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Paolo Benvegnù: “Raccontiamo un tempo in cui non sappiamo più confrontarci con l’altro”

Paolo Benvegnù ha pubblicato l’Ep “Solo fiori”, che lo conferma come uno dei migliori cantautori italiani. Ecco tutte le date del tour.
A cura di Francesco Raiola
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Paolo Benvegnù (ph Mauro Talamonti)
Paolo Benvegnù (ph Mauro Talamonti)

Una delle costanti delle interviste di Paolo Benvegnù è il suo citare i classici della letteratura, toccare i grandi temi della vita, ma senza problemi nel partire dai temi pop. Lo abbiamo constatato ancora una volta quando tramite Zoom abbiamo parlato di "Solo fiori", il suo ultimo EP che conferma come sia uno dei migliori cantautori italiani. Questa volta Benvegnù riflette sull'esistenza e sul cambiamento ma soprattutto ciò che muove il cantautore in questi tempi è il bisogno di ascoltare l'alterità, tema che torna continuamente durante l'intervista.

È una cosa che fai spesso, ovvero citare Letteratura nelle interviste, poi c'è Ismael. Che rapporto ha la tua musica con la letteratura

Sono un uomo che sin dalla più imberbe infanzia è un contemplatore, ho sempre contemplato il mondo e se c'è qualcosa che veramente mi ha dato una mano nel cercare di discernere ciò che succedeva intorno a me, è stata la letteratura. Poi, essendo un uomo del Novecento che non ha bisogno di inseguire sempre l'attualità vado spesso sui classici: fin da ragazzo ho letto molto, anche se adesso non riesco più a tenere quel ritmo e me ne dispiaccio, perché ascoltare l'altro, ascoltare l'alterità, è davvero una rivelazione. Devo dire che negli ultimi tempi, non in letteratura ma in altre cose, riesco a trovare questa bellezza, ovvero il fatto che l'altro mi spieghi le cose, che mi dia le informazioni per poter discernere il mondo, e quello che faccio ogni giorno è semplicemente cercare di capire e poi magari metterlo sotto forma di immagini, poi dimenticarlo e la cosa bella è che il giorno dopo non mi ricordo niente e perciò sembrerebbe una immane scoperta quotidiana, ma non lo è perché mi si cancella tutto, ho la memoria del pensiero.

È bello accettare che possiamo non conoscere qualcosa e aprirci alla spiegazione, invece di dire "Non capisco, non mi piace".

Credo sia un po' la differenza tra il Novecento e questi anni. Ricordo che quando non comprendevo qualcosa – se questa cosa stimolava la mia curiosità – per me era importante cercare di capirlo,  mi sentivo proprio un essere umano che non capisce, perciò cercavo di informarmi. Invece adesso, paradossalmente, la sensazione della quasi totalità delle persone è che se non capisci una cosa, sei tu che ti spieghi male. Sembra una stupidaggine ma secondo me è un assioma della diversità di questo post-tutto rispetto a quello che era il Novecento. Riassumendo, è come se nel Novecento si cercasse un po' l'identità delle cose, dell'alterità, dell'altro in noi e invece adesso si cerca disperatamente l'eredità senza però fare fatica, si vuole tutto subito, non è un mondo che mi fa impazzire sotto questo punto di vista.

Nella nota stampi presenti l'album più con domande che con risposte. Non è il tempo di darsi risposte?

Sono piccole intuizioni legate al quotidiano. Mettiamola così: spesso vado su percorsi alternativi, cerco di andare nelle dimensioni adiacenti alla realtà, sogno una civiltà dell'immagina, non dell'immagine, come dice Bergonzoni. Il mio imperativo, da bambino delle elementari, è cercare prima o poi di riuscire ad avere questo tipo di intuizioni, che sembrano giochi di parole ma in realtà sono fondamentali. Credo che in questo momento stiamo abbandonando il magico che c'è tra uomo e uomo, tra uomo e l'altro, l'alterità in generale e questa cosa da un lato rende il mondo, ovviamente, più pratico e funzionale, ma dall'altro questo è un atteggiamento da dominatore del mondo e non da abitanti del mondo. Sembra una sfumatura ma non lo è affatto.

Come mai hai scelto la forma dell'Ep?

La trilogia formata da Hermann, Earth Hotel e H3+ era veramente una trilogia seria, stabilita a metà del primo passo, anche se a volte io stesso cerco di dimenticarla perché in H3+ ho perso il lume della ragione. L'idea, però, era proprio quella di vedere l'uomo in più ambiti storici, soprattutto nel futuro, in un futuro chiuso in un'astronave, nello spazio, perché ritengo che il nostro corpo sia esso stesso un'astronave. Abbiamo un involucro, il sistema di controllo, degli oblò da cui vediamo le cose e ci muoviamo nello spazio e nel tempo. E allora perché non considerarci un'astronave e poi considerare lo spazio angusto di un'astronave persa nel vuoto come la metafora di quello che succede adesso: abbiamo dei muri meravigliosi che ci proteggono dalle insidie, ma anche che ci occludono lo sguardo. Però su H3+ mi sono un po' perso perché l'intuizione era molto bella purtroppo non si concretizzò come volevo, quindi la parte finale di quella trilogia, ahimè, non è venuta come speravo e pensavo. Insieme ai miei compagni, poi, abbiamo fatto "Dell'odio dell'innocenza", uscito nel 2020, in piena epoca Covid, forse un po' più contemporaneo e in questi ultimi mesi abbiamo scritto molti brani e il nostro manager, Marco Gallorini di Woodworm, ha detto "Ma se avete così tanto materiale intanto facciamone una raccolta di racconti in cui si vedono le punte estreme del discorso che volete fare, ovvero che cos'è la vita degli uomini senza il magico, senza l'amore, inteso come intercettazione della follia dell'altro". Perciò questa è una raccolta di racconti e presumibilmente a novembre uscirà il corpus di questo romanzone. Mi ha dato grande soddisfazione riuscire a togliere dal corpus di questo romanzo questi racconti che ne sono quasi una sinossi.

È un Ep che racconta il ritorno di quest'uomo sulla terra che guarda un po' questo mondo devastato che si tiene su con l'amore, con le relazioni.

È così, in realtà avevamo scritto molti brani in maniera completamente diversa, ma mai come l'anno scorso avevo una gran voglia di stigmatizzare me stesso, in primis, e poi il genere umano di cui faccio parte, invece poi con i miei compagni ci siamo domandati: "Ma se Shakespeare – o Ariosto, Tass,o Omero – dovesse parlare di questi tempi, come svilupperebbe questo racconto? E ci siamo risposti che lo svilupperebbe attraverso la relazione, non soltanto tra sé e sé, tra sé e l'altro, in maniera esclusiva, ma anche tra sé e l'altro e l'alterità in generale, alla fine torno sempre lì. Perciò abbiamo parlato d'amore ma di amore come forza rivoluzionaria, perché se tu, uomo del post-tutto e del turbocapitalismo, cerchi disperatamente di fare in modo che l'uomo sia una macchina, ne estrai il magico, estrai tutto quello che è il sentire e quando parlo di sentire, parlo soprattutto di quello che è l'educazione al sentimento. Noi siamo molto istruiti, ma poco educati sentimentalmente ed ecco perché abbiamo un gran bisogno di controllare ogni cosa, perché l'istruzione ci porta ad avere un'idea su come controllare gli eventi, ma il problema è discernerli e soprattutto, alle volte, desiderarli. Se estraiamo il desiderio dall'uomo, questi diventa soltanto un funzionario di apparato.

Italia pornografia è il racconto di un Paese in cui non c'è più la mediazione dell'amore, del sentimento, è tutto pornografia, alimentato anche dal nostro voyerismo, quindi poi cerchiamo "lo zio cardinale", in una sorta di familismo amorale.

Diciamo che il nostro è un paese in cui tanti hanno tre telefonini, ma in realtà quello che vedo è che siamo arcaici. La nostra è una nazione in cui le cose funzionano familiarmente, ci sono una serie di lobby: è anche giusto, normale, gli esseri umani si muovono per enclavi, è giusto che sia così, non possiamo conoscere tutti però, è paradossale, specialmente per quanto riguarda il lato creativo, perciò lavoriamo nella ristrettezza arcaica e tribale, per poi voler avere, però, una fidelizzazione universale. La cosa è molto curiosa. Però questa è un'intuizione che ho avuto tanti anni fa, quando vidi le immagini terribili della morte di Gheddafi: mentre lo lapidavano c'erano persone che filmavano col telefonino e mi è sembrata veramente una metafora del nostro mondo. Siamo tribalissimi, eppure siamo anche lanciati nella tecnologia, tecnologicizzati ma senza comprenderne il senso.

Our Love Song non ha niente a che fare con “This is not a love song”?

Ho scoperto poco tempo fa, durante un viaggio in macchina, mentre ascoltavo un'intervista a Garbo, di aderire a qualcosa che è strettamente legato alla mia età, ovvero a quella ambizione che era la new wave post-punk di quegli anni. Parlo ovviamente di un contesto prettamente musicale e artistico, quindi dal punto di vista delle assonanze e delle sonorità, del tipo di idea del brano, però quello che più volevo rimarcare con Our Love Song è l'amore che fagocita, cioè il divorarsi l'un l'altro, che è una cosa che può essere mostruosa. Il senso è che non è fagocitante dal punto di vista del possesso, ma proprio quasi una volontà di fusione tra due essenze, che è una cosa che per certi versi in natura c'è ma non c'è dal punto di vista umano e così, forse è la prima volta che riesco a scrivere di questo concetto che ho sempre sentito in me, ma in maniera un po' più obiettiva. Io ammetto le mie mostruosità, sono un mostro e nell'intenzione, per fortuna non nel quotidiano, posso anche commettere cose mostruose.

L'incontro con Malika Ayane com'è avvenuto?

Siamo stati fortunati perché a lei è piaciuto il brano che le abbiamo proposto. L'idea di proporglielo era proprio legato al fatto che quella è una piccola storia di due amanti che si risvegliano insieme e poi non si sa quando si troveranno, perciò è un inseguimento che dipende da loro, ma dipende anche dalle circostanze. L'idea che mi ha sempre dato Malika, che non conoscevo, è che fosse una donna in totale metamorfosi quotidiana. E quella è una storia di metamorfosi quotidiana, legata anche alla propria possibilità, al proprio immaginarsi rispetto all'altro e così mi è venuta quest'idea. Ho chiesto ai ragazzi di Woodworm di chiedere se a Malika poteva piacere fare questa cosa, poi c'è una cosa bellissima: io sembro quasi un narratore nella prima parte, poi arriva lei che canta queste parole che sono semplicissime, ma le fa brillare come soltanto le madri riescono a farle brillare le cose. E parlo di brillare sia dal punto di vista dello splendore, in questo caso per certi versi non soltanto vocale, di interpretazione, ma soprattutto per come le fa esplodere, quel senso di brillare. E perciò, quando ci ha mandato le voci, le abbiamo sentite e ne sono rimasto entusiasta.

Dove nasce 27-12?

Paolo, Lettera ai Corinti, passaggio 27-12, c'è una tormenta in atto, gli adepti di Paolo sono in questa barca che li sta portando dalla Siria a Roma e tutti loro sono terrorizzati. Questa tormenta ci ucciderà e per la prima volta Paolo di Tarso mi è simpatico perché al posto di entrare nella psicosi degli altri si pone come terra per gli altri. È l'unica volta in cui mi piace Paolo di Tarso, pensa che ho letto le sue lettere per cercare disperatamente di trovare le sue debolezze e ne ha tante, secondo me, ma quello è un altro discorso. Di fatto lui dice: "Come fate a essere su questo mezzo se non credete in colui il quale vi ha messo su questo mezzo?". Il senso è che in mezzo al destino che poteva essere garbato o crudele, c'è una strada, ed è una strada che non è guidata spesse volte dall'uomo, però, che può essere quanto meno intravista dall'uomo, cioè quello di far scorrere il fiume delle cose.

Nuvole, inverno, sole, oceano: semantica della natura, che pure citi esplicitamente. Come se oltre all’amore fosse un altro modo per restare attaccati a una sorta di autenticità.

Certo che sì, voglio dire: l'amore di relazione è una questione d'amore. Ho vissuto anche l'amore filiale e quello paterno, quest'ultimo lo vivo ancora, sono cose difficili dell'essere umano, proprio perché quando ci si trova in mezzo, uno sviluppa tutta una sua stratificazione di sentimento, ma quello che noi ci siamo dimenticando è l'aspetto legato alla nostra presenza sul pianeta, per cui noi siamo esattamente come qualsiasi altra presenza. Il fatto di essere così presuntuosi da ritenerci dominanti riguardo a qualcosa, mi fa ridere perché mi sembra talmente stupido, anche poco razionale, bisognerebbe capire che è una follia ritenersi dominanti rispetto alle materie prime oppure allo sfruttamento di ciò che il pianeta ci ha dato e ci darà ancora. Perciò io devo pensare che esista qualcosa di trascendente rispetto a questa follia, questa stupidità ed è ovvio che vado verso il sole, gli abissi, la luce che mi acceca, che torno ai miti, è normale che sia così, perché da sempre gli esseri umani sono stati quello.

Queste sono le date del tour di Benvegnù

  • Sabato 24 giugno – Nottilucente (Rocca di Montestaffoli) – San Gimignano (SI)
  • Venerdì 14 luglio –  Nell’arena delle Balle di Paglia – Cotignola (RA)  – NUOVA DATA
  • Venerdì 21 luglio – Montagnola Republic – Bologna (in solo)
  • Giovedì 10 agosto – Tra Ville e Giardini XXIV Edizione – Parco di Villa Schiatti-Giglioli – Ficarolo (RO) – NUOVA DATA
  • Sabato 12 agosto – Nxt Station – Bergamo
  • Mercoledì 27 settembre – Hiroshima Sound Garden – Torino – NUOVA DATA
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