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Giuliano Dottori racconta ‘L’arte della guerra’: “Personale bilancio di vita”

Il cantautore di origini canadesi presenta il suo ultimo album “L’arte della guerra – vol1” che lui tiene a precisare si tratti di una prima metà della mela in attesa del secondo volume: “Questo disco è la calma dopo la tempesta”.
A cura di Andrea Parrella
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Giuliano Dottori è un cantautore di origini canadesi, approdato alle scene musicali italiane nel 2007 quando, dopo gli inizi da chitarrista, ha inciso il suo primo album Lucida, definito dagli addetti ai lavori un "esordio toccante". La sua attività cantautorale si è alternata, negli ultimi anni, con il coinvolgimento nel progetto Amor Fou, nel quale ha prima fatto il suo ingresso in qualità di chitarrista live, per poi entrare di diritto nella band. Ma tornando alla sua attività da solista, è di recente uscito l'ultimo lavoro, che pare essere, come lui stesso ci confermerà, solo il primo tempo di un progetto tematico e musicale più ampio: il titolo è L'Arte della Guerra – vol.1. Si tratta di un'opera interessante che si impegna a riflettere su quell'umana e serena accettazione alle leggi umane incontrovertibili, un approccio ispirato "ai cardini della filosofia Zen," come lui stesso ci ha confessato nell'intervista rilasciata a Fanpage.

"L'arte della guerra la impari da bambino"; "Una guerra infinita che non si vince e non si perde". Il richiamo all'ancestrale vocazione al conflitto, oltre alla constatazione che tutte le dinamiche umane si articolino in questo modo è una costante dell'album. Il volume 1 presuppone, appunto, un numero due, vale la pena chiederti se sarà un disco che chiuderà il cerchio lasciato aperto da questo primo episodio, oppure prevede una maturazione ed una mutazione altra nel concepimento della dialettica continua che regola le nostre vite?

Il volume 2 è l’altra metà della mela, poiché di fatto si tratta di un disco concepito e scritto nello stesso periodo. Questo lungo concept è stato poi suddiviso in due volumi per ragioni pratiche (dividere il lavoro in due fasi mi ha permesso di mettere a fuoco con più calma le canzoni). Inoltre facendo la divisione fra i pezzi mi sono reso conto della presenza di due anime distinte nei testi: un’anima più problematica e analitica ed un’anima più incline alla semplicità e alla sintesi. Nel volume 2 ci saranno sicuramente molti più brani caratterizzati da questo secondo aspetto.

L'ultima traccia "I fiori muoiono quando ci rattrista perderli" è una summa dai toni ‘evangelici' delle battaglie contro i mulini a vento, perse in partenza, ma ugualmente combattute. La battaglia per la fiducia nelle cose e nelle persone va strenuamente combattuta, aldilà di tutto?

Credo di sì, anche se costa molta fatica e perseveranza.

Il disco nasce dall'etichetta discografica cui hai dato vita recentemente, "Musica distesa". Credi che sarebbe stato molto diverso da come è venuto fuori, se non fosse stato figlio di una piena e totale libertà compositiva?

Credo che escludendo i super big della musica (che senz’altro subiscono pressioni di alto livello!), moltissima musica prodotta nel mondo non viene minimamente influenzata da un’etichetta discografica, e credo che non sia affatto un bene. È più facile che siano gli artisti stessi ad autocensurare i lati più spigolosi delle proprie canzoni. Io, facendo anche il produttore e avendo appunto fondato una piccola etichetta, credo che sia solo un bene che non ci sia totale libertà compositiva. È nei limiti che l’uomo si esprime meglio.

Da diversi anni sei il deus ex machina del Festival Musica Distesa, a Cupramontana: la manifestazione si è tenuta anche quest'estate, andrai avanti ad occupartene oppure hai intenzione di dedicarti in maniera più profonda al tuo progetto discografico?

Ogni anno è una sfida. L’ultima edizione, la numero sei, è stata la migliore di sempre, sia affluenza che come proposta musicale, che è stata per la prima volta davvero variegata e articolata. È una sfida perché siamo soli, non riceviamo contributi statali, ci autofinanziamo e ogni volta rischiamo di perderci dei soldi. Dunque al momento la mia risposta è: vediamo!

Il peso della solitudine. Nelle note si legge che questo disco, complessivamente, nasce dal primo, grande momento di solitudine della tua vita. Credi che questo sia un disco sulla solitudine, o sugli effetti che genera?

La solitudine è estremamente utile e sempre più spaventosamente diffusa. Siamo sempre connessi ma siamo sempre più soli. Penso che questo Volume 1 sia più dedicato a un mio personale bilancio di vita. E' la calma dopo la tempesta, il sole dopo la pioggia. La serena accettazione delle cose.

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