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I Velvet sono tornati con “Storie”: “Non dobbiamo dimostrare più niente”

I Velvet sono tornati con “Storie” a cinque anni di distanza dal loro ultimo album di inediti. Diventati famosi grazie al tormentone “Boyband”, a sedici anni dall’esordio la band è ancora viva e vegeta: “Non ci arrivano in molti e quelli che ce la fanno non ci riescono per caso” dice Pier rispondendo a Fanpage.
A cura di Francesco Raiola
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Velvet-Storie
Velvet (foto di Matteo Casilli)

Per molti "Storie", l'ultimo album dei Velvet, è stata una sorpresa, perché la band formata da Pierluigi Ferrantini (voce e chitarra), Giancarlo Cornetta (batteria), Pierfrancesco Bazzoffi (basso) e Alessandro Sgreccia (chitarra) è una di quelle che, dall'inizio del loro percorso musicale, si portano sulle spalle, come eredità, il peso di un singolo di successo come "Boyband", un pezzo che se da un lato ha fatto da trampolino di lancio, dall'altro li ha schiacciati nel genere "band-con-un-tormentone-alle-spalle", al punto che in molti, non conoscendone il percorso, ha preso quel brano ironico come un manifesto, attaccandogli addosso un'etichetta che non gli si addice. I Velvet, infatti, da sempre giocano nel campo della musica british, del britpop, mescolandola, chiaramente, alla nostra tradizione pop-rock: "È ridicolo pensare che ci siano ancora media o addirittura addetti ai lavori che non siano riusciti a capire che dopo Boyband è successo molto altro e che quel molto altro è di qualità eccellente, ma tant’è" ci dice Pier via mail.

Insomma, sono passati più di 15 anni dall'esordio "Versomarte" e oggi i Velvet sono ancora qua, con varie esperienze alle spalle (Pier ormai è anche conduttore radiofonico su Rai Radio 2, ma ci sono state colonne sonore per il cinema, serie tv, il lavoro di scouting etc…) e con un album che arriva a 5 anni dal precedente "un'eternità, parlando di discografia" continua Pier che aggiunge che l'ultimo lavoro "uno dei nostri dischi più riusciti e non ti dirò che è il migliore solo perché odio i cliché delle band che ogni volta che escono con un nuovo disco dicono sia il migliore".

Sempre molto attenti alle collaborazioni, in "Storie" i Velvet hanno chiesto a Federico Dragogna de I Ministri, Alberto Bianco e Fabrizio Bosso di far parte di questa esperienza che per poco non li ha riportati un'altra volta a Sanremo. Ma Sanremo a parte Pier ci racconta di come la band ha attraversato il cambiamento discografico di questi ultimi anni e di come faccia "sorridere pensare di dover ancora dimostrare qualcosa o di doverci mettere in competizione con band che al massimo potrebbero chiederci di fargli aprire i nostri concerti e invece magari succede il contrario".

Nella presentazione del vostro ultimo album “Storie” mi ha colpito una frase scritta da voi: “Dovevamo dare un motivo alle persone di scegliere di ascoltare i Velvet, di innamorarsi di nuovo di noi o continuare a sostenerci”. Volete spiegare quel “di nuovo”? 

Volentieri. Ci sono molte persone che ci seguono fin dal primo disco e non ci hanno mai abbandonato ma anche molte che probabilmente ad un certo punto hanno perso un po’ le nostre tracce, è una cosa normale e abbastanza frequente. Però sai, succede anche a noi nella veste di ascoltatori o fans, magari ti dimentichi un po’ di una band che hai amato ma poi quella band ritorna con un grande disco e l’amore torna più forte che mai. Così come, anche se è difficile crederlo, ci sono molte persone che ci stanno scoprendo solo ora grazie al nuovo disco ‘Storie’!

Cinque anni dal vostro precedente “Nella lista delle vostre cattive abitudini”. Cinque anni sono tanti e possono addirittura essere un'eternità, contando che per i precedenti avevate scadenze molto più brevi. Che cosa è successo in questi 5 anni e perché aspettare tanto?

Cinque anni sono un’eternità, parlando di discografia. In tutto questo tempo abbiamo pubblicato un Best per festeggiare il decennale di carriera, un disco molto interessante perché abbiamo riregistrato le nostre canzoni preferite nella veste che avremmo dato loro se le avessimo incise in quel momento. Poi siamo stati molto in tour e poi abbiamo lavorato a musica per cinema, serie tv internazionali e molto importanti, prodotto dischi di altre band, lavorato in radio… Insomma non ci sono mancate le cose da fare e la verità è che dopo tanti anni senza respiro era arrivato il momento di ripensare un po’ tutto.

Ecco, come nasce “Storie”?

Nasce in quegli anni di cui parlavamo sopra. Anche se in verità ci abbiamo messo non così tanto a comporlo, anzi… fatta eccezione per le parole che come al solito arrivano tutte insieme verso la fine delle session di registrazione, le canzoni sono state composte in circa tre o quattro mesi di tempo solo che poi ne abbiamo registrate molte versioni differenti, ci siamo presi del tempo per lasciarle crescere e sono sicurissimo che abbiamo fatto bene perché ‘Storie' è senza dubbio uno dei nostri dischi più riusciti e non ti dirò che è il migliore solo perché odio i cliché delle band che ogni volta che escono con un nuovo disco dicono sia il migliore.

Storie-copertina
Storie Copertina

Siete sempre molto attenti alle collaborazioni. Come sono nate quelle, variegate, di quest'album con Federico Dragogna, Alberto Bianco e Fabrizio Bosso?

Molto più semplicemente di quello che possa sembrare. Sono tre artisti che stimiamo molto sotto ogni punto di vista, siamo loro fan. Per questo è stato semplice rivolgersi a loro con grande naturalezza e siamo fieri di averlo fatto. Ognuno di loro ci ha regalato un pezzettino di talento! Ti dirò che esistono ancora un po’ di persone con le quali vorremmo incrociare le nostre strade… magari nel prossimo futuro ci proveremo!

Esiste una tassa “Boy Band” (intesa come canzone) che state scontando? E quanto tenete a quel brano?

Certo che esiste, è ridicolo pensare che ci siano ancora media o addirittura addetti ai lavori che non siano riusciti a capire che dopo Boyband è successo molto altro e che quel molto altro è di qualità eccellente, ma tant’è. Non possiamo fare altro che scrivere dischi importanti e conquistarci credibilità concerto dopo concerto. Dopo ogni data continuiamo ad accumulare la solita frase “ragazzi, che concerto fantastico… non pensavo foste così bravi”. Ne siamo felicissimi, ovviamente, e di certo non ce la prenderemmo mai col pubblico che ci viene a vedere, ma d’altra parte fa sorridere pensare di dover ancora dimostrare qualcosa o di doverci mettere in competizione con band che al massimo potrebbero chiederci di fargli aprire i nostri concerti e invece magari succede il contrario. Ma evidentemente è giusto così, sono sicurissimo di una cosa: ogni artista a conti fatti ha quello che merita di avere e noi abbiamo comunque avuto tantissimo dalla nostra carriera.

Avevate fatto un (altro) pensiero a Sanremo?

Certamente, volevamo portare “Una Vita Diversa” e “Scrivimi quello che fai” insieme a Fabrizio Bosso ma non è andata in porto alla fine.

Avete stretto una collaborazione con la piattaforma di streaming Deezer. Può lo streaming salvare, almeno in parte, il sistema musicale? Sapete che la discussione è accesa e vede due fronti contrapposti…

Non lo so. Davvero non so rispondere ancora. Noi abbiamo scelto di lavorare molto con la promozione del disco su quelle piattaforme, non solo Deezer ma anche con Cubomusica abbiamo stretto una eccellente collaborazione, perché riteniamo non siano assolutamente trascurabili, anzi.

Abbiamo avuto “Storie” tra i dischi più ascoltati su Deezer per due settimane, sono molte persone che entrano in contatto con la tua musica, che magari fino a qualche anno fa lo facevano attraverso Mtv e simili che oggi sono morte. Questi sono gli aspetti positivi, quello negativo per ora è esclusivamente economico: le piattaforme di streaming pagano royalties troppo basse, è per questo che molti artisti non sono favorevoli.

Abbiamo letto che volevate uscire un po' dalle logiche del mercato e della forma album, pubblicando anche solo ep, pur di non essere costretti a ricorrere a riempitivi. Nel frattempo, però, avete scelto comunque l'album. Cosa è cambiato? Avete ancora quell'idea?

No no ce l’abbiamo ancora. Però come puoi sentire nel disco non ci sono riempitivi! Scherzi a parte, eravamo partiti con l’idea di realizzare un secondo Ep ma poi contando i brani buoni ci è sembrato di essere pronti a metterli tutti insieme. In ogni caso attendetevi qualche altro Ep a breve!

“Sono cambiate tante cose da ‘Versomarte'". Sedici anni di carriera non sono pochi e ne avete viste un po', passando dal tormentone arrivando (più volte) a Sanremo, alternando sonorità e spingendovi a voler uscire dalle logiche di mercato (oltre a sperimentare, singolarmente, altre esperienze). Dove si inseriscono i Velvet nel panorama musicale italiano odierno? E quale credete sia stato il cambiamento maggiore rispetto agli esordi?

Ne abbiamo viste di tutti i colori, abbiamo attraversato la discografia quando ancora aveva un senso reale, quando si potevano fare progetti a lunga scadenza, quando era ancora possibile crearsi una fan base solida. Poi ad un tratto è cambiato tutto, sia tra gli addetti ai lavori che tra il pubblico, parlo in generale, si è aperta una crisi che ancora non è finita evidentemente e anzi sta portando il mondo della musica a dover ripensare tutto. E non credo sia un male. Per certi versi oggi è paradossalmente più semplice realizzare un disco e provare a farsi vedere. Per quanto riguarda i Velvet, non spetta a me dirlo, se non che sono convinto e orgoglioso di tutto quello che abbiamo fatto. Da ragazzini non riuscivamo nemmeno a sognare tutto quello che poi abbiamo avuto la fortuna di poter vivere. Anzi, la fortuna e il talento necessario a poter arrivare a quindici anni di carriera. Non ci arrivano in molti e quelli che ce la fanno non ci riescono per caso.

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