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Streaking: quando Loredana Bertè si mise a nudo

Con il suo nuovo disco alle porte, apriamo una finestra sul debutto di una delle nostre cantanti più trasgressive. E, di conseguenza, su un’Italia che non c’è più.
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A cura di Federico Guglielmi
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Amici non ne ho… ma amiche sì!' è l’album di Loredana Bertè prodotto da Fiorella Mannoia che arriverà nei negozi con il marchio Warner dal 1° aprile e, no, non è un “pesce”. Venerdì prossimo, l’11 marzo, sarà invece nelle radio e sul web il singolo ‘È andata così‘, scritto da Luciano Ligabue; assieme a ‘Il mio funerale', collocato con gusto un po’ macabro a fine scaletta, è l’unico pezzo nuovo di un disco incentrato su versioni inedite – realizzate con altre signore e ragazze della nostra scena – di classici del repertorio dell’artista calabrese. Anche se in questo caso è più creativo di altri, siamo insomma di fronte all’ennesimo riciclaggio, secondo un copione abituale per gli ultimi tre decenni di carriera di una delle figure più anticonformiste e inafferrabili del pop tricolore più o meno imparentato con il rock. “La più punk delle cantanti italiane”, l’ha definita lo stesso Ligabue, precisando però che il termine “punk” non va inteso in senso stilistico, bensì in riferimento all’indole, alla natura. Ci può stare, a grandi linee, perché Loredana Bertè si è sempre esposta e il suo modo di rapportarsi al grande circo della musica non è mai stato convenzionale. Mai, nemmeno al tempo dell’avvio della sua vicenda professionale, quando nel 1974 – ventiquattrenne – suscitò discreto scalpore con il primo LP, ‘Streaking‘.

Per il vocabolario, lo streaking è una pratica in qualche modo figlia della cosiddetta controcultura degli anni ’70, che consiste nel fare irruzione nudi in un evento pubblico di solito sportivo, meglio se affollato e ripreso dalla TV. Il tutto era inizialmente finalizzato alla provocazione (il puro e semplice esibizionismo avrebbe dilagato più avanti) ed era dunque in sintonia con il carattere di Loredana, che su “suggerimento” del discografico Alfredo Cerruti adattò alle sue esigenze l’idea adornando l’interno della copertina pieghevole del suo esordio in vinile con una serie di foto, un po’ alla David Hamilton, che la ritraggono senza veli (caste, invece, le immagini esterne). Nulla che non si conoscesse già, dato che l’anno prima Mauro Balletti l’aveva già immortalata per “Playboy”, ma nell’Italia del 1974 un servizio in una rivista per adulti era una cosa ben diversa da un 33 giri, addirittura una sorta di concept sulla sessualità, che poteva andare in mano a chiunque, bambini compresi. E figurarsi, poi, se nell’irriverente LP sfilavano pezzi di orientamento “osé” (c’è poco da ridere, all’epoca esisteva una vera e propria scuola), uno dei quali è il primo in assoluto nell’epopea della canzone nazionale – o, almeno, così viene tramandato – a contenere la famosa parolina di cinque lettere che inizia con la “c”, termina con la “o” e ha in mezzo due zeta. Come molti altri degli undici che compongono la sequenza, è firmato in solitudine dal produttore e arrangiatore Enrico Riccardi e si intitola ‘Il mio palcoscenico'; pare che l’espressione, oltretutto gridata, non figurasse nella stesura originale e sia stata fortemente voluta dalla sua interprete.

La copertina di 'Amici non ne ho… ma amiche sì!'
La copertina di ‘Amici non ne ho… ma amiche sì!'

Boicottato dalla RAI, che deteneva il semi-monopolio sulla radiodiffusione (per le emittenti “libere” si sarebbe dovuto attendere un anno), ‘Streaking' fu un magnifico insuccesso. Sparì presto di circolazione e ora è piuttosto ben quotato sul mercato collezionistico: per aggiudicarsene una copia in condizioni ottimali è necessario un esborso di minimo centocinquanta euro. La questione della censura si sarebbe riproposta nel 1975 con l’hit ‘Sei bellissima', poi inclusa nel secondo album ‘Normale o super'; “autocensura”, però, visto che fu l’etichetta, la CGD, a voler cambiare il verso ‘a letto mi diceva sempre / non vali che un po’ più di niente' con il meno esplicito ‘e poi mi diceva sempre / non vali che un po’ più di niente'. Ma queste sono altre storie. E la musica di ‘Streaking', invece? Al di là delle esagerate mitizzazioni a posteriori, un bizzarro cocktail di r’n’r anche trascinante (eloquenti ‘Oggi si vola', prova generale della “tipica” Bertè sguaiata urlatrice, e la più sbarazzina ‘Parlate di moralità'), ammiccamenti sexy (‘Non so dormire sola') e pop romantico (‘Volevi un amore grande'), non privo di (vaghi) agganci al glam che in quei giorni aveva ancora parecchi proseliti. Non lo si definirebbe un capolavoro, ma un disco assai inusuale – si pensi a ‘Fare l’amore' o alla ‘Marrakech' di chiusura – senza dubbio sì. Oltre che una curiosità non da poco, sia rispetto al prosieguo di carriera della già esuberantissima Bertè, sia come testimonianza di un periodo in cui la propensione al kitsch generava non solo mostri. Assurdo che al momento sia fuori catalogo, e venduta a uno sproposito, persino la ristampa in CD commercializzata quasi un quarto di secolo fa; e strano che nessuno si sia attivato per una riedizione in LP, ovviamente con la veste grafica identica, esterno e interno, a quella del 1974.

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Federico Guglielmi si occupa professionalmente di rock (e dintorni) dal 1979, con una particolare attenzione alla musica italiana. In curriculum, fra le altre cose, articoli per alcune decine di riviste specializzate e non, la conduzione di molti programmi radiofonici delle varie reti RAI e più di una ventina di libri, fra i quali le biografie ufficiali di Litfiba e Carmen Consoli. È stato fondatore e direttore del mensile "Velvet" e del trimestrale "Mucchio Extra", nonché caposervizio musica del "Mucchio Selvaggio". Attualmente coordina la sezione musica di AudioReview, scrive per "Blow Up" e "Classic Rock", lavora come autore/conduttore a Radio Rai e ha un blog su Wordpress, L’ultima Thule.
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