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Gli ‘A67: “Volevamo tornare a un disco suonato, con il blues napoletano nel cuore”

Gli ‘A67, storica band napoletana che unisce rock, blues e rap, sono tornati con Jastemma un album di contaminazione col contributo di alcuni tra i migliori scrittori italiani.
A cura di Francesco Raiola
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"Jastemma" è una parola che in napoletano significa "bestemmia" e gli ‘A67, storica band partenopea che fonde blues, rock e rap ha voluto usarla in maniera quasi ossimorica per intitolarci il loro ultimo album interamente dedicato all'amore. È un album che se da una parte prende molto dalle radici della band di Scampia, quel loro gusto per la fusion, per la neapolitan wave, dall'altra allarga il campo, riempie il suono, si lascia prendere dall'innamoramento per strumentali lunghe che uniscono si perdono nel jazz che si mescola al loro blues napoletano. Lo dice bene Daniele Sanzone che parlando con Fanpage.it spiega come nasce quest'album, e di come è fondamentale scavare nelle radici senza mai perdere la voglia di sorprendere e sorprendersi. L'amore per la contaminazione della band campana è tale che hanno voluto mescolare non solo i generi ma anche le arti e come successe per il loro "Naples Power" anche questa volta hanno chiesto ad alcuni scrittori e scrittrici (tra cui Viola Ardone, Raffaella R. Ferré, Nicola Lagioia, Loredana Lipperini, Carmen Pellegrino, Angelo Petrella, Alberto Rollo e Gianni Solla) di scrivere un racconto partendo dall'ispirazione delle loro canzoni.

Avete intitolato un album sull’amore "Jastemma", da dove nasce questa scelta?

Jastemma è una sorta di ossimoro per un disco dedicato all'amore, anche se poi sappiamo che nella vita l'amore è sempre una bestemmia, perché non è mai una cosa semplice, visto che non riusciamo a stare da soli figurarsi in coppia. Stare insieme è sempre una cosa complicata e a Napoli i sentimenti li viviamo sempre in modo forte.

Quando nasce l'idea di Jastemma?

Questo disco nasce durante il lockdown, la città era avvolta dal silenzio e dalla morte quindi bisognava jastemmare, ma il paradosso è che, istintivamente, ci è venuto di scrivere e cantare d'amore, come se non ci fosse nulla di più importante, quella era l'urgenza. Come diceva il maestro Salvatore Palomba accompagnato dalla voce di Bruni: "L'ammore è ‘o cuntrario d"a morte" (verso della celebre "Carmela", ndr), quindi forse in questo paradosso e ossimoro c'è la vera realtà.

Jastemma, inoltre, è anche la canzone che riassume il suono dell'album, molto blues, ne fa da filo conduttore, no?

Questo disco lo definisco blues, anche la linea di canto del reggae può essere assimilata a quella di un blues caraibico, come mi ha detto Frankie Hi NRG, ma non è un caso, perché tutto il disco è blues: nell'attitudine, nei suoni, nelle melodie. Sentivamo il bisogno di fare un disco vero, essenziale e forse quello è il genere che è rimasto più di altri fedele a se stesso: mentre altri si contaminano, il blues resta il blues. Volevamo fare un disco in questa maniera e la title track racchiude il suono dell'intero lavoro ed è dedicata proprio a Napoli.

Il blues è blues, ma Napoli ci insegna che la contaminazione è importantissima.

Cerchiamo sempre la forza e il coraggio di andare oltre, di metterci in discussione e rivedere tutto con occhi nuovi, che poi è ciò che ci ha fatto andare avanti, guardare a che hanno fatto i grandi, innovare la tradizione mettendoci del proprio. Il blues fatto da Pino Daniele è un blues napoletano, mentre Roberto Ciotti, un grandissimo, faceva il blues come Maddy Waters e questa è la grandezza di una città e di una tradizione musicale importantissima che ci permette di contaminarci. Ma questo è possibile anche perché abbiamo un'identità importante, puoi farlo quando sei forte e sicuro di te, quando sai chi sei.

È il motivo per cui Senza respirà, una vostra vecchia canzone, è diventata Senza sunnà cambiando radicalmente?

Guarda, non sono molti ad averla vista questa cosa, ti svelo un'altra cosa, anche il pezzo che apre l'album "Ammore mì" in realtà è "‘O mbruoglio", un altro pezzo di quel disco ("Suburb"). Il motivo è proprio quello, erano pezzi che avevano un'anima più blues: essendo il disco fatto nel minor tempo in assoluto della nostra storia – abbiamo avuto pause anche di otto anni -, in questo disco abbiamo recuperato anche brani che abbiamo amato e di cui ci piaceva l'idea di riarrangiarli, al punto che nessuno se n'è accorto che sono pezzi vecchi perché sono completamente stravolti.

SS 162, pezzo strumentale che chiude l'album è forse quello che si distacca di più dagli altri, come nasce?

Volevamo fare un disco suonato, ci siamo un po' stancati di alcune cose che sentiamo in giro, che poi è anche la strada dei Maneskin, che possono piacere o meno ma sono musicisti che suonano e hanno riportato l'attenzione sulla musica suonata. SS162 – che è il nome dell'Asse Mediano – è nata nelle prove, avevamo azzardato questo groove modale, ed era uscita una cosa molto interessante, con la chitarra di Enzo (Cangiano, chitarrista della band, ndr) che simulava quasi un Hammond. Poi è rimasto là, dopo mesi però l'ho risentito questo groove e mi sono detto che era troppo bello per lasciarlo lì, abbiamo pensato che fosse difficile scriverci un testo ma ce ne siamo fregati, abbiamo chiamato grandi strumentisti e jazzisti veri. L'unica cosa vocale è una piccola parte in cui c'è una frase (la imita, ndr) che faccio io e che successivamente abbiamo doppiato con il vocoder stile Daft Punk. E ce ne siamo fregati anche che durasse 7 minuti.

È un album multimediale, infatti avete chiesto ad alcuni scrittori di scrivere un racconto ispirato alle canzoni, quando nasce idea?

"Naples Power", il nostro terzultimo disco, uscì esattamente 10 anni fa e per certi aspetti è un disco simile a questo, anche se di cover: facemmo brani di grandi artisti napoletani avendo come ospiti gli stessi artisti e anche lì mi venne l'idea di affidare la copertina al Maestro Mimmo Palladino e di affidare una parte letteraria a degli scrittori, c'erano Roberto Saviano, Valeria Parrella e altri. Con questo disco volevamo fare un disco di inediti ma facendo più o meno la stessa operazione, lasciandoli ispirare dalle canzoni, quindi l'idea era creare una narrazione nella narrazione, l'idea che una canzone potesse diventare una scintilla capace di creare altre narrazioni per un gioco che potrebbe essere infinito. È stato un gioco che è stato preso bene da tutti gli scrittori che spero di poter incontrare in giro per l'Italia.

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