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Perché il rap domina le classifiche, ma non passa molto in radio

Cosa succede alle classifiche di vendita italiane? Come mai tra le canzoni che spopolano nella classifica ufficiale FIMI non si trovano quasi mai quelle che, invece, sono tra le più popolari in radio? Un doppio binario che rispecchia quella che è la realtà discografica italiana, che con la moltiplicazione dei supporti di distribuzione e lo sviluppo dello streaming vive diverse vite.
A cura di Francesco Raiola
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Cosa succede alle classifiche di vendita italiane? Come mai tra le canzoni che spopolano nella classifica ufficiale FIMI non si trovano quasi mai quelle che, invece, sono tra le più popolari in radio? Un doppio binario che rispecchia quella che è la realtà discografica italiana che con la moltiplicazione dei supporti di distribuzione e lo sviluppo dello streaming vive diverse vite. Se si ascoltano le radio sembra di vivere in un mondo, mentre se ci si rivolge a canali come Youtube e le piattaforme di streaming la realtà cambia completamente e così se in auto, cambiando stazione, sarà più facile trovarsi ad ascoltare alcuni degli artisti più nazional popolari e pop – anche se si cerca di inserire pian piano una quota rap meno "estrema" -, al contrario tra le cose più ascoltate in streaming ci sono rap e trap.

I numeri dello streaming

La risposta al perché di questa doppia realtà non è complicata, anzi, basta guardare i dati e capire quali sono le fasce d'età che si rivolgono alle diverse piattaforme. Da quando le classifiche di streaming, infatti, hanno un peso rilevante nella classificazione delle certificazioni di singoli prima e album poi, c'è stato uno sconvolgimento nella routine che prima ci aveva abituato a una certa monotonia pop. Oggi la monotonia è cambiata nei nomi, ma rispecchia gli ascolti e la crescita esponenziale di un modo di fruire la musica prediletto dai ragazzi. Il 71% dei giovani tra i 16 e i 24 anni ascolta musica in streaming, con la percentuale che scende con l'avanzare dell'aumento della fascia d'età, stando all'ultimo rapporto IFPI, che dà numeri a livello globale analizzando anche alcuni dei principali mercati mondiali, compresa l'Italia. Il rapporto dice anche che "non si arresta il trend dell’hip-hop/rap nei giovani dai 16 ai 24 anni (53,2%), che quest’anno segnano un interesse crescente anche per il latin (37,6%)".

I giovani e l'ascolto della musica

I giovani ascoltano tantissima musica, lo fanno ripetutamente e variando poco in base ai generi, come ha spiegato Enzo Mazza a Paolo Madeddu di Rolling Stone: "Quello che sappiamo in base alle nostre ricerche è che chi ascolta questo genere lo fa in modo più ripetitivo, i ragazzi hanno playlist da 10 brani in loop parecchie volte in un giorno, sono meno inclini alla varietà". Questo risultato contrasta anche la crescita dell'ascolto radiofonico che, però, è meno diretto dagli ascolti in sé per sé: c'è una scelta dall'alto che arriva direttamente all'ascoltatore che, a differenza dello streaming, si lascia guidare/accompagnare e ha una posizione più passiva.

Il dominio rap in classifica

Tutto questo porta a classifiche che quest'anno hanno visto il dominio totale del rap che nelle sue varie declinazioni ha passato 28 settimane in testa su 49. In questi 11 mesi in testa alla classifica l'hanno fatta da padrona artisti come Salmo, Marracash, la Machete, Lazza, Luchè, giù giù fino a tha Supreme, ultimo fenomeno trap. Tutti artisti che hanno tolto spazio ai nomi più noti del panorama (tranne qualche nome come Ultimo, che ha mantenuto la testa della Top 10 per qualche settimana). La classifica, però, non sempre rispecchia grandi vendite, anzi, a volte basta piazzare qualche singolo in playlist importanti per avere un'enorme spinta anche nel conteggio degli album e a volte questa disparità tra posizioni e vendite la si vede nei live.

Come cambiano le classifiche

Ma questo cambiamento è un problema? Una distorsione? Forse sì, come ha detto, ad esempio, Tiziano Ferro nella conferenza stampa di presentazione del suo ultimo album, lamentando che, ovviamente, il suo pubblico ha un ascolto diverso e che oggi le vere certificazioni sono i live. Eppure oggi sappiamo anche che esiste un pezzo importante di fruitori che ha alcuni gusti che, fino a qualche anno fa, erano relegati a circuiti meno popolari (il che non significa che non esistessero). Insomma, in un mondo di enormi cambiamenti, avvenuti a velocità molto intense, siamo in un momento di assestamento, alla ricerca di una nuova e più giusta catalogazione di dati e vendite. La somma di una serie di fattori (streaming, vendite, download, live) porta, però, a un quadro un po' più generale, se non completo almeno più variegato nelle sue sfaccettature.

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