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Tetes De Bois: “Ecco perché dovreste conoscere Leo Ferrè”

Con “Extra” i Tetes de Bois hanno bissato la loro dedica in musica a uno dei maggiori esponenti del cantautorato francese, Leo Ferrè. Abbiamo scambiato qualche chiacchiera con Andrea Satta che ci ha spiegato perché è bene conoscere Ferrè.
A cura di Francesco Raiola
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Come mai avete deciso di scrivere un secondo capitolo?

La poesia non scade, non ha impresso nessun numero sulla confezione, per cui sicuramente c'è un'ora nella quale tu senti l'urgenza di pensare ai versi che ti stanno a cuore e questa urgenza è sempre un agguato dietro l'angolo. C'era pure l'occasione dell'anniversario dei 20 anni dalla morte di Leo, ma siccome siamo degli specialisti nel lisciare gli appuntamenti topici, il disco esce dopo 22 anni, ma noi siamo fatti così. Poi Ferrè è un artista straordinario, rivoluzionario, coraggioso, sanguigno, livido, non si può farne a meno se conosci il suo spirito ribelle e modernissimo. Ne hai sempre bisogno.

Qual è la differenza tra questo “Extra” e “Ferré, l'amore e la rivolta” (2002)?

Intanto questo disco non è un disco panoramico, ma di un certo Ferrè: molto inquieto,  attuale nelle sue urgenze vitali, molto poetico. Noi, nel lavoro fatto, lo abbiamo tutto riportato in italiano, cosa che non era successo nel precedente visto che alcune canzoni le avevamo lasciate in francese, e soprattutto, riportandole in italiano le abbiamo tutte tradotte e in più abbiamo fatto diventare un suo testo, che ci ha dato Mathieu [il figlio, ndr], "Tango", una canzone, perché la musica per quel testo Leo non l'aveva scritta. Quindi noi siamo autori della musica di "Tango", mentre in tutte le canzoni di "Ferrè, l'amore e la rivolta", c'era la musica di Ferrè, che sicuramente noi avevamo arrangiato, ma l'idea musicale era sua. Tango, insomma, è stata musicata da noi, un po' come Ferrè ha fatto con Baudelaire, Verlaine… Poi c'è un altro pezzo, che è "L'eautontimorumenos", che è una poesia di Baudelaire, musicata da Ferrè soltanto con il piano e suonata in cantina da lui col suo piano. Questa canzone discograficamente non esiste, noi abbiamo ascoltato una traccia registrata allora da Leo, e non è mai diventata disco. Poi siamo andati a registrare proprio il pianoforte di Leo Ferrè e quello che senti in questo disco è il pianoforte con cui ha composto la maggior parte delle sue cose più belle. Siamo andati a Castellina (Castellina in Chianti, dove il musicista visse e morì, ndr), ci siamo fatti accordare il pianoforte da Mathieu, ci siamo messi là un po' di giorni e ci siamo portati via il suo piano, registrandone il suono.

“Non saremo l'uno per cento e chissenefrega. E non ci va di essere conteggiati, pesati, numerati” scrivete in apertura del booklet. No, forse non lo sarete, ma ci spieghi perché gli italiani dovrebbero conoscere Leo Ferré? Perché non lo conoscono?

Non lo conoscono perché Ferrè va ascoltato e la capacità di ascolto è veramente ridotta ai minimi termini. Siamo pieni di homepage, quindi al di là del titolo, tutti vogliono fare domande, ma ben pochi si accontentano di ascoltare le risposte e quindi è normale. Ferrè ha bisogno di un tempo. Se tu ascolti la traccia numero 2 del disco "Il mare e la memoria", dopo 30 secondi sei a un bivio dove devi decidere se vuoi continuare o lasciare perdere. Se tu continui entri in un mondo che non puoi più mollare, però è un mondo che prevede anche che tu sia lì a pedalare nel balance del brano. Un po' sei parte dell'ondeggiare, dell'andare, del portamento di questo cosmo. È nella capacità d'ascolto la tragedia e il segreto.

Ferrè è stato un cantore dell'antitotalitarismo (Franco, Pinochet, ma anche De Gaulle). Di chi scriverebbe oggi?

Credo che Ferrè oggi si interesserebbe molto delle libertà negate, credo che sarebbe molto attratto dalla violenza che viene fatta nei confronti di chi si oppone ai regimi, di chi è dissidente, di chi non ha la possibilità di raccontare la propria libertà, la propria ricchezza. E nel mondo mi pare che ci siano moltissimi esempi ovunque. Credo che si occuperebbe anche di chi sta in carcere e vive il carcere come una punizione senza speranza, piuttosto che come un luogo da cui uscire migliori.

Come sono nate le collaborazioni con Vasco Brondi e Francesco Di Giacomo (a cui è dedicato l'album)? 

Con Vasco ci sono molte affinità, anche se ascolti le sue cose credo che possa trovare molto dell'immaginario che ci tiene vicini. Lui stesso conosce il lavoro dei Tetes de bois, oltre che conoscere alcune cose di ferrè. Disse che "Pace e male" (album della band del 2004, ndr) l'aveva catturato tantissimo. Francesco, invece, non era previsto in questo disco, poi un giorno la sua macchina ha deciso di schiantarsi all'improvviso e quindi ce lo siamo persi e noi non ci volevamo rassegnare all'idea di una tragedia così inesorabile e abbiamo pensato di trascinarlo con la sua ultima esibizione con noi, fatta all'Auditorium – un live meraviglioso – quando cantammo assieme "Il tuo stile" che è quasi una ghost track, anche se, in realtà, non lo è perché vogliamo che poi la gente la trovi facilmente.

Hai mai ascoltato “Niente più”, la cover di Colapesce?

Sono molto grato a Colapesce per aver cantato "Niente più". Lui ha utilizzato la versione di Medail, noi ne abbiamo fatta una nostra versione in italiano e questo rende il panorama ancora più ricco.

Siete un gruppo che si è sempre sporcato le mani: eravate a Genova in quel maledetto luglio del 2001, avete cantato i lavoratori, siete stati attivi per il Valle. Qual è – se c'è – lo scotto da pagare per essere artisti impegnati nell'Italia di oggi?

Noi facciamo quello che non potremmo non fare. Nel senso che è un'urgenza umana quella di essere dalla parte dei ragazzi che si sono inventati un teatro aperto come il Valle e siamo andati a Genova perché pensavamo che si trattasse di una grande festa, una grande giornata in cui dimostrare che si può veramente credere fino in fondo che il mondo uno lo può proprio cambiare in meglio e noi non abbiamo paura di dire questa cosa. Paura nel senso che non abbiamo remore ad essere considerati ripieni di utopia. Noi pensiamo che non abbia altro senso vivere se non per migliorare il mondo. Siccome siamo tutti una generazione frustrata dalla sconfitta di quelle precedenti, alle nostre si è imposto il silenziatore dicendogli: ‘Voi che volete cambiare il mondo non lo potete più dire, perché lo volevano fare quelli e quelli sono diventati dirigenti di banca". Invece noi vogliamo dire che questa è la vera dimensione, la vera prospettiva umana. C'è chi lo fa con molto più sacrificio, speranze, sprezzo del pericolo di noi. Noi proviamo a farlo con le nostre armi, con le nostre possibilità. Il fatto, poi, che la discografia tenga conto delle classifiche va bene, e a noi va bene stare fuori classifica.

"Ferrè, l'amore e la rivolta" fu un vero e proprio caso. Quali aspettative avete per questo secondo capitolo?

La nostra aspettativa è quella di girare l'Italia e suonare questo disco il più possibile, di farlo capire, riuscire a scambiare passione con il pubblico che verrà e sperando che piaccia tanto e che nelle opportunità dal vivo si ritenga bello avere i Tetes de bois che cantano Extra e suonano Extra. Questo è quello che speriamo che accada e pensiamo sia possibile anche perché pensiamo di aver fatto un lavoro pieno di emotività e c'è tutta la nostra vita dentro.

Se doveste scegliere un italiano da far conoscere in Francia, chi scegliereste?

In Italia ci sono tante cose belle, sicuramente farei conoscere Vasco Brondi. Certo mi sarebbe piaciuto fargli conoscere la persona meravigliosa, la voce fantastica che aveva Francesco di Giacomo.  Credo che tra i cantautori che abbiamo conosciuto bene, nel passato, e mi ha affascionato Enzo del Re, il cantore con la sedia. Mi sarebbe anche piaciuto far conoscere una versione diversa della canzone d'autore rispetto a quelli citati, ma altrettanto profonda, anche se giocata anche su passaggi pop ma molto interessanti, molto colti e intelligenti che è quella di Daniele Silvestri. E mi avrebbe fatto piacere che Nada fosse diventata una star in Francia.

Siete famosi per i vostri live. Cosa dobbiamo aspettarci dal prossimo?

Ci sarà qualcosa di veramente speciale ma te lo posso dire fra qualche giorno.

Chi è il Leo Ferrè italiano?

Penso che non esista un Ferrè italiano, come artista singolo, credo che esista la rabbia, l'amore, la passione e la rivolta dentro ognuno di noi, anche dentro un ragazzo che la domenica la passa al centro commerciale e si sta chiedendo cosa deve fare della sua vita.

Qual è la tua canzone di Ferrè?

Il mare e la memoria.

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