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Tom Odell prima di X Factor: “Al talent mi avrebbero sbattuto fuori” (INTERVISTA)

Nei negozi di dischi col suo nuovo album “Long way down”, Tom Odell è considerato uno dei più promettenti artisti della scena pop britannica. Adesso è in Italia, dove si esibirà prima ad X Factor e il 19 novembre a Milano, per un concerto con la sua band.
A cura di Sacha Biazzo
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La prima canzone che ha scritto parlava del ragno che gironzolava sul suo davanzale, l’ultimo film visto è un documentario sulle balene, i Rolling Stones l’avevano invitato ad aprire un loro concerto ma ha rifiutato perché si sentiva poco bene e ad X Factor – assicura – non l’avrebbero mai preso.

A parlare è Tom Odell, 11 milioni di visite su YouTube, astro nascente del folk pop britannico e osannato dalla critica di mezzo mondo. L’abbiamo incontrato a Milano poche ore prima del suo concerto a X Factor, proprio nel giorno dell’“Inferno”, dove si esibiranno anche Luca Carboni e Tiziano Ferro. Cappellino e cappottone nero, il cantautore a 22 anni ha già scalato le classifiche col suo nuovo album “Long way down”, appena uscito nei negozi di dischi, dopo aver vinto il Critics Choice Award ai BRITS del 2013 grazie all’ep che l’ha reso famoso: “Songs from Another Love”.

Ai microfoni di Fanpage.it ha raccontato, sorseggiando continuamente un té, l’origine delle sue canzoni, non mancando di dare qualche stoccata ai talent show e a chi cerca il successo attraverso quei canali: “cantare mi imbarazza, io sono un cantautore, lì non avrei passato neanche la prima gara” – ha confessato.

Partiamo dagli inizi: so che Lily Allen è stata fondamentale per il tuo sviluppo, come vi siete incontrati?

Stavo suonando a Londra in quel periodo, lei è venuta ad un mio concerto e mi ha chiesto se volevamo fare qualcosa assieme, visto che lei aveva appena lanciato la sua etichetta. Non ho esitato e ho firmato subito un contratto discografico. Lei è stata in assoluto la prima persona che ha creduto in me e che mi ha incoraggiato in questa avventura.

Vieni definito uno dei “figli di Bob Dylan”, le tue ispirazioni però sono molto varie ed atipiche.

Le mie influenze musicali sono moltissime, non mi fermo ad un cantante solo e per questo è un po’ difficile sintetizzarle. Molti artisti citano di solito una sola persona che li ha influenzati maggiormente, mentre io in realtà non sono mai riuscito ad ascoltare un artista per più di un mese di fila, però posso sicuramente che quelli che ho ascoltato di più sono: Bob Dylan, Tom Waits, Elton John e Leon Russell, ma gli Arcade Fire sono la prima band alla quale mi sono appassionato. Adesso, invece, sto ascoltando molto Anna Calvi e James Blake.

Non solo musica, ma anche letteratura: è così?

Sì, “Addio alle armi” di Hemingway, ad esempio, è uno dei miei libri preferiti, non so dire esattamente quanto abbia poi influito sulla mia musica, ma sicuramente la letteratura è qualcosa che rientra tra le mie influenze, anche se la parte prevalente riguarda influenze musicali.

Hai iniziato studiando musica classica al pianoforte, che cosa ti ha spinto, invece, verso la musica pop?

Quando ho cominciato a suonare il pianoforte dovevo per forza di cose ascoltare anche musica classica, per prendere la mano con lo strumento. Per cui da adolescente ho ascoltato molti artisti romantici come Debussy, Shubert e Schumann, che mi hanno comunque ispirato molto.
Quello è stato il primo approccio, ma non c’è mai stato questo passaggio alla musica pop, perché semplicemente a me interessava la musica come espressione di me stesso, come libertà. La musica classica, invece, aveva una serie di rigidità e di regole, che non mi piacevano. Io ho sempre odiato le regole perché vengo da un paesino periferico pieno di restrizioni, per questo io volevo assolutamente essere libero ed è così che mi sono interessato alla musica pop e alla musica alternativa.

Parlaci un po’ del booklet dell’album e del processo creativo che c’è dietro.

Io tendenzialmente scrivo canzoni su un block notes, scrivendo molto ne ho tantissimi di questi quadernini. Con il booklet di “Long way down” volevo anche dare un’idea su come scrivo. Infatti io di solito prendo molti appunti, tengo quasi una specie di diario, non è che mi siedo in uno studio di registrazione e mi metto a scrivere le canzoni al computer. Il processo quindi è sicuramente molto naturale e anche piuttosto lento, richiede anche lunghi periodi di tempo. Con Long way down, che è anche un disco molto autobiografico, volevo che il messaggio che passasse fosse di profonda sincerità e il booklet si lega anche a questo.

Quale credi che sia il tuo ruolo di artista?

Credo che non spetti a me decidere quale sia il mio ruolo da artista, semplicemente mi piace scrivere canzoni su qualcosa che mi tocca dal profondo, proprio come è successo con Long way down, che è un disco di cose che mi avevano toccato molto personalmente e che penso possano raggiungere una parte di pubblico che ci si può immedesimare. Progressivamente come autore chiaramente mi sviluppo e quindi ora sto cercando delle nuove strade espressive, però non spetta a me definire il mio ruolo di artista.

Avresti dovuto suonare con i Rolling Stones, ma all’ultimo momento hai declinato, come mai?

Penso che i Rolling Stones siano una band incredibile, ed è stato un onore per me essere chiamato ad aprire un loro concerto ad Hide Park, ma ero reduce da un tour di 4 mesi e stavo poco bene, avevo un’infezione e quindi non ho potuto fare il concerto. Però devo dire che più che aprire concerti o dividere il palco con queste super star, a me interessa esibirmi con i miei pari. Ad esempio sei mesi fa c’era una band che apriva i concerti con me, i London Grammar, che sono stati molto acclamati dalla critica, e per me quella è stata un’esperienza da ripetere. Non a caso il primo tour l’ho fatto con Jack Bugg ed è stata anche questa un’esperienza straordinaria. Questi sono gli artisti con i quali sono mi piace esibirmi dal vivo.

Che cosa ne pensi di X factor? Hai avuto un altro percorso, ma saresti potuto passare anche tu da quell’esperienza?

In realtà partecipare ad X Factor non è mai stato nelle mie possibilità, perché io nasco come cantautore e sono diventato un cantante per forza di cose, perché volevo cantare le canzoni che scrivevo. È una cosa che ho fatto anche con una certa riluttanza, non sarei mai voluto diventare un cantante, cantare è una cosa che mi mette molta tensione e nervosismo. È un mettersi in mostra che proprio non mi si addice. Non penso che a X Factor sarei andato molto bene, sicuramente non avrei passato la prima eliminazione: mi avrebbero subito buttato fuori!

Hai mai pensato di scrivere musica per il cinema? Se sì che film ti interesserebbero?

Scrivere musica per il cinema è una cosa che ho sempre aspirato a fare e spero che in futuro ci sarà questa possibilità. Trovo molto interessante l’intreccio tra immagini e musica, quindi aspetto di vedere come questa cosa si concretizzerà. Io di mio guardo un po’ di tutto, l’ultimo film che ho visto è un documentario sulle balene, si chiama Black Fish. Un altro film che mi ha colpito molto è “Dietro i candelabri” di Soderbergh.

Da una delle tue canzoni più famose, però, è già nato uno short movie.

Sì, in realtà già c’era un video di “Another love”, però Jamie, il regista, aveva inteso la canzone in un altro senso e ha voluto mettere nello short film questo significato: spesso non riusciamo a riconoscere l’amore che si trova di fronte a noi. Poi c’è anche un altro elemento e cioè che spesso la bellezza sta nell’occhio di guarda. Nel primo video si vedono tutte queste persone di bell’aspetto, molto appariscenti, con il seno molto prosperoso, secondo il regista quello incarna il tipo di persona col quale si vuole stare, però poi non ci si rende conto dell’amore che invece sta ad un passo da noi. Per me questa era un’idea molto interessante e quindi sono stato contento di fare un secondo video.

Qual è quindi per te il significato di Another Love?

Non so più quale sia il senso di questa canzone, quando l’ho scritta pensavo ad una persona che vuole in qualche modo innamorarsi di qualcun altro, andare avanti, ma è ancora legata ad una situazione passata, mi viene in mente una scena di un film di Woody Allen, Io e Annie in cui c’è una scena molto romantica in cui c’è Woody Allen a cena con una ragazza, e in quel momento si soffermando su due aragoste e il momento per loro è molto divertente. Però subito dopo che lui ha riaccompagnato la ragazza a casa, torna con un’altra per rivivere la stessa scena, ma l’altra ragazza non è quella di prima e la scena dell’aragosta non le risulta così divertente.

È vero che scrivi canzoni per prendere sonno?

In un certo senso è vero. Ho qualche problema a prendere sonno e trovo che scrivere canzoni in realtà mi aiuti a dormire, perché è come prendere i tuoi pensieri e i tuoi sentimenti e metterli da un’altra parte e loro stanno lì, non ti tormentano più e finalmente riesci dormire. Per uno come me, che difficilmente riesce a spegnere il cervello, questa cosa è molto utile.

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