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Da Kayne West a Nicki Minaj, Nathan è il ragazzino amico dei rapper

Nathan Schwartz sembra un ragazzo di 12 anni come tanti, tra scuola, playstation e passione per il rap, Ma in realtà è l’amico che tutti quanti vorrebbero avere, perché conosce tutti i grandi del rap americano.
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Nathan Schwartz sembra un ragazzo di 12 anni come tanti, tra scuola, playstation e passione per il rap, Ma in realtà è l'amico che tutti quanti vorrebbero avere, perché conosce tutti i grandi del rap americano.

Nathan è apparentemente un tranquillo dodicenne, un po' più alto e robusto per la sua età. Si divide tra le middle class (la nostra scuola media), playstation e una passione smisurata per il rap. Una passione, appunto, che lo ha portato, sin dall'età di 6 anni, ad assistere ad oltre 50 concerti l'anno. Il risultato? Adesso le porte del mondo del rap americano sono praticamente spalancate: conosce tutti nel mondo ed è amico di tutti. Su Instagram è lui il Re in materia, ha ancora pochi follower (circa 6000, ecco il suo profilo), ma in compenso ha più di un centinaio di foto che lo ritraggono insieme ai miti assoluti dell'hip hop americano. Da Rick Ross a Kayne West, da Kendrick Lamar a Lil'Wayne, sono tutti amici suoi, "perché ormai mi conoscono", dice lui, intervistato da Dale Eisinger per Noisey.

Come fa a conoscere tutti? Qualche maligno dice che Nathan è il figlio di Peter Schwartz, vice presidente dell'Agency Group, una compagnia che rappresenta da Method Man a Wiz Khalifa, praticamente tutti i big della scena. Entrambi, però, hanno smentito, lasciando difatti nel mistero, quanti si stiano chiedendo dove e quale sia il segreto del piccolo Nathan. Il giovanotto ha le idee chiare, non vuole fare il rapper da grande, ma vuole gestire le star. E' un caso anomalo, non è spinto da nessuno e alle spalle non ha nessun social media team, né un pool di esperti sulle strategie di marketing. Sta facendo tutto da solo, sta realizzando il suo sogno e, per farlo, si è dovuto anche proteggere, assumendo una guardia del corpo. "Perché sono molti gli hater", rivela ad Eisinger, "ma servono anche, e soprattutto, quelli per diventare famosi".

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