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Mengoni e “quelli di Amici”, paragonarli è pura follia

Ha molta più stoffa della combriccola da talent cui viene accomunato. Ma se il suo talento non verrà messo al servizio di canzoni valide, sarà destinato ad una carriera nella quale, più di lui, peserà un pregiudizio.
A cura di Andrea Parrella
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Parliamoci chiaro: provare a sminuire Marco Mengoni coinvolgendolo nell'insolubile polemica secondo la quale le partecipazioni ai talent show svaluterebbero di fatto una vittoria a Sanremo, è cosa parzialmente ingiusta. Il parere personalissimo di chi scrive si indirizza a dare un giudizio che esalti le qualità di interprete di Mengoni, per le quali credo meriti di essere definito un potenziale artista molto dotato. A penalizzarlo fortemente è il prodotto musicale su cui lui piazza il suo marchio di fabbrica. Che è un marchio fatto di un timbro vocale distinto, di qualità virtuosistiche e anche capacità interpretative fuori dal comune, che non sono studiate, anzi assolutamente naturali.

Per farsene un'idea basta dare un'occhiata a Youtube, guardarsi le cover che Morgan assegnava a Mengoni ai tempi di X Factor, oppure la stessa riproposizione di Ciao amore ciao, durante la serata Sanremo Story: nessun timore reverenziale, alcun accenno di presunzione e, comunque, confronti pedanti e puntigliosi con i giganti che ha reinterpretato a parte, l'assenza di quel riverbero di imbarazzo generato quando, inopportunamente, avviene un atto di profanazione.

Ecco, io penso che alla popstar Mengoni, all'inedito Mengoni, più che i numeri manchi la voglia o l'intenzione di indirizzarlo ad una vera terapia post talent che tenti di normalizzarlo, che gli conceda di acquistare la verginità professionale indispensabile. Temo che la canzone che gli ha permesso di vincere la 63 esima edizione del Festival di Sanremo non vada in questa direzione, prevedibile com'è nelle sue dinamiche e nella struttura, assolutamente in linea con il giudizio più efficace per stroncare un pezzo: la canzonetta da Sanremo. Basterebbero le parole di Mauro Pagani, direttore artistico del Festival, dette qualche giorno fa in merito alla diatriba sui talent show televisivi, per chiarire la questione:

Ho l'impressione che si parli troppo poco di canzoni. In questi programmi si mette al centro dell'attenzione il talento, ma si sottovalutano le canzoni.

Ecco, se invertire questa tendenza era un obbiettivo primario del Festival di quest'anno, non si può dire che tutto sia andato come previsto. Tuttavia non so, forse l'apparente timidezza o il carattere schivo di Mengoni mi ingannano, ma la sua reazione al momento della nomina del vincitore era quella di uno non ampiamente soddisfatto, che sentisse gravare su di sé il peso di un pregiudizio nei confronti suoi e del suo successo.

Magari mi illuderò, ma ho come la speranza che Mengoni senta di esser fatto di pasta diversa rispetto al prototipo che il talent show cerca, pur non rinnegando le proprie origini. Credo che Mengoni abbia del talento (l'ha già dimostrato vincendo X Factor), per divenire un cantante vero c'è bisogno che metta il suo talento al servizio delle canzoni. Siccome credo che L'Essenziale finirà nel dimenticatoio non appena i passaggi in radio cominceranno a scarseggiare, mi auguro che il nuovo vincitore di Sanremo capisca presto di dover cambiare rotta: perché tra lui, e Marco Carta, Valerio Scanu ed Emma Marrone, può passarci un mare. Solo che al momento non si vede.

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