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Ho visto 600 paganti per un concerto in Chiesa. Napoli ha ancora una speranza

Basta un concerto elettronico in una Chiesa per dare speranza a chi ha voglia di musica a Napoli? Chi è andato a vedere Tim Hecker alla Basilica di San Giovanni Maggiore Pignatelli per un secondo ha pensato di sì.
A cura di Francesco Raiola
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Ieri sono andato a vedere Tim Hecker alla Basilica di San Giovanni Maggiore Pignatelli e ho scoperto che Napoli ha ancora una speranza. Non importa che conosciate o meno Hecker – insomma, conta fino a un certo punto – o che siate amanti o meno dell'elettronica (benché è vero che la scena elettronica napoletana è più viva che mai, come dimostra questa compilation e l'apertura del napoletano Dave Saved), quello che importa è che nel ventre della città centinaia di persone erano stipate in una Chiesa per un concerto di un nome per nulla mainstream. Chi conosce Napoli e il suo humus musicale sa che sono tanti gli attori che si dannano per organizzare concerti in una città che ormai è fuori dal giro che conta (e la chiusura del Neapolis ne è l'ultimo esempio) e lotta settimanalmente per portare un po' di pubblico a vedere buona musica. Ci sono Wakeupandream di Marco Stangherlin (che ha organizzato l'evento di ieri assieme al Riot e l'associazione Jam), il George Best, il Mamamu, il Doria 83, il Duel e personalità singole, promoter, che provano a fare del proprio meglio, ma spesso il risultato è vedere poche decine di persone ad eventi che in altre città ne portano molte di più.

La Basilica di San Giovanni Maggiore è nel centro di Napoli, ai banchi Nuovi, vicino a Piazza San Domenico e a Santa Chiara e non è nuova a questo tipo di concerti, ma la sensazione che molti hanno avuto ieri sera era quella di stupore per il numero di persone presenti e l'atmosfera che si respirava. È un po' di tempo che si discute della pochezza di eventi che caratterizza la città partenopea. Le cause? A seconda del vostro interlocutore vanno dal pubblico che non si muove/non paga per andare a vedere un concerto, al serio problema delle infrastrutture  – tutti ricordano le polemiche della Sovrintendenza per dare, ad esempio, il via libera per un paio di grossi eventi, tra cui il concerto di Bruce Springsteen a Piazza del Plebiscito, senza contare le impossibilità per l'utilizzazione del San Paolo -, passando per accuse ai promoter e alle difficoltà logistiche e dei trasporti. Insomma, qualsiasi sia il motivo non c'è dubbio che a parte qualche eccezione (il concerto dei 99 Posse alla Mostra d'Oltremare che ha portato a Fuorigrotta circa 20 mila persone) Napoli sia ormai fuori dal giro che conta e non parliamo solo dei nomi da classifica.

Se scorriamo i grandi tour vediamo come gente come Ligabue, Jovanotti, Modà, abbiano toccato la Campania, ma non Napoli (Caserta, Salerno, Eboli), ma lo stesso vale per gruppi meno mainstream come gli Afterhours che non sono riusciti a portare a Napoli città il loro "Hai paura del Buio? Tour" (fermandosi a Sant'Antonio Abate) o anche I Cani. Insomma, la città vive un momento molto strano accentuato quest'anno dall'assenza, per la prima volta dopo anni, del suo più grande festival musicale, il Neapolis, che nelle ultime edizioni, in verità, ha fatto la spola tra il capoluogo campano e Giffoni. Con l'assenza del festival i napoletani hanno perso anche la possibilità di vedere un po' di gruppi internazionali suonare tutti insieme in città, dovendosi accontentare di eventi sporadici come Manu Chao, Springsteen, ed entusiasmandosi per il concerto dei The Hives, ma perdendosi tutto un mondo che deve andare a cercare da Roma in su (o, nel periodo festivaliero, anche più giù, come all'Ypsigrock).

Ieri, insomma, è stata una sorpresa arrivare 45 minuti prima del concerto di Hecker, mentre suonava Dave Saved e ritrovare la Chiesa piena e la sorpresa di decine di persone che quasi non credevano ai propri occhi. Persone rimaste estasiate sia dall'atmosfera che dai 50 minuti di concerto breve ma intensissimo del musicista canadese. Quasi vivessero in qualche paesino di 500 abitanti, invece che a Napoli. C'è ancora una speranza, insomma, nonostante la disperazione di chi ci vive e soprattutto di chi organizza. Ce n'è ancora una, speriamo non vada persa nel nulla.

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