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Tiromancino: la descrizione di un attimo prima della fama

Esattamente quindici anni fa, Federico Zampaglione e i Tiromancino (di allora) abbandonarono il ruolo di (eterni) emergenti per diventare stelle dell’it.pop. Ricordiamo come andò, nell’attesa ormai quasi terminata del nuovo album “Nel respiro del mondo”.
A cura di Federico Guglielmi
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Per molti, la storia dei Tiromancino inizia nel 2000 con ‘La descrizione di un attimo', preceduto dalla partecipazione al Festival di Sanremo (sezione Giovani) con ‘Strade' e seguito dal fortunatissimo ‘Due destini‘. Nessuno stupore, perché è proprio con quell’album oggi classico che la band romana ha cominciato a raccogliere i frutti della sua lunga semina, approdando finalmente al “giusto” stile dopo aver navigato più o meno a braccio per una decina d’anni. ‘Essendo legati a un modulo preciso non è troppo difficile produrre qualcosa di accettabile‘, mi disse nel 2002 il cantante, chitarrista e songwriter Federico Zampaglione, unica costante della storia del gruppo dagli albori a oggi, ‘se si sono capiti i meccanismi e se si possiede dimestichezza con gli strumenti. Gli esperimenti di contaminazione mirati a concepire una nuova formula possono invece richiedere tempo e aggiustamenti di tiro'. Sensato, quindi, che arrivati alla quadratura del cerchio i Tiromancino, avvalendosi “solo” delle notevoli capacità di scrittura del frontman, abbiano continuato a ruotare attorno al medesimo asse, anche dopo il distacco da quel Riccardo Sinigallia cui sostanzialmente si deve la felice intuizione del suono de ‘La descrizione di un attimo'. Venerdì sarà nei negozi, marchiata Columbia/Sony, l’ultima prova ‘Nel respiro del mondo‘, che delle antiche esperienze è per forza di cose figlia; essendoci però di mezzo un “embargo giornalistico” mi astengo dallo scendere nei dettagli e mi limito a dire che della magia di certi lavori dello scorso decennio è rimasta solo una lontana eco.

Prima de ‘La descrizione di un attimo', i Tiromancino erano un’entità davvero singolare. L’esordio omonimo, uscito nel 1992 quando l’ensemble ancora adottava il nome Tiromancyno, è ascrivibile alla categoria “obbrobri”, come Zampaglione stesso non ha potuto non ammettere (addirittura nel sito ufficiale); il secondo, “Insisto” (1994), ha smentito solo in (minima) parte la minaccia del titolo; il terzo, “Alone alieno” (1995), ha evidenziato qualche spunto intrigante, dando luogo a timide aspettative poi sconfessate dal quarto, confusionario “Rosa spinto” (1997). Il poker dice dunque che, fino alla svolta verso il “pop d’autore” aggraziato ed evocativo attuata con ‘La descrizione di un attimo', la band si dedicava a un “rock moderno” arzigogolato, camaleontico e velleitario che dava l’impressione di voler cavalcare l’onda dei fenomeni al momento più in voga o, nella migliore delle ipotesi, di non sapere dove andare a parare. ‘Sono cresciuto con De Andrè, Battisti e Dalla, cioè quello che girava a casa mia, mentre dall’altra parte avevo una passione per i Cream, i Led Zeppelin, Jimi Hendrix; con il gruppo sentivo la necessità di unire queste due anime in canzoni che avessero una veste sonora interessante'. Così Zampaglione a proposito del suo strano percorso formativo, coltivato con encomiabile tenacia nonostante gli scarsi consensi di media e pubblico. ‘È come se per anni fossimo stati una specie di laboratorio finalizzato a imparare a suonare e trattare quanto ottenuto suonando', aggiunse. ‘C’è chi ha subito le idee chiare e chi no: io ho dovuto sforzarmi molto per migliorare, ma non ho mai preso sottogamba la musica e ho sempre cercato di arricchirmi attraverso gli errori'.

Insomma, forse quei “molti” nominati in apertura non hanno torto a ritenere che i Tiromancino siano nati con il Terzo Millennio, perché quelli precedenti erano un’altra cosa. Lo affermano le profonde differenze di approccio e di qualità fra il “prima” e il “dopo”, ma anche il fatto che è solo da ‘La descrizione di un attimo' che la vicenda artistica di Federico Zampaglione e compagni (paradossalmente, sempre diversi) ha trovato equilibrio e, lo si sarebbe visto più avanti, coerenza. Come spesso accade, poteva non bastare per il successo, ma a far andare tutto per il giusto verso ha provveduto Ferzan Özpetek, inserendo ‘Due destini' nella colonna sonora del suo pluripremiato ‘Le fate ignoranti', con Stefano Accorsi e Margherita Buy; complice il simpatico e surreale videoclip diretto da Frankie HI-NRG e Riccardo Sinigallia, interpretato fra gli altri da Paola Cortellesi, Valerio Mastandrea, Pierfrancesco Favino e Flaminio Maphia, il brano diventava un autentico tormentone, regalando al gruppo – che ben presto si sarebbe sfaldato burrascosamente – un’eccezionale popolarità. Tutto ciò avveniva quindici anni fa proprio in questi giorni di primavera non ancora sbocciata, e mi perdonerete se affermo che in quel passato rilevo tuttora più motivi di richiamo di quanti riesca a riscontrarne in un presente che boh.

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Federico Guglielmi si occupa professionalmente di rock (e dintorni) dal 1979, con una particolare attenzione alla musica italiana. In curriculum, fra le altre cose, articoli per alcune decine di riviste specializzate e non, la conduzione di molti programmi radiofonici delle varie reti RAI e più di una ventina di libri, fra i quali le biografie ufficiali di Litfiba e Carmen Consoli. È stato fondatore e direttore del mensile "Velvet" e del trimestrale "Mucchio Extra", nonché caposervizio musica del "Mucchio Selvaggio". Attualmente coordina la sezione musica di AudioReview, scrive per "Blow Up" e "Classic Rock", lavora come autore/conduttore a Radio Rai e ha un blog su Wordpress, L’ultima Thule.
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