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Post-CSI: Resistenza e Liberazione

Una larga parte di coloro che furono i CSI, con due nuovi compagni, ritorna a cantare di Resistenza. Alla sua maniera, e perché non si dimentichi. Mai.
A cura di Federico Guglielmi
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Non è certo un mistero che quella del 25 Aprile sia una delle ricorrenze più sentite dai musicisti italiani che operano nel circuito del rock e della canzone d’autore. È un bene che sia così, visto come il nostro Paese tenda spesso a dimenticare le lezioni essenziali della (sua) Storia; doveroso, pertanto, sperare nel ravvedimento di quanti reputano la Resistenza una faccenda polverosa e vedono nella sua celebrazione un inutile atto retorico. Quando nel 1995 si festeggiò il cinquantenario della Liberazione, la sensibilità generale nei confronti del tema era di sicuro più accesa. Non a caso il mai abbastanza lodato Consorzio Produttori Indipendenti ebbe l‘opportunità di realizzare un album, con distribuzione major, intitolato “Materiale Resistente 1945-1995”. Il CD, inserito in un più ampio progetto ispirato da una richiesta del Comune emiliano di Correggio e comprendente anche un documentario, un libro e un concerto, allineava diciotto fra rivisitazioni di canti dei partigiani e pezzi autografi in sintonia; li firmavano band più o meno consolidate come Gang, Mau Mau, Africa Unite, Skiantos, Marlene Kuntz, Modena City Ramblers e ovviamente i padroni di casa CSI all‘epoca all’esordio, tutti insieme appassionatamente per ricordare e far ricordare.

Un decennio dopo, nel 2005, i CSI non esistevano più e i PGR sorti dalle loro ceneri non ritennero di organizzare un secondo tributo; ci pensarono però i Modena City Ramblers con “Appunti partigiani”, raccolta affine alla precedente dove illustri ospiti – ad esempio Francesco Guccini, Billy Bragg, Moni Ovadia, Paolo Rossi, Erriquez della Bandabardò, Piero Pelù e Ginevra Di Marco, unico legame con i CSI – affiancava alla voce quel Cisco che a breve avrebbe lasciato i compagni per dedicarsi alla carriera solistica. E oggi che gli anni trascorsi dal fatidico giorno sono settanta, il testimone è tornato nelle mani dei CSI; o, meglio, dei post-CSI, gruppo allestito nel 2013 da Massimo Zamboni, Gianni Maroccolo, Francesco Magnelli e Giorgio Canali – senza Giovanni Lindo Ferretti e Ginevra Di Marco, insomma, ma integrato da Angela Baraldi e Simone Filippi – per ridar vita al repertorio dei ’90 ed eventualmente proporre pezzi di scrittura recente. In dieci anni, però, il mondo è cambiato tantissimo, e non era detto che un ulteriore seguito potesse riscuotere attenzioni tali da giustificarne la pubblicazione. Saggio compiere una verifica dell’interesse, e un crowdfunding sulla piattaforma Musicraiser era il mezzo più idoneo. Risultato: 9.000 euro richiesti e oltre 38.000 ottenuti, da 734 finanziatori. Un successo insperato, almeno in questi termini.

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Sarebbe comunque stato ingiusto se del “prodotto” avessero goduto nemmeno mille persone. Ecco quindi che alla versione in cofanetto per i “raisers”, che include pure un libro con interventi di intellettuali, scrittori, musicisti e artisti (”pensieri, riflessioni, citazioni, aforismi: un corso di orientamento adatto a tempi confusi più che mai”), è stata affiancata una semplice stampa CD + DVD, da oggi distribuita nei negozi grazie alla Universal. Nel supporto video c’è il film “Il nemico – un breviario partigiano”, dove il regista Federico Spinetti indaga sull’attuale percezione del concetto di Resistenza collegandosi alla storia familiare raccontata nel nuovo libro di Massimo Zamboni (“L’eco di uno sparo”, appena uscito per Einaudi). In quello audio sfilano invece nove interpretazioni in studio o dal vivo dei post CSI: due erano originariamente nell‘album “Una infinita compressione precede lo scoppio” assemblato nel 2013 dalla coppia Zamboni-Baraldi, tre sono recuperi dei CSI, tre sono inediti composti per l’occasione, l‘ultimo è una lettura con accompagnamento al pianoforte dal summenzionato libro del chitarrista.

Per forza di cose più organico rispetto a “Materiale Resistente” e “Appunti partigiani”, il disco si rivela denso e intenso, all‘insegna di atmosfere drammatiche che soltanto a tratti si stemperano in trame più distese. L’assenza di Ferretti un po’ incombe, ma la bravura della Baraldi, l’innesto di altre voci e l’assoluta eccellenza del lavoro strumentale non la rendono un problema, al punto di far pensare che l‘ensemble potrebbe avere un futuro indipendentemente dai tour e da operazioni culturali come questa. Operazione che si intitola “Breviario partigiano”, che avrà la sua vetrina il 25 aprile ancora a Correggio e che è uno splendido mezzo per aiutare ad andare avanti rivolgendo lo sguardo indietro. Frase che, ok, suona dannatamente retorica, ma corrisponde alla realtà.

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Federico Guglielmi si occupa professionalmente di rock (e dintorni) dal 1979, con una particolare attenzione alla musica italiana. In curriculum, fra le altre cose, articoli per alcune decine di riviste specializzate e non, la conduzione di molti programmi radiofonici delle varie reti RAI e più di una ventina di libri, fra i quali le biografie ufficiali di Litfiba e Carmen Consoli. È stato fondatore e direttore del mensile "Velvet" e del trimestrale "Mucchio Extra", nonché caposervizio musica del "Mucchio Selvaggio". Attualmente coordina la sezione musica di AudioReview, scrive per "Blow Up" e "Classic Rock", lavora come autore/conduttore a Radio Rai e ha un blog su Wordpress, L’ultima Thule.
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