventati un gruppo da "citazioni sui social" e la fama di populisti. Nel frattempo torna in tour con "L'Italia peggiore", il secondo album uscito sempre per la Garrincha. Abbiamo fatto due chiacchiere con Alberto "Bebo" Guidetti che ci ha raccontato un po' di come Lo Stato Sociale prepara un tour e il perché non pubblicheranno mai su una major.

Partiamo da un'ammissione: non ho mai visto un concerto de Lo Stato Sociale…

Mi spiace, o forse è una fortuna, non lo so [ride, ndr].

Racconta a chi non l'ha mai visto cosa succede durante una tappa del vostro tour.

Succede di tutto, ormai lo sa chiunque, cerchiamo di non fare semplicemente una canzone dietro l'altra. Non siamo una band che si diverte a fare solo le canzoni e non ci piace far provare il limite del palco. Cerchiamo di dialogare, divertire, avere momenti seri etc…. avere molti momenti diversi tra di loro, ma quello che speriamo è di far stare bene chi viene a vederci, mandandoli a casa più contenti di quando sono arrivati. Facciamo il circo e questo tour sarà un tour ancora più enorme.

Ecco, appunto, come cambia questo nuovo rispetto a quello d'esordio. Sia come preparazione (visto che rispetto al primo siete cresciuti tantissimo) che nel rapporto nel vostro pubblico.

Guarda, abbiamo sempre messo una buona cura nella preparazione dei live. C'è stato un primissimo periodo, prima di "Turisti della democrazia", in cui era veramente difficile venirci a vedere visto che facevamo tantissimo cabaret. Lì forse esageravamo, mentre col tempo abbiamo trovato una quadra, quindi facciamo tante prove per imparare le canzoni – perché facciamo schifo a suonare, è bene premetterlo [ride, ndr] – e poi facciamo tante ore di allestimento per provare lo spettacolo e far sì che funzioni tutto e non ci sia mai un momento di noia. Non può succedere. Ovviamente quando hai un pubblico che cresce rapidamente è anche difficile intercettare tutti gli umori. Capita che chi ci viene a vedere per la prima volta dica ‘Che cazzo succede', poi, però, il 90% delle volte siamo fortunati e le persone capiscono.

È uno spettacolo fisso o variate di data in data?

Stiamo preparando un allestimento molto… "costruito" e sarà quello per tutte le prossime date. Nel prossimo, ovviamente, vedrete cose diverse.

Cosa fate prima di salire sul palco? Avete qualche rituale particolare?

Di rituali ne abbiamo tutti, come quando prima di uscire di casa controlli di aver preso tutto. Ne abbiamo uno solo che facciamo sempre, poi per il resto abbiamo un processo. C'è un momento in cui devi tramutare la chiusura dello stomaco in tranquillità ed esiste solo quello che devi fare. La nostra capacità è riuscire a trovare questa forma di empatia tra di noi prima di salire sul palco, quindi è un processo, appunto, che si costruisce umanamente da tante ore prima, a volte anche molti giorni prima.

Leggevo che avete cambiato palco all'Alcatraz. Quanto vi spaventa il passaggio da quelli che erano luoghi più piccoli a quelli più grandi?

Sì, il discorso sull'affluenza è una paura che ha a che fare con la burocrazia, molto legata al lato brutto del lavoro, ovvero quella cosa per cui devi fare il risultato, dimostrare che sei un vincente. Ovviamente ci sta. Dall'altro lato, in realtà, che mi dicano: ‘Vai a suonare all'Alcatraz' o ‘Vai a suonare al localino dietro casa', non cambia nulla. È chiaro che ci sono dinamiche più complesse. Arrivi allo spettacolo all'Alcatraz che sei in moto da diverse ore. Quando devi andare a suonare davanti a 50 persone, c'è un percorso diverso. Su un palco grande, ovviamente, devi avere più energia, poi è normale che se suoni davanti a 10 persone o 10 mila devi metterci sempre il 100%.

Cosa non manca mai nel raider de Lo Stato Sociale?

Non ti chiederemo delle M&M's rosse come potevano fare alcune vecchie band. Rompiamo molto le palle dal punto di vista tecnico, ma da quello umano, quando ci dai da mangiare, da bere, da dormire, noi siamo contenti. Non abbiamo mai avuto partiolari richieste. Non siamo gente pretenziosa.

Avete fatto salto enorme, tra il primo e secondo, rappresentato anche dalla crescita dei fan su Facebook. Come gestite il vostro rapporto social? E come è nata l'idea delle scritte sui muri?

Va riconosciuto a Lodo di aver intercettato, forse in maniera casuale, qualcosa che poteva diventare un trend. Quella cosa ha aiutato parecchio. Il rapporto social continua a gestirlo lui, io mi occupo di mettere ogni tanto qualcosa negli orari in cui non riesce. Con la fanbase va bene, non siamo i tipi che si negano, anzi, stiamo bene al bar, siam cresciuti al bar e continueremo ad andare al bar.

La cosa più folle che vi è capitata durante un tour?

Ce ne sono capitate di tutti i colori, tipo che arrivi sul posto e non c'è neanche l'impianto. O, a volte, dover aver a che fare con gente che non ti paga. In linea di massima ci sono cose inenarrabili in un'intervista, ma diciamo che ne abbiam viste di cotte e di crude.

Siete il gruppo di punta della Garrincha Dischi. Avete avuto qualche corteggiamento dalle major?

In realtà il mondo musicale indipendente funziona in una maniera molto strana e difficile da capire se si è al di fuori. Chiaramente le major si sono accorte che esistono delle realtà che macinano brandi numeri – il che non significa, sia chiaro, macinare tanti soldi -, quindi a parte noi i gruppi de La Tempesta, i Management del dolore post-operatorio, insomma tutta quella dimensione attorno a noi. Ed una cosa gigante: rispetto ai numeri dei Marcvo Mengoni il nostro mondo è gigante, ci sono decine di migliaia di persone che ogni mese vanno a vedere i concerti. Cosa che non succede da un'altra parte ed è evidente che abbiano interesse nell'investire in questo tipo di mercato. Non lo possono fare attivamente perché non capiscono un cazzo e continueranno a non capire un cazzo di musica, però sono entità molto brave a gestire i soldi e quindi sanno che col processo di acquisto delle edizioni musicali possono aumentare la loro presenza su un mercato in cui notoriamente non sono capaci di lavorare, perché bisogna essere agili, capaci di girare per concerti e ascoltare le band minuscole e loro non lo fanno. Lo facciamo noi indipendenti, poi arrivano loro e dicono ‘Cazzo, Lo Stato Sociale ha fatto dei numeri fighissimi, chissà cosa gli possiamo offrire per essere appetibili su quel mercato lì e alla fine ti offrono dei soldi per acquistare le tue edizioni e tu puoi decidere che fare. Io non lascerei la Garrincha neanche per un milione di euro.

Le date del tour de Lo Stato Sociale

31/10 – Rimini – Velvet Club
05/11 Padova Geox Live Club, Gran Teatro Geox
06/11 – Milano – Alcatraz
08/11 – Perugia – Urban Live Music Club
14/11 – Bologna – Locomotiv Club
15/11 – Bologna – Locomotiv Club SOLD OUT
16/11 – Bologna -Locomotiv Club
22/11 – Torino – Hiroshima Mon Amour
28/11 – Roma – Ausgang Produzioni c/o Atlantico Live Club
29/11 – Brindisi – Dopolavoro
06/12 – Firenze – Auditorium Flog
12/12 – Catania – Barbara Disco Lab
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