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Management del Dolore Post-Operatorio: destabilizzazioni

All’appuntamento con il “difficile terzo album”, l’indomito quartetto conferma la sua crescita artistica e il suo talento nell’eludere le trappole della banalità. Impossibile non esserne almeno incuriositi.
A cura di Federico Guglielmi
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Management del Dolore Post-Operatorio
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Può sembrare la solita frase fatta volta a suscitare (effimero) scalpore, ma il Management del Dolore Post-Operatorio – da Lanciano, Abruzzo – è davvero una band atipica. Basti pensare al nome adottato, che pur avendo una sua precisa e puntuale ragion d’essere è tutt’altro che ammiccante o facile da memorizzare (e l’acronimo a volte utilizzato in sostituzione, MaDe DoPo, è persino peggio), al fatto che il CD d’esordio del 2008 vanti un titolo persuasivo come “Mestruazioni” o che al concertone romano del 1° Maggio – era il 2013 – il frontman Luca Romagnoli abbia scandalizzato il pubblico “benpensante” inscenando un rito dove equiparava il profilattico all’ostia. Non è però un’insolenza fine a se stessa, quella del quartetto che vede come altri elementi Marco Di Nardo (chitarre, synth), Luca Di Bucchianico (basso) e Nicola Ceroli (batteria): l’approccio dissacrante coltivato dai ragazzi, soprattutto nei testi ma anche nelle musiche, è tanto articolato quanto lucido, ed emerge con maggior chiarezza sulla lunga distanza piuttosto che nel breve termine di un singolo brano, per quanto efficace possa essere.

La prova di tale affermazione è racchiusa in “Auff!!”, l’album che due anni fa ha imposto il gruppo all’attenzione del circuito alternativo e non solo, e nelle undici tracce di “McMAO”, terzo lavoro disponibile da martedì prossimo via Colour Sound Indie/Universal (ma già ascoltabile in streaming sul sito di Radio DJ) corredato da una copertina di Giuseppe Veneziano che è un capolavoro di concettualità all’insegna di un’ironia piuttosto caustica. Il “grande timoniere” Mao Tse-tung con le fattezze del pagliaccio di McDonald’s – in sintesi: l’oltraggio finale inflitto dal capitalismo al sogno comunista – è un valido simbolo dell’approccio iconoclasta dell’ensemble, spiritoso anche quando i temi presi in esame sono tragici. Un modo di sdrammatizzare enfatizzando che trova riscontro, ad esempio, nel video de “La pasticca blu” (un’anticipazione risalente addirittura alla scorsa estate), con il poeta “ispirato dalla povertà e dal disordine” Paolo Maria Cristallo nel ruolo di primattore. Nello stesso quadro rientrano la cupa ed esplicita “Hanno ucciso un drogato”, la frizzante “Il cinematografo” appena dedicata al vincitore dell’Oscar Paolo Sorrentino, l’ultimo pezzo apripista “James Douglas Morrison” (con il cantante dei Doors a offrire lo spunto per considerazioni esistenziali generali e specifiche) o la proposta della rilettura di “Fragole buone buone” di Luca Carboni, nella quale si potrebbe leggere un proclama di indipendenza da certo “integralismo indie”. Così come tutto il resto della scaletta.

La copertina di McMAO
La copertina di McMAO

Realizzato come il suo predecessore con l’aiuto del sempre prezioso Manuele Fusaroli, “McMAO” incarna comunque l’aspirazione del Management del Dolore Post-Operatorio di puntare definitivamente in alto, al “giro” ufficiale, come dimostrato dal maggiore equilibrio delle trame sonore, dallo smussamento degli spigoli più taglienti e da qualche soluzione vagamente ruffiana. Nessuna genuflessione, però, alle regole – spesso, fra l’altro, infruttuose a livello di risultati – del mercat(in)o: Luca e compagni non rinunciano allo sberleffo, ai giochi di parole spiazzanti, a indicare ipotesi di fuga – attraverso la ragione, il sentimento, la cultura – a una società che proprio non funziona. Lo fanno con una musica asprigna e sferzante, seppure dotata di appeal melodico, dove il rock di scuola new wave e un cantautorato al passo con i tempi si abbracciano in una sintesi fuori dagli schemi e ricca di stimoli. Visto che la tendenza dominante è quella di adagiarsi sulle rassicuranti certezze degli schemi preconfezionati, non ci sembra affatto una cosa da poco.

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Federico Guglielmi si occupa professionalmente di rock (e dintorni) dal 1979, con una particolare attenzione alla musica italiana. In curriculum, fra le altre cose, articoli per alcune decine di riviste specializzate e non, la conduzione di molti programmi radiofonici delle varie reti RAI e più di una ventina di libri, fra i quali le biografie ufficiali di Litfiba e Carmen Consoli. È stato fondatore e direttore del mensile "Velvet" e del trimestrale "Mucchio Extra", nonché caposervizio musica del "Mucchio Selvaggio". Attualmente coordina la sezione musica di AudioReview, scrive per "Blow Up" e "Classic Rock", lavora come autore/conduttore a Radio Rai e ha un blog su Wordpress, L’ultima Thule.
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