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“Senza aperture al 100% si rischia la morte del settore live”, è scontro tra promoter e Governo

È guerra aperta tra il Governo e il mondo della musica live dopo che il CTS si è esposto sulla possibilità di prevedere il 100% di capienze per gli spettacoli all’esterno e l’80% al chiuso. È proprio quel 20% mancante nei locali al chiuso che trova l’opposizione netta di tutto l’arco musicale, dai singoli artisti alle sigle che raccolgono i protagonisti della musica live italiana.
A cura di Francesco Raiola
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Pubblico al Global Citizen festival di Parigi (foto di Marc Piasecki/Getty Images For Global Citizen)
Pubblico al Global Citizen festival di Parigi (foto di Marc Piasecki/Getty Images For Global Citizen)

È guerra aperta tra il Governo e il mondo della musica live dopo che il Comitato Tecnico Scientifico si è esposto sulla possibilità di prevedere il 100% di capienze per gli spettacoli all'aperto e dell'80% al chiuso. È proprio quel 20% mancante nei locali al chiuso che trova l'opposizione netta di tutto l'arco musicale, dai singoli artisti alle sigle che raccolgono i protagonisti della musica live italiana. E se a Fanpage.it Cosmo si è spinto a dire che se le cose non cambieranno loro sono pronti a scendere in piazza, le principali Associazioni di categoria e oltre 300 artisti italiani e stranieri hanno pubblicato una nota polemica contro il Governo Draghi, a cui avevano inviato un documento firmato da tutti i Produttori di Musica dal Vivo.

"Nonostante l’allarme fosse estremamente chiaro e drammatico, le posizioni assunte dal Comitato Tecnico Scientifico e il silenzio del Governo fanno emergere quanto la gravità della situazione, che riguarda centinaia di migliaia di lavoratori e tutta l’intera filiera della musica dal vivo, sia del tutto sottovalutata se non addirittura ignorata" si legge nella nota di una categoria che fin da subito ha subito gli effetti della pandemia, con la chiusura di tutte le attività che, ovviamente, comportavano un alto rischio di contagi. Le attività live, quindi, sono state le prime a fermarsi e sono anche quelle che hanno subito alcune tra le restrizioni più dure, provocando numerose proteste e soprattutto un incidenza sull'economia dei lavoratori dello Spettacolo enorme.

L'aumento all'80% delle capienze al chiuso è definito "totalmente inadeguato e inutile sia per la maggior parte dei concerti già più volte rinviati (molti dei quali sold out e impossibili da riprogrammare senza dover scegliere arbitrariamente chi ha diritto di vedere lo spettacolo e chi no) sia per quelli futuri che necessitano di capienze al 100% e nessun distanziamento" anche perché restano i dubbi, in attesa delle decisioni che dovrebbero arrivare il 30 settembre, su quali saranno le disposizioni attuative del Dpcm e che effetto avranno sui tour rimandati al 2022.

La richiesta è quella di capienze al 100% grazie all'alta percentuale di copertura vaccinale e il conseguente obbligo di green pass per i luoghi in cui si terranno i concerti: "È indispensabile fissare un obbiettivo percentuale di popolazione vaccinata e conseguentemente una data certa per la ripartenza non più rimandabile che oggi può contare sullo strumento del Green Pass ritenuto idoneo in qualunque altra forma di ‘assembramento', ma evidentemente non per i concerti che hanno bisogno di molto anticipo per essere adeguatamente organizzati". Le immagini che arrivano dall'estero, con concerti a capienza piena e senza distanziamento non aiutano la reciproca comprensione tra le parti in causa. La richiesta del mondo della musica è quella che il Governo prenda atto delle indicazioni del Comitato e vada oltre perché la situazione è "gravissima" e si rischia "morte certa per l’intero settore"

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