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Il rap d’esordio di 8blevrai: “Ho raccontato i migranti che attraversano il Mediterraneo”

Dopo la partecipazione nell’ultimo disco di Jake La Furia e nel primo Ep di Rhove, 8blevrai esordisce con il suo Ep “Immigrato”. L’intervista qui.
A cura di Vincenzo Nasto
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8blevrai
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"Mona Lisa", "La Haine", "L'amore e la violenza" con Jake La Furia e Paky e la partecipazione nell'Ep di Rhove. Il nome di 8blevrai, alias Otmen Belhouari, è uno di quelli che sta facendo più rumore negli ultimi mesi nella scena italiana. Classe 97 di origini marocchine, il rapper esce col suo primo Ep "Immigrato", un concept nato attorno a un viaggio di un mese in Marocco, dov'è riuscito a raccogliere le storie e i racconti delle persone che cercano di attraversare il Mediterraneo. Ma non solo, perché il racconto di 8blevrai si costruisce anche attorno alle influenze della musica marocchina, ascoltata da piccolo con suo padre: "La musica marocchina mi influenza tanto, anche perché già da piccolino con mio padre ascoltavo un sacco di musica. Quando cresci in certi ambienti ti porti dentro qualcosa e anche da adulto è così". Sei tracce, anticipate dal singolo "Poveri Stronzi", in un progetto che vede come producer Big Fish, TY1 e Dj Shocca: what else?

Quali sono le emozioni che ti stanno attraversando, in vista dell'uscita del tuo primo progetto discografico?

Mi sento bene, c’è un po’ di emozione perché è il mio primo Ep, il mio primo progetto completo. C’è un po’ di ansia e stress, ma nel complesso sono contento.

In che modo il termine Harraga ha condizionato il concept di questo progetto?

Harraga vuol dire immigrato. È stato tutto spontaneo dopo un mese passato in Marocco, la scorsa estate, ho visto il mio paese da un altro punto di vista, con occhi molto più maturi. Ho vissuto le difficoltà di una parte della mia gente, di voler attraversare da una sponda all’altra il Mediterraneo. Quando sono tornato avevo questo ritornello di “Immigrato”. Poi ho creato tutto il concept intorno.

Che tipo di influenza ha avuto la musica marocchina nella tua crescita personale?

La musica marocchina mi influenza tanto, anche perché già da piccolino con mio padre ascoltavo un sacco di canzoni. Quando cresci in certi ambienti ti porti dentro qualcosa e anche da adulto è così. Adesso ascolto un sacco di musica marocchina, oltre ai rapper, e mi influenza tanto nelle sonorità.

Invece com'è stato lavorare con producer del calibro di Big Fish e TY1? Non c'è stata la curiosità di inseguire anche un trend di sonorità di giovani producer?

Quest’album è stato pensato per produrre musica valida, non per le classifiche. In questo mi ha aiutato sicuramente Big Fish, che da due anni mi sta insegnando un sacco di cose, c’è un sacco da imparare. Con TY1 ci eravamo incontrati in studio per fare delle cose che non c’entrano con l’Ep, e abbiamo trovato subito un legame. Poi credo che lui sia uno dei migliori del genere in Italia.

Senza dimenticare uno dei pilastri dell'underground italiano come Dj Shocca.

Io sono sempre stato un amante del genere, soprattutto della roba underground. Avrei sempre voluto fare una cosa così, e mi sono chiesto: chi se non lui? Per me lui è al centro di tutta quella wave.

C'è stato qualcosa in questo disco difficile da scrivere? Qualcosa che ti ha ricordato delle sofferenze del passato?

Quando scrivo di qualcosa che in passato mi ha fatto male è perché credo che la collera ormai sia passata. Ho il coraggio di scriverla e voglio essere trasparente con chi mi ascolta. Se fosse stata roba molto più fresca, molto probabilmente non l’avrei scritta.

Nello stesso periodo hai collaborato a due dischi molto importanti nella scena italiana. Prima con Jake La Furia e poi in quello di Rhove. Quanto cambia il tuo approccio alla scrittura, anche legata a due personaggi dal background così differente?

Tra quello che ho scritto nell’album di Jake e in quello di Rhove, il linguaggio e i temi potrebbero essere diversi, ma non cambia la mia penna. L’amore e la violenza è un testo emotivo, in cui stai tirando fuori qualcosa che ti ha fatto male in passato, ma che hai superato. Con Rhove invece la scrittura è stata maggiormente impulsiva e d’impatto.

La sorpresa di "Immigrato" è anche la presenza di un documentario, in cui racconti il tuo viaggio in Marocco, girato con Fabrizio Conte. Che tipo di esperienza è stata?

Avevo un sogno, quello di girare un video in Marocco. Avevo provato con il singolo “Mona Lisa”, ma non è uscito al 100% come lo volevo io. Invece Fabrizio Conte mi ha dato l’opportunità e la mentalità per fare le cose bene. In quello che fa è un maestro. Dal punto di vista delle idee, ci siamo messi a pensare sui posti da visitare, non siamo riusciti a raggiungerli tutti, ma viaggiare con lui ha portato a un’evoluzione anche migliore del documentario. Siamo riusciti a ribaltare le difficoltà. È stato un viaggio difficile e duro, qualcosa che mi ha cambiato a livello personale.

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