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Karima, un album per Bacharach: “Meglio un percorso lento che un successo e la scomparsa”

A 5 anni dal suo esordio omonimo torna l’ex di “Amici” Karima e lo fa con un album dedicato a Burt Bacharach. Abbiamo intervistato la cantante livornese che ci ha raccontato il suo legame con il compositore americano, la sua gavetta e il talent.
A cura di Francesco Raiola
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A 5 anni dal precedente album omonimo e a 9 dalla sua partecipazione ad Amici, il talent condotto da Maria De Filippi, Karima torna con un album in cui ripropone 13 brani del suo padre artistico Burt Bacharach. Il compositore americano, infatti, è una delle figure fondamentali della sua vita artistica, sin da quando lo incontrò in un albergo e gli fece ascoltare una sua versione di "Alfie" che incantò Bacharach e diede il la alla loro amicizia. Oggi Karima torna nel mondo della discografia nazionale con "Close To You – Karima sings Burt Bacharach", uscito per la Universal e ascoltabile in anteprima su Deezer.

A Fanpage.it la cantante livornese ha raccontato il suo rapporto con l'artista americano e come mai ha scelto di tornare con un album di cover anziché uno di inediti inediti. L'album, infatti, racconta la cantante, nasce come una registrazione da tenere per sé, prima che la Universal mostrasse interesse per il progetto e decidesse di puntarci. Ma la cantante ha parlato anche del suo passato nei talent e di come sia stato importante, ma solo come un passaggio all'interno di un curriculum vitae fatto di gavetta prima e tante soddisfazioni poi.

Ci racconti il tuo incontro col Maestro Bacharach? Com'è nato il vostro rapporto?

Il mio primo incontro con Bacharach è stato nell'ottobre del 2008, a Roma, durante un suo concerto. Il mio ex manager organizzava il suo tour in Italia, ci siamo incontrati per caso a pranzo in albergo, ci siamo stretti la mano. Nei giorni precedenti, il mio ex manager gli aveva fatto sentire "Alfie", lui si è innamorato della voce e della mia versione e da una stretta di mano è nata questa collaborazione.

Ma la tua passione artistica è stata precedente…

Avevo 16 anni e mi regalarono “Dionne Warwick Sings The Bacharach & David Songbook” e lì conobbi la Warwick come cantante e mi innamorai di Bacharach e in particolare su "Alfie".

Come avete scelto le canzoni? In che modo avete collaborato?

Devi sapere che questo progetto è nato 11 anni fa, avevo 19 anni, da me e il mio pianista ed era semplicemente jazz, poi una persona fa il suo percorso e i progetti rimangono nel cassetto e poi dopo diversi anni, 3 anni fa, l'abbiamo ripresa con arrangiamenti diversi, molto funky, c'è il pop, c'è il soul, molto trasversale. Abbiamo scelto "Close to you" come singolo: può sembrar banale, e l'ho scelto perché è un titolo diretto e la traduzione in italiano è "Vicino a voi', quindi è un po' una dedica, un messaggio che mando ai miei fan, anche perché dopo 5 anni lontana dalla discografia, dopo una maternità, una bimba, ecco, volevo far capire che anche quando un artista non è presente sul palco, in realtà si muovono cose nella sua vita, quindi c'è un filo trasparente che ci collega.

"Close To You" è stato registrato in presa diretta, live, come si faceva 50 anni fa, non ci sono taglia e incolla, ma un buon take, per cui è un grande lavoro a livello vocale, è stato un lavoro molto intenso. Inizialmente volevo mettere 11 brani perché non mi piacciono né i dischi con troppi brani né quelli che ne hanno troppo pochi: insomma, il numero che lascia all'ascoltatore il gusto di volerne sentire un altro. Però il repertorio di Bacharach è bellissimo, quindi escludere delle cose è difficilissimo. Sono andata in studio con 13 brani con l'idea di ricavarne 11, ma visto che sono andati bene tutti quanti li abbiamo lasciati, poi 13 è il giorno in cui è nata mia figlia.

Tornare con un album di cover, al secondo, non è una scelta molto comune. Insomma, si tende sempre a farne prima alcuni di inediti, no?

È vero, io però volevo fermare questo momento della mia vita. Guarda è nato come una registrazione per me, pensavo di tenermelo a casa. Poi ho cominciato a muovermi, ma mi sono mossa veramente poco per capire se poteva interessare e subito ha destato interesse, per cui è nato in un modo molto semplice il mio rapporto con Universal, e quello col gruppo di lavoro.

Avere la stima di un artista come Bacharach deve essere un onore. E forse anche un po' di rivalsa contro chi vede voi usciti dai talent come artisti minori.

La stima di B. nei miei confronti viene solo ed esclusivamente dal mio modo di cantare e di essere. Quando è iniziato il nostro rapporto non sapeva che uscivo da un talent. Io, però, credo che una volta, 15 anni fa, quando sono cominciati i talent, c'erano dei pregiudizi che adesso non ci sono più. Dall'anno successivo al mio, infatti, hanno cominciato a interessarsi a quei programmi anche le etichette discografiche, per cui lo scatto c'è stato l'anno dopo, quando c'era Marco Carta ad "Amici" e a X Factor Giusy Ferreri, che pure ha venduto tantissimi album, e quindi ho avuto la fortuna-sfortuna di capitare in un anno in cui non si capiva bene in che modo era visto chi usciva dai talent.

Karima (Credits Foto: Angelo Trani)
Karima (Credits Foto: Angelo Trani)

Tu facesti anche una scelta importante, ovvero aspettasti qualche anno prima dell'uscita del primo album, omonimo (2010). E soprattutto non ti sei cercata a una carriera nel musical, come hanno fatto tanti tuoi colleghi.

Ho rifiutato alcuni musical, perché quando sono andata ad Amici l'ho fatto scegliendo di compiere una tappa che mi potesse servire alle cose che già facevo: ho iniziato a cantare in studio a 6 anni, ho fatto cori gospel, musical, jazz, insomma molta gavetta prima di arrivare ad Amici, e quando ho scelto di giocare la carta del talent, tutti i jazzisti hanno cominciato a guardarmi con l'occhio strano. Lo feci perché avevo 20 anni, avevo l'età per farlo, amavo la danza, ballare, amavo recitare e mi piaceva mettermi in gioco in queste cose. Mi sono buttata a fare questa esperienza e ho deciso che mi sarebbe servita a far arrivare il mio nome e la mia voce ad un pubblico più ampio. Per poi, una volta finita la trasmissione, continuare a fare le cose che mi piaceva fare. Io sono quella che in finale di Amici ha lottato per cantare ‘Georgia On My Mind' visto che mi dicevano che era poco conosciuto, e alla fine mi sono ritrovata inondata di messaggi di persone che mi ringraziavano di avergli fatto conoscere la canzone e anche un artista come Steve Wonder.

Quindi non spenderti subito è stata una questione di esperienza…

Sì, perché le cose di fretta non so quanta qualità contengano. Io ho sempre detto che preferisco cantare tutta la vita e fare questo lavoro per sempre piuttosto che fare una canzone dell'estate e fare un milione di ascolti e far finire tutto in poco tempo. Preferisco fare un percorso lento, ma vivendomi il palco e il mio pubblico.

Hai parlato di gavetta, ma nella tua carriera hai avuto la possibilità di aprire anche per altri artisti importanti. Successe con la Houston. Quanto servono a una giovane artista esperienze del genere. Cioè, è solo curriculum o hanno una valenza vera?

La Houston è talmente la mia musa ispiratrice che starle vicino per me fu un sogno. Lei era in mensa a mangiare con noi, aveva occhialoni neri, mangiava con le mani e  la vedevo così incazzata che, sebbene da una parte avessi il disco e dall'altra la macchinetta fotografica, ho avuto timore di avvicinarmi perché avevo paura che mi rispondesse male e così ho preferito non avvicinarmi e conservarmi un bel ricordo. Per quanto riguarda l'apertura dei concerti fanno un gran curriculum, ma a livello di crescita artistica non c'è perché apri i concerti con la tua band. Però può nascere un duetto improvvisato come mi è successo con Mario Biondi a un vecchio Lucca Summer Festival.

Oggi il mercato musicale è in continuo mutamento. Cogliendo l'occasione della prèmiere del tuo album su Deezer, ci spieghi cosa ne pensi di quello che succede. Che è molto diverso anche da quando hai cominciato a fare i primi passi in questo mondo.

Io per certe cose sono vintage, mi piacciono il vinile, il libretto, per cui tifo per i dischi. Si corre troppo al punto che un brano rischia di non resistere al tempo. Quando ero piccola, quando usciva l'ultimo album del tuo artista preferito, ti mettevi in fila al mattino presto per correre a comprarlo e quello generava emozione, adesso è diverso. A me spiace un po' che si sia persa quest'attesa del momento che a volte è più bella del momento stesso.

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