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Le Pussy Riot potrebbero essere liberate grazie a un’amnistia chiesta da Putin

Nadezhda Tolokonnikova e Maria Alekhina, due delle tre Pussy Riot condannate per “vandalismo motivato da odio religioso” potrebbero essere liberate grazie a un’amnistia chiesta da Putin per festeggiare i 20 anni della Costituzione russa.
A cura di Francesco Raiola
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Forse Nadezhda Tolokonnikova e Maria Alekhina le due Pussy Riot ancora in carcere potrebbero presto essere libere grazie a un'amnistia che dovrebbe essere a breve votata in Parlamento. A darne notizia un giornale vicino al Cremlino, Izvestia, che che l'amnistia è stato studiato in vista dei 20 anni della Costituzione. Vladimir Putin lo avrebbe presentato alla Duma e deve essere ancora approvato. In base al testo il provvedimento varrebbe anche per le donne che hanno bambini e non hanno commesso crimini violenti, una condizione comune alle due Pussy Riot che sono in carcere con l'accusa di “vandalismo motivato da odio religioso” dopo aver cantato una canzone contro Putin stesso nella Cattedrale di Mosca.

Oltre alle due cantanti rientrerebbero tra coloro beneficiati dell'amnistia anche gli attivisti di Greenpeace indagati per la protesta contro le trivellazioni nell'Artico e per gli imputati e detenuti per disordini di massa, articolo che tocca i militanti dell'opposizione in carcere per le proteste anti Putin nel "caso Bolotanaya", e in generale toccherà 25 mila persone, come riferito alla stampa dal vice presidente della Duma, Vladimir Vasilev. Il provvedimento dovrebbe essere firmato entro fine anno e vedere l'attuazione entro 6 mesi.

Sarebbe una ottima notizia per la Tolokonnikova soprattutto, protagonista in queste ultime settimane di un braccio di ferro con le autorità russe a causa di una lettera inviata al Guardian in cui si denunciavano le condizioni pessime in cui versava il campo in cui era rinchiusa. Dopo qualche giorno dalla pubblicazione della missiva, si erano perse le tracce della ragazza che era stata spostata senza che i parenti sapessero dove si trovasse, per poi scoprire che era stata spostata in un campo in Siberia, dove avrebbe dovuto scontare il resto della pena.

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