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Lelio Morra riparte da ‘Giganti’: “Avevo smarrito la bussola, ho ritrovato l’orizzonte”

Il cantautore partenopeo, di stanza a Milano, torna con il nuovo-primo singolo che lancia il suo primo album solista. Lo fa dopo un periodo di silenzio che finisce con un concerto nella sua Napoli, dal quale riparte: “Ho avuto bisogno di tempo per cucirmi addosso delle canzoni come cicatrici”.
A cura di Andrea Parrella
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I nuovi inizi hanno sempre un certo fascino, se non altro perché capaci di restituire l'idea di qualcosa che c'è stato, che ora non è più, ma che resta. È la sensazione percepita nel leggere del "nuovo primo singolo" di Lelio Morra, cantautore partenopeo classe '86 che presenta in queste settimane il suo primo lavoro discografico completo. Il singolo di lancio si chiama "Giganti" (disponibile su Spotify dal 24 gennaio), un pezzo con cui Morra ha tentato la corsa di Sanremo Giovani non riuscendo nell'intento, a parere di chi scrive immeritatamente. Il senso di questa ripartenza lasciamo che sia direttamente lui a spiegarcelo, nel giorno in cui con un concerto al Teatro Nuovo avvia una nuova fase della sua carriera.

La prima cosa che cattura l'attenzione è la parola ritorno, che imprimi fermamente su questa tuo nuova avventura. A cosa ritorna Lelio Morra? E soprattutto, dove è stato?

Ritorno ad avere quella luce negli occhi di chi sa di aver dato tutto. A volte c'è bisogno di tempo e chi mi ha insegnato a dar valore alla pazienza mi ha regalato la possibilità di crescere e ritrovare fiducia. Ritorno ad emozionarmi sul serio e a metterci la faccia, coinvolto dalla testa ai piedi.

Proverbiale pausa di riflessione?

Ho avuto bisogno di tempo per cucirmi addosso delle canzoni come cicatrici, le ho custodite e tutelate a lungo perché non è stato facile trovare una nuova dimensione professionale. Sono stato in studio di registrazione, sui navigli o sul lungomare a cercarmi. Avevo smarrito la bussola, poi ho ritrovato l'orizzonte a cui mirare.

Questo orizzonte ha un nome?

È quello di sempre: le canzoni e quindi la mia vita che mi ha messo alla prova. E ora, escluso il fuso orario strano e le troppe sigarette, è tornata anche a sorridermi (in punta di piedi).

La storia di "Giganti" è in qualche maniera una prova di maturità. Nasce in un modo e poi ti ritrovi a stravolgerla, ribaltarla, accettando forse la cosa più complessa per un artista: mettere in discussione l'ispirazione di getto. Ci racconti come è andata?

A onor del vero a questo devo dilungarmi un po', abbiate pazienza. Non ho mai avuto un rapporto così intenso ed una gestazione così lunga con una canzone. Ho scritto di getto le due strofe ed un ritornello a Milano, era l'estate del 2016, in radio per la prima volta girava una mia canzone, ma con la testa ero altrove. Pensavo ad "Ogni Volta" di Vasco e, come spesso mi succede quando sto per dire qualcosa di gran valore per me in una canzone, tremavo. Eppure faceva un caldo di quelli importanti. Quella bozza è rimasta a lungo in un cassetto, poi una sera ne ho parlato a Gianluca De Rubertis (Il Genio) allo Zog e ci siam rivisti a casa sua per lavorarci, così l'abbiamo sviluppata e ne abbiamo prodotta una versione (finita poi in un altro cassetto). Passano mesi e torno a Napoli, con Stefano Bruno era da un po' che a distanza si lavorava a provini di diverse canzoni, dal suo casamatta studio a via Tasso, e durante le scorse vacanze di Natale accoglie la mia preghiera di lavorare insieme alle preproduzioni del mio disco. Decidiamo di partire proprio da quella canzone e dalla ricerca di un suono. Stefano mi suggerisce dice tipo "guardiamo il vinile di Sgt. Pepper's e facciamoci ispirare, tipo due carcerati che sognano di andare via guardando un calendario alle pareti della cella) ed in quel momento nasce il riff di chitarra che misto al piano elettrico colorano un suono, il mio suono, il suono di quella che poi è diventata GIGANTI. Perché alla pari nasce l'esigenza di raccontare altro, glorificando la storia a cui dedicavo una canzone quasi due anni prima ma con quello che poi la vita nel frattempo ha lasciato vivere, gioire e patire . E' stato difficile imbattersi poi in chi credeva nella prima versione e mi diceva fossi pazzo a cambiarla (poi magari un giorno la riprenderemo) ma son felice d'esser stato il più sincero possibile e fedele a quelle sensazioni.Tornato a Milano poi, con le preproduzioni fatte a Napoli, le abbiamo fatte crescere ancora.

Il tuo primo disco da solista è alle porte. Quanto sarà vicino al prototipo che avevi immaginato?

Non saprei sai, perché quotidianamente assorbiamo ciò che si ascolta e quindi siamo mutevoli anche in uno stretto arco di tempo. Mi son lasciato influenzare da quel che considero la mia comfort zone e cioè la canzone senza tempo, alla pari però dell'essermi avvicinato alla nuova canzone italiana, assorbendone il linguaggio e le sonorità. Credo d'aver centrato la mia cifra, un'identità a cavallo di questi due estremi, o almeno è quanto mi auguro.

Da tempo il lavoro ti ha portato da Napoli a Milano. In questa "migrazione" ha prevalso la scelta o la necessità?

Napoli è in momento di luce notevole e per la verità sono un po' dispiaciuto di non aver vissuto questo percorso nel quotidiano, alla pari del fatto che mi son sentito stretto di recente a casa mia. Ma è solo disabitudine credo, perché ad esempio quella prima boccata di mare vale più di ogni altra cosa. Però da un po' di anni, una decina, considero quel che faccio un viaggio, per cui da un lato c'è stata la scelta, dall'altro anche la necessità di cercare nuove opportunità, orgoglioso di quel che ho fatto qui e provando a guardare anche oltre. E' mia ambizione diventare il motore delle mie cose, e non lasciare che lo sia una città. E a quel punto magari un paio di anni a Parigi perché no.

Questa tua ripartenza prende il via proprio dalla tua città d'origine, con un concerto teatrale in cui presenterai il tuo nuovo lavoro. Vai, questo è il tuo spazio promozionale: giocatela.

Stasera il Teatro Nuovo sarà pieno, la prevendita è andata benissimo e ho il cuore che sorride per questo.Son felice perché le date si sono incastrate al meglio, è un periodo intenso ma di energia pura insieme anche alla mia nuova squadra con cui sento di parlare la stessa lingua, e suonare per la prima volta GIGANTI in una cornice pregna di storia e fascino mi lascia guardare quel che ho fatto ad oggi con orgoglio, umile, ma onesto. Sarà un concerto unico perché ripercorro gli anni di canzoni dagli Eutimìa (2005) ad oggi passando per JFK & La Sua Bella Bionda con qualche anticipazione del disco che sarà. Poi mi concentrerò sul disco. Ma senza dubbio stasera darò, insieme ai miei compagni di viaggio, il massimo.

In questi ultimi anni sei stato anche autore, misurandoti con quella necessità di cucire delle cose addosso ad altri e non su sé stessi. Quale dei due processi si confà al tuo essere, come mi pare di capire, un artigiano della musica?

Mi reputo una persona musicale prima ancora di definirmi cantautore (che a volte suona un po' impegnativa come parola) ma di fatto è così. Alla fine scrivo canzoni in cui credo. Ho avuto sì esperienze come autore e credo continuerò a farlo – di recente ho firmato con peermusic ITALY, mio editore partner anche del progetto discografico – ma ora sono focalizzato sul mio progetto. Amo scrivere, lo faccio con passione e ragionare anche insieme ad altri autori è un confronto accrescitivo e che ti fa tornare a casa.

Hai registrato "Giganti" in un piccolo tempio della musica, i Bach Studio di Toto Cutugno, dove hanno preso vita autentici capolavori della musica italiana. In che modo questo (enorme) dettaglio ha arricchito il tuo lavoro?

È stato un privilegio enorme, un regalo che la musica mi ha concesso in virtù degli incontri fatti per l'appunto viaggiando. Sarò grato per sempre a Toto per avermi supportato e sopportato lasciandomi lavorare in quella loro oasi costruita a suon di canzoni, tollerando anche la mia fame di esigenza, pignoleria, precisione maniacale in studio di registrazione. Niko, figlio di Toto è stato di fondamentale supporto per me, ci siamo conosciuti ad un dei miei primi concerti a Milano, diventati poi buoni amici ed è, tra le tante cose, l'operatore del video di GIGANTI che uscirà il 30 Gennaio. Al Bach abbiamo lavorato su nastro, meraviglia sul serio, è stata un'esperienza di cui ho fatto tesoro ed ha permesso alle mie canzoni di essere curate con serenità, non è scontato, apportando alle stesse una magia nelle sonorità.

Leggo che per le registrazioni ti hanno affiancato musicisti di altissimo livello

Ho avuto l'ok ad incidere da musicisti che ammiro come Roberto Dellera al basso (Afterhours), Lino Gitto alla Batteria (The Wistons) , Gianluca De Rubertis, Bolla. Ed averli visti suonare coinvolti in studio sulle mie canzoni è stato sul serio gratificante e ha legittimanto tante cose.

Concediamoci la leziosità di chiudere con del sano esistenzialismo. Mi incuriosisce una cosa di un musicista quasi mio coetaneo, dunque con i timori e le ansie di chi ha superato il guado dei 30 anni: hai mai contemplato un piano B? Esiste un luogo nella tua mente in cui immagini di fare altro, in cui la musica sia solo un hobby?

Deve esserci, quel pugno di incoscienza necessario per vivere così. Penso a "Don't Look Back In Anger" , quando Noel Gallagher dice "Please don't put your life in the hands of a rock en roll band who'll throw it all away" ("Per favore non mettere la tua vita nelle mani di una rock'n'roll band perché la butterà via"). Io non riesco a non attribuire alla mia attitudine parole così, alla pari però mi do parecchio da fare. Però ecco, in un luogo della mia mente c'è ancora quel bambino che, prima di iniziare a suonare, diceva di voler diventare  un "sottacqueo".

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