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In Italia i Gentleman’s Dub Club, fenomeni del dub/reggae: “Siamo qui per farvi ballare”

Arrivano in Italia, per tre date, i Gentleman’s Dub Club, band di nove elementi divenuti un caso all’interno del mondo dub/reggae e che a breve pubblicheranno il loro secondo album. Abbiamo intervistato il leader Jonathan Scratchley.
A cura di Francesco Raiola
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Nati a Leeds nel 2006 i Gentleman's Dub Club si sono affermati in pochi anni come una delle realtà più interessanti del mondo Dub/Reggae/Ska. Sono in nove (Jonathan Scratchley alla voce, Tommy Evans alla batteria, Kola Bello alle tastiere, Nick Tyson alla chitarra, Toby Davies al basso e al synth, Niall Lavelle alle percussioni, Matt Roberts alla tromba, Kieren Gallagher al sassofono, e Harry Devenish per il sound) e sono usciti nel 2013 con il loro album d'esordio "FOURtyFOUR" che gli ha permesso di esibirsi in giro per il mondo e aprendo artisti come Roots Manuva, The Streets, The Wailers, Busy Signal, U-Roy, e Finlay Quaye. Fra pochi giorni pubblicheranno il secondo album, “The Big Smoke”, e stasera cominceranno un mini tour di tre date che li porterà, questa sera, al Campidarte di Cagliari, venerdì 27 al Leoncavallo di Milano e sabato 28 all’Auditorium Flog di Firenze. Abbiamo scambiato qualche chiacchiera via mail con Scratchley, che ci ha spiegato un po' le loro origini e ci ha parlato sia del loro album d'esordio che di quello che uscirà a breve.

Qual è la storia dei Gentleman's Dub Club e come nasce il vostro nome?

Il nome nasce dall'idea che non siamo semplicemente una band, ma un club e vogliamo che la gente e i fan di tutto il mondo ne facciano parte come ne facciamo parte noi.

Ho letto che inizialmente vi piaceva solo una parte del mondo Ska (“I had a small cheap hi-fi and when I played dub on there. It would just make it a bit boring, a bit slow and I’d move on”). Qual è stato il momento in cui tutto è cambiato?

È tutto cambiato quando ci siamo spostati a Leeds – alcuni di noi sono andati all'Università di Leeds, altri hanno studiato musica là e tutti abbiamo cominciato ad andare di sera al Leeds West Indian Centre chiamato Sub Dub. Gli Iration Steppas sono resident là e siamo stati immediatamente rapiti dal sound. Era da tempo che mi piaceva la Drum and Bass ma mi sono avvicinato veramente al dub grazie a loro. Il Sub Dub avrebbe invitato alcuni dei maggiori artisti inglesi e non, gente del calibro di Twinkle Brothers, Aba Shanti-I e Jah Tubbys assieme ad artisti che presentavano un sound più moderno, come OBF, Mungo’s Hi-Fi e DMZ. È stata una grande palestra e ci ha spronato a creare una nostra propria interpretazione del dub e del reggae.

L'Inghilterra è famosa per la propria “scena Ska”: dal “2 Tone Ska” al cosiddetto “Third Wave of Ska”. C'è un canone a cui vi sentite legati?

Non siamo solo una band ska, molto del nostro materiale direi che è più basato sul dub e il reggae, ma il coinvolgimento con il double-time skank (tipo di ballo ska, ndr), l'attitudine al divertimento oltre a una scrittura più leggera è qualcosa che è molto vicino ai nostri cuori, per questo siamo molto grati allo ska per le influenze che ci ha dato!

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Ascoltando il vostro album “FOURtyFOUR”, l'impressione è, appunto, che vogliate esplorare diversi generi (penso, ad esempio, a “Give It Away”, prima traccia dell'album, dove sembra che vogliate dire: “Ehi, tutto questo è molto più del dub/reaggae… e ci piace”).

Certo, abbiamo raggiunto un punto in cui abbiamo voglia di sperimentare e ci siamo arrivati nel momento in cui abbiamo cominciato a scrivere l'album. Eravamo in pochi a scriverne, quindi c'è venuta voglia di inserirci influenze che derivavano da altri stili musicali che all'epoca ci piacevano. Speriamo che lo si possa ascoltare in tutto l'album.

E cosa potete dirci di “The Big Smoke”, il vostro secondo album in uscita?

The Big Smoke è più vicino al vecchio sound della band: le vibrazioni che sentivamo quando scrivemmo gli Ep “Members Only” e “Open Your Eyes” sono rientrate in circolo. Abbiamo scritto l'album jammando in un granaio dell'Inghilterra del sud, molto più di quanto facevamo solitamente nelle nostre case di Leeds. Abbiamo registrato nella Prince Fatty giù a Brighton e l'abbiamo mixato agli studi Breadwinner di Manchester: entrambi hanno un suono esclusivo ed entrambi usano strumenti e attrezzature vecchiea. Suona alla grande e non vediamo l'ora di suonarlo a tutti!

Quali sono state le vostre influenze?

Visto che abbiamo influenze differenti tra noi, queste vengono un po' da varie cose: ovviamente la musica giamaicana gioca una grande parte, ma ci sono anche elementi rock, jazz, elettronici…. benché al momento siamo influenzati principalmente dallo straight dub, dal reggae e dallo ska

“Da ciò che ricordiamo, l'Italia ama il dub”, avete scritto sulla vostra pagina Facebook. Conoscete il pubblico italiano? Che rapporto avete col nostro Paese?

Siamo venuti un paio di anni fa ed è stato incredibile. Era uno spazio al chiuso con migliaia di persone ed è stato di grande impianto. Siamo stati accolti benissimo e abbiamo riscontrato una grande connessione con tutte le persone che abbiamo incontrato. Alcuni di noi, poi, sono stati al Rototom Sunsplash, quando si teneva in Italia (a causa di problemi politici, infatti, il festival da qualche anno si svolge in Spagna, ndr) e ci siamo divertiti tantissimo. Sembra ci sia un grande amore per la musica da voi. Speriamo che il nostro rapporto cresca ancora più forte.

Siete rinomati e amati per la vostra energia live. Insomma, cosa dobbiamo aspettarci?

Semplicemente, portate le vostre scarpe per ballare.

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