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Noi che all’ultimo album di Miley Cyrus preferiamo i Virginiana Miller

Oggi esce “Bangerz”, il quarto album di Miley Cyrus che già domina le classifiche, ma pochi giorni fa è uscito un album poprock italiano che merita molto: “Venga il regno” dei Virginiana Miller. E allora noi abbiamo deciso di fare il tifo per loro e per tutti quei gruppi che fanno ottimo pop(rock)
A cura di Francesco Raiola
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Virginiana Miller
Virginiana Miller

Saranno centinaia di migliaia quelli che hanno aspettato “Bangerz”, l'ultimo album di Miley Cyrus, uscito oggi, e che tanto ha fatto parlare di sé in questi ultimi mesi. Saremo stati poche migliaia, di contro, ad essere in trepidante attesa degli ultimi dei Virginiana Miller o dei Calibro 35. Le stesse migliaia (centinaia?) che aspettano il secondo lavoro di Colapesce o si entusiasmano ascoltando l'ultimo degli His Clancyness o dei Saluti da Saturno, che il nostro buon Federico Guglielmi ha recensito poche settimane fa. Ma potremmo fare decine e decine di nomi di gruppi che non hanno il benché minimo passaggio in radio, e che meriterebbero palcoscenici nazionali (alcuni anche internazionali e nel loro piccolo li hanno anche).

Da anni ci si chiede perché un certo pop più raffinato, ma secondo noi molto accessibile, non possa arrivare a pubblici maggiori. O, nel caso in cui ci arrivi, debba succedere (anche) grazie al classico colpo di fortuna, che nulla toglie ai meriti del gruppo (ricordate i Baustelle de “La guerra è finita”? Ovvero come andare in heavy rotation con una canzone sul suicidio), che spesso, però, non serve.

Mentre scrivo ho nelle orecchie “Venga il regno”, ultimo album dei Virginiana Miller – e in particolare “Anni di piombo” che da quando ho tra le mani quest'album, va spesso in loop e di cui ieri è uscito il bel video che potete vedere giù nel pezzo -, un gruppo che ha musicato e ispirato, grazie al libro del proprio leader Simone Lenzi "La generazione", il film di Paolo Virzì “Tutti i santi giorni”, e la cui colonna omonima colonna sonora ha vinto il David di Donatello. Un album pop-rock, cantautorale, che per alcune sonorità potrebbe tranquillamente essere accessibile agli ascoltatori di qualunque radio italiana (non ho statistiche sui passaggi, mi baso su quella statistica che si chiama “quante volte l'ho ascoltata facendo zapping radiofonico? Nessuna”), ma che non sembra trovare molto spazio.

Forse la colpa dei Virginiana è quella di saper scrivere testi pop che non scaldano i cuori con rime quali “colore-amore” (ogni riferimento etc etc), ma avere (che dio li benedica!) il dono di saper raccontare in circa 4 minuti piccole storie, disegni che mostrano il mondo in cui viviamo (e da cui veniamo). Provate ad ascoltarla “Anni di piombo”, una canzone che in pochi minuti racconta il terrorismo e la paura di quegli anni con una semplicità disarmante (“Stai tranquilla vado piano/quando arrivo poi ti chiamo/da un telefono a gettoni/e ti dico che non mi hanno colpito le scosse/non mi hanno rapito le Brigate rosse/Non avere paura non temere/non c'è piombo in fondo al nostro cuore”), o l'amore in “Pupilla” ("Non aver paura che io non mi distrarrò da te/Non aver paura nel mio abbraccio nulla ti abbandona"), la noia giovanile della Milano bene in "Chic" ("ma lei credeva che fosse tutto un po' più puro e semplice, che bastasse una laurea in Cattolica e l'innato savoir faire") o il contraltare musicale (come alcuni l'hanno definita) a "La grande bellezza" di Sorrentino, in cui i Virginiana descrivono la Roma del potere ("Vittime e carnefici, Demoni e pontefici, polvere su polvere di polvere di secoli"). Il discorso sui testi è quello che m'ha portato a riflettere anche sul perché un Colapesce sia molto noto e apprezzato nel mondo indie, ma rimanga fermo là.

Eppure c'è chi c'ha provato a uscire un po'. Lo fecero i Perturbazione, qualche anno fa, con un pezzo come “Se Mi Scrivi”, benché tutta la loro carriera sia costellata da potenziali pezzi da classifica (penso a “Buongiorno buonafortuna”) o ai Numero 6, altro gruppo troppo poco apprezzato (di cui si accorse anche Pitchfork quando collaborarono con Bonnie "Prince" Billy), e che ha fatto del pop la propria vita. Loro ci giocano sopra e lo fanno anche nell'ultimo album, con un pezzo come “Storia precaria” in cui prendono in giro l'hype di questi mesi del rap ("Se fossi un rapper potrei dire cazzo e odiare i gay dal vivo andrei col deejay zero sbatti e tanti sghei").

Quindi in bocca al lupo ai Virginiana e a tutti quelli che fanno buona musica e hanno poco ritorno (mainstream). Non se la prenderà Miley Cyrus che in questo momento si accontenterà della testa della classifica iTunes e che a breve dominerà quelle mondiali.

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