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Pepp-Oh, da Musicultura ad una band tutta sua: “Non sono solo un cantante di rap”

Conversazione con Pepp-Oh, l’artista napoletano già candidato alla Targa Tenco come ‘miglior album in dialetto’ e finalista a ‘Musicultura 2016’, in una pausa dalle prove del suo primo live con una band, il 14 maggio al Lanificio di Napoli. La scaletta prevede i pezzi del disco stravolti in chiave prog, funk, dub, reggae e swing. Un esperimento ambizioso per dimostrare che Pepp-Oh non è “solo” un cantante di rap.
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Pepp-Oh è il nome nuovo del rap che, da Napoli, tiene l'Italia nel mirino come i recenti redditizi esempi di Rocco Hunt e Clementino. Nome nuovo nemmeno tanto ormai, perché tra mixtape, Ep, collaborazioni ed inediti, è già in giro da quattro anni ed il suo "Sono un cantante di rap", edito per Fullheads, ha da poco festeggiato il primo anno di vita. Non devono ingannarvi i nomi citati, potrebbero indurvi a fare confronti che si rivelerebbero inesatti perché il 27enne nato a Secondigliano è molto distante dalla media della scena hip hop e rap attuale. Lo hanno bene in mente al Club Tenco, dove è stato inserito tra i finalisti della Targa Tenco 2015 come ‘miglior album in dialetto', così come a Musicultura 2016, dove è tra i 16 finalisti in lizza per giocarsi la chance di esibirsi sul palco dell’Arena Sferisterio di Macerata nelle serate conclusive della kermesse il 23, 24 e 25 giugno 2016.

Aspettando buone notizie dalla chiusura delle votazioni il prossimo 16 maggio, Pepp-Oh prepara quello che sarà il suo primo concerto suonato dal vivo con una band, la "Babe Band". È una tappa fondamentale per la giovane carriera dell'artista, il 14 maggio al Lanificio, che presenterà al pubblico le sue canzoni con arrangiamenti completamente inediti realizzati da una superband composta da Salvatore "Jack" Cecere, Marco Cecere, Luca Fiorillo, Paolo Astarita e Gianluca "Cioppi" Albrizio, che propone un percorso che parte dal funk verso il prog, dal dub al reggae fino allo swing.

"Sono un cantante di rap" ha compiuto da poco un anno. Qual è il bilancio e cosa è cambiato da allora?

Sembra che non sia successo nulla perché non ci sono stati grandi eventi, grandi live o grandi coperture ma grazie al disco, all'etichetta, alla mia perseveranza di buttarmi in contesti che non sono miei, quindi non prettamente rap e hip-hop, è successo che il disco è girato. Anche i singoli e i video credo che siano andati bene per essere tratti dal disco di un ‘signor nessuno'.

Un ‘signor nessuno' che però si è presentato bene.

Il disco ha fatto il suo cammino senza un'organizzazione tipica: non ho mai pagato uffici stampa e vedere il disco camminare da solo è stato un orgoglio.

La testimonianza di quello che dici è data dall'attenzione che ha avuto per te il Club Tenco. E poi c'è Musicultura 2016. Ti aspetti di entrare in finalissima?

La candidatura alla Targa Tenco come disco in dialetto è stato motivo di orgoglio. Musicultura mi ha messo in contatto con molti cantautori, con gente che fa folk, che fa musica popolare. Vincere non mi interessa, ma non voglio neanche solo partecipare. È bello essere in lizza con certi nomi.

Un rapper a Musicultura, sembra il titolo di un b-movie. Non è che dietro di te c'è qualcosa, non di più, ma di diverso oltre al rap?

Gli amici e i colleghi della scena rap e hip hop lo hanno notato subito e me lo hanno riconosciuto subito. Hanno preso consapevolezza del fatto che io non sono solo "rap", che posso fare anche altro e per me questo è un complimento.

Il 14 maggio al Lanificio ci sarà il tuo primo live con una band, la "Babe Band". Cosa dobbiamo aspettarci?

Sentiremo i brani del disco con arrangiamenti completamente nuovi. Faremo diversi generi, ci muoveremo tra gli stili musicali che ci hanno influenzato. Non faremo solo funk, ma faremo un po' di dub, un po' di prog, faremo un blues e reggae. Anche un pezzo swing.

È un tentativo coraggioso, il tuo.

Sto cercando di realizzare una cosa che molti vorrebbero fare e che forse o per pigrizia o per mancanza di mezzi, non riescono a fare. Non è facile, ma c'è un'energia importante. Vogliamo vivere con la musica e per la musica, ma per adesso non siamo musicisti retribuiti. C'è un investimento di tempo, la mia band non è fatta di turnisti ma è una band che crede in un progetto.

E se le cose dovessero andare male? 

Vengo dalla pallacanestro, quindi conosco le dinamiche da spogliatoio e so tenerlo coeso. So cosa vuol dire passare i momenti brutti e belli nel corso di un campionato.

Mettiamo che le cose andranno bene: il secondo disco sarà tutto suonato?

No, il secondo disco avrà un produttore (indica la maglia Sodo Studio, l'etichetta di Speaker Cenzou, e sorride, ndr) ma potrebbe avere anche una versione live unita a quella di studio. Però l'idea di base è quella di proporre sempre qualcosa di suonato ai live, perché sarà interessante vedere i musicisti come reagiscono.

Come reagiscono, a cosa?

Loro non hanno come ascolti principali il rap e sarà interessante capire come diversi elementi che spaziano da Herbie Hancock al prog, dal jazz all'ambient, proveranno a proporre le loro variazioni. Vedere che i tuoi pezzi si trasformano in qualcos'altro produce uno scambio reale. È un bel fatto.

Un artista che hai come riferimento sul mercato nazionale. 

Mi piace molto come si sta muovendo Salmo. Per quello che fa, per come lo fa. Ha una qualità altissima, dal disco ai video alla comunicazione. È entrato in un determinato meccanismo, ci sta dentro e sta sul pezzo. Queste sono cose che amo e che guardo, più di ogni posizione in classifica.

E in Campania?

Il grande percorso di Speaker Cenzou che sta preparando i suoi nuovi progetti. È bello vedere una persona che ha una storia così grande mettersi a lavoro così. Significa che stai sul pezzo e non sei mai diventato un oggetto da museo.

Foja, La Maschera, Tommaso Primo, poi c'è Giglio che ha intrapreso un percorso in dialetto, anche Flo e presto anche gli Epo. Gli artisti napoletani stanno tornando a cantare in dialetto. 

E il bello è che questa cosa cresce sempre di più. Tra gli artisti che hai citato ci sono persone che hanno voglia di fare gruppo e non è solo una questione ‘commerciale' o di etichetta. C'è una comunione di intenti. Si cerca di giocare di squadra perché, a differenza del Nord, non abbiamo un grande megafono qui al Sud.

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