Concertone e lavoro, uno storytelling che forse sta perdendo il suo obiettivo
Il lavoro, come ogni Primo maggio, sale sul palco assieme alla musica. Succede a Roma, dove va in scena il Concertone storico di Piazza San Giovanni e succede a Taranto, città simbolo del lavoro italiano, che in tre anni è diventato luogo di un appuntamento fisso in grado di portare grandi nomi della musica italiana e un centinaio di migliaia di persone. Due palchi che nonostante le ormai solite dichiarazioni iniziali di non bellingeranza sono ormai due alternative alla stessa idea, ovvero quella di parlare di lavoro e società con la musica. E per questo motivo gli artisti si dividono, consci anche della differenza di attenzione mediatica (a Roma c'è una diretta Rai) e di Storia, ma il punto resta spesso lo stesso: in che modo questo racconto del lavoro serve a farsi un'idea, a capirci qualcosa? A sensibilizzare realmente sul tema?
Due palchi diversi, con personalità, organizzazione e temi ("La Solidarietà fa la differenza" per Roma e "Legalità, quale giustizia?" per Taranto) differenti, che mettono la musica al centro del discorso. E ovviamente il giorno dopo è tutto un profluvio di numeri e dati, oltre alle solite polemiche che accompagnano il palco più grande (questa volta tocca a Lo Stato Sociale, che accusa di censura la Rai, rea di non aver permesso ad alcune coppie gay di salire sul palco e baciarsi). Centomila, dice Taranto, un milione per Roma, ma a fare la differenza sono gli artisti, coloro che portano materialmente i fan sotto al palco. E mentre sul palco messo su dal Comitato cittadini liberi e pensanti" la musica si alterna agli ospiti che parlano di lavoro, il Primo maggio funziona più come spettacolo, con Camila Raznovich affiancata nel dietro le quinte da Paola Maugeri e sul palco dai vecchi conduttori, così da ricordare i 25 anni dell'evento.
Da una parte, quindi, Almamegretta, Mario Venuti, ì Levante, Teresa De Sio, Nesli e James Senese e Napoli Centrale, Enrico Ruggeri, Emis Killa, Paola Turci, J-Ax, Bluvertigo e Lo Stato Sociale, dall'altro lato Brunori Sas, Diodato, l'ex Quintorigo John De Leo, Francesco Baccini e a chiudere Subsonica, Marlene Kuntz, Caparezza e una serie di ospiti extra musicali che hanno parlato della società e del lavoro, appunto.
Stando a nomi e numeri potremmo dire che i due concerti sono stati un successo, ma il punto resta lo stesso da un po' di tempo a questa parte: quanto sensibilizza veramente una manifestazione del genere e fatta in questo modo? E soprattutto quanto questo racconto del lavoro rispecchia la realtà che ci circonda? Quei ragazzi sotto al palco, sono probabilmente i lavoratori di domani o forse i disoccupati di oggi, ma sarebbe stato bello, soprattutto se parliamo dell'evento più grande, sentir parlare maggiormente di lavoro, presentarlo diversamente da come si faceva anni fa, non lasciarlo solo alle parole dei cantanti o esclusivamente a quelle dei sindacati a fine serata. Un concerto dibattito in cui affrontare le tante sfaccettature del "problema lavoro" (ché di problema lavoro e disoccupazione possiamo tranquillamente parlare). Insomma, inventarsi qualcosa. È veramente tanto chiedere al uno dei principali appuntamenti musicali dell'anno di veicolare diversamente un messaggio importante, di cui da anni si fa principale portatore? È giusto far sì che sia Taranto a dover organizzare i dibattiti e gli interventi più disparati?
Al concertone romano vogliamo bene, per Storia ed esperienze: ci ha fatto ballare, ci ha fatto ascoltare buona musica (però un giorno non sarebbe male anche mettere mano a una scaletta che vede il pomeriggio ‘terzomondista' e la serata ‘mainstream'), ma difficilmente, purtroppo, ci ha fatto riflettere effettivamente su quella che è la sua mission.