Ermal Meta sullo stupro di Palermo: “Vi indignate per le mie parole, ma servono leggi stringenti”
Ermal Meta torna ad esporsi sul caso dello stupro di Palermo via social. Dopo essersi scagliato contro i ragazzi colpevoli della violenza sulla coetanea, l’artista difende ancora una volta lei sue posizioni, contro chi si sarebbe indignato per le sue parole forti.
Ermal Meta pubblica i messaggi ricevuti via social
Dopo essersi espresso nelle ultime ore sul caso di cronaca che ha scosso l’Italia sul finire dell’estate, l’artista ha scelto di pubblicare molti dei messaggi ricevuti via chat su Instagram da parte dei fan che hanno condiviso il suo pensiero e che purtroppo hanno vissuto episodi simili personalmente o tramite qualcuno di vicino, confermando come uno stupro sia capace di distruggere una vita. “Questi sono solo alcuni dei moltissimi messaggi che mi sono arrivati. Vi ringrazio di averlo fatto, si deve aver coraggio per scrivere alcune cose soprattutto quando sono incise sulla propria pelle".
Persone reali, con dolori reali, senza filtri, senza finzioni, senza sconti. Fanno male, ma certi dolori è necessario conoscerli. Mentre fingete di indignarvi per le mie parole, provate a leggere le loro. Il #paesereale è la fuori, non qui dentro. Prenderne consapevolezza è il primo passo. Mi sembra chiaro che servano leggi stringenti per far sentire le donne che subiscono abusi e molestie in grado di denunciare senza alcuna remora, senza sfiducia e senza paura. Se per questo volete crocifiggermi, non stancatevi a tirarmi su che sulla croce ci salgo da solo.
Ermal Meta in difesa della vittima di stupro
Quello che Ermal Meta ha voluto denunciare con il suo post lo scorso 21 agosto è stata la mancata sensibilità verso la ragazza vittima all’aggressione, mentre l’attenzione pubblica si è focalizzata quasi unicamente sul recupero degli aggressori o sulle pene che sarebbe stato infliggere "Conosco persone, donne, che da uno stupro non si sono riprese mai più. Che scattano in piedi appena sentono un rumore alle loro spalle, che non sono più riuscite nemmeno ad andare al mare e mettersi in costume da bagno come se non avessero nemmeno la pelle”, ha raccontato l’artista. E ancora:
Perché la responsabilità sociale la sentiamo nei confronti dei carnefici e non in quelli della vittima? Se c’è una qualche forma di responsabilità collettiva nei confronti dei carnefici, allora dovremmo provare a sentirci responsabili anche per quella ragazza e per tutte le vittime di stupro perché è a loro che dobbiamo veramente qualcosa, sono le vittime che vanno aiutate a ricostruire la propria vita.